Renzo Biasion pittore. Interni-esterni
Dal 05 Giugno 2015 al 21 Giugno 2015
Torri del Benaco | Verona
Luogo: Auditorium di San Giovanni
Indirizzo: via per Albisano
Orari: tutti i giorni dalle 10-13 / 15,30-19
Curatori: Giulio Biasion, Donatella Bertelli
Enti promotori:
- Comune di Torri del Benaco (VR)
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 045.6205815
Sito ufficiale: http://www.comune.torridelbenaco.vr.it
Il Comune di Torri del Benaco (Vr) dedica una mostra antologica a RENZO BIASION, pittore, scrittore e giornalista che qui ha vissuto e lavorato per molti anni. La retrospettiva presenta una quarantina di dipinti a olio realizzati dall’artista dagli anni Quaranta agli anni Ottanta: interni, notti, paesaggi e periferie. Si inaugura il 5 giugno p.v. sino al 21 del mese e sarà presente Vittorio Sgarbi che ha scritto per l’occasione un pezzo critico sul pittore veneto. Ecco uno stralcio del testo scritto da Vittorio Sgarbi sull’artista:
“Del Biasion pittore, comunque, mi si chiede, come se lo scrittore appartenesse, con coerenza rispetto a quanto appena detto, a un mondo attiguo, ma solo parallelo. Ebbene, del pittore subito dico: un talento lampante, indubitabile, fra i più brillanti, in Italia, della sua generazione, che pure, come é noto, non fu per nulla avara di capaci. Fin dai suoi esordi, da trevigiano di nascita e veneziano in pectore, Biasion si trova al seguito di Juti Ravenna che lo introduce al culto del francesismo post-impressionista, contraltare del latinismo, politicamente più corretto, di Novecento e Valori Plastici, guardando, quindi, al guaguinismo di Gino Rossi, che a Treviso, terra dell'amico Arturo Martini, sarebbe finito in manicomio, ai chiarismi vagamente utrilleschi di Pio Semeghini, soprattutto all'autobiografismo matissianeggiante, ma non certo dimentico del pittoricismo del Settecento veneto, di Filippo de Pisis, vero nume tutelare degli italici parisards, con Cézanne che viene concepito come un inevitabile punto di approdo, più per obbligo di reverenza che per convinzione, ma che al momento rimane ancora un oggetto lontano, tutto da esplorare.
Poteva essere un “internista”, uno specializzato nel soggetto caro ai Fauves e ai Nabis, e invece alterna liberamente il chiuso all'aperto, con la serie delle case di periferia, fra Torino, Milano e Bologna, che avrebbero potuto farlo capofila realista, ma che Biasion tratta invece come problemi puramente pittorici, da nature morte, come é stato correttamente detto, in una serratissima dialettica fra linea, colore e materia, emendandole da qualsiasi sentore di fattore umano. Poteva essere tutto, e in parte lo é stato, ma Biasion si preoccupava di essere soprattutto sé stesso, cercandosi lungo sentieri che disdegnano la ripetitività più pigra, meno che mai quella commercialmente più interessata; così, gli interni si depurano progressivamente degli antichi retaggi matissiani, ancora avvertibili nella bellissima serie di “Sedie, Poltrone e Divani”, nutrita di sapori bolognesi alla Corsi o financo alla Protti, per arricchirsi di una nuova ricercatezza grafica, non necessariamente naturalistica, anzi, quasi presaga dei successivi stilismi pop di uno Gnoli o di un Pozzati, che fa da preambolo alla scoperta, con la serie delle “finestre nere”, di una dimensione metafisica che fino a quel momento pareva ignota, nascosta sotto il fuoco silenzioso di un vitalismo sottile, eppure sempre inestinto, per quanto intimo e raccolto attorno al fascino segreto dell'apparentemente ordinario, aprendosi alla ricerca di un senso “altro”, inizialmente impenetrabile, oltre il limite di ciò con cui conviviamo.
Una svolta decisiva, avremmo potuto dire per altri artisti, con tangenze che aprono a discorsi diversi, per esempio alla nuova figurazione di Gianfranco Ferroni. Ma per Biasion, si mentirebbe: é solo uno degli sbocchi possibili, un indirizzo piuttosto che un altro, senza nessuna pretesa di essere più definitivo di quanto non fossero stati gli altri già battuti. Non é incertezza o insoddisfazione, tutt'altro. E' lucida consapevolezza di ciò che l'arte può fare, quando si raggiunge il totale controllo dei propri mezzi”.
Renzo Biasion, nato a Treviso nel 1914 da famiglia veneziana è scomparso a Firenze nel 1996. Pittore, incisore, scrittore e giornalista, ha vissuto e lavorato a lungo a Torri del Benaco sul lago di Garda dal dopoguerra sino agli anni ’70. Nei primi anni del dopoguerra insegnò alle scuole di Caprino Veronese e visse a Verona, poi a Torri del Benaco, raffigurando il lago e la città scaligera in molti paesaggi. In quegli anni ebbe rapporti d’amicizia con i più noti pittori veronesi quali Orazio Pigato, Pio Semeghini, Guido Farina, lo scultore Costantini, ecc.
Ha collaborato con le pagine culturali di diversi quotidiani e periodici ed è stato per trentaquattro anni titolare della rubrica d'arte del settimanale "Oggi" (nella rubrica ‘Il Sofà delle Muse’ che poi passò proprio a Sgarbi) ma anche nelle pagine culturali di vari quotidiani, tra i quali la Gazzetta del Popolo, L’Arena ed Il Resto del Carlino.
Ha esposto come invitato alla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma e nelle principali rassegne di pittura e di grafica nazionali ed internazionali ed ha insegnato Figura al Liceo Artistico di Firenze. Numerosissime le sue mostre personali, in Italia e all'estero. È stato accademico delle Arti del disegno, ha conseguito numerosi premi ed onorificenze, fra le quali la Medaglia d'oro del Presidente della Repubblica come benemerito delle Arti, della Cultura e della Scuola. Sue opere figurano in diverse gallerie italiane e straniere: Bologna, Firenze, Torino, Verona, Udine, Venezia (Ca' Pesaro e Fondazione Cini), Lucca, Imola, Treviso, Rovigo, Rodi, Rovigno, Benevento, Pisa, San Pietroburgo (Ermitage), Lima. Un suo ricco 'corpus' di incisioni è stato acquisito dal Gabinetto delle Stampe degli Uffizi di Firenze, mentre i disegni di guerra sono stati raccolti dalla Fondazione Giorgio Cini a San Giorgio (Venezia).
Fra le sue opere di narrativa, ricordiamo in particolare Tempi bruciati (Milano, 1948) e Sagapò (Torino, 1954), scelto quest'ultimo da Elio Vittorini per la sua celebre collana 'I gettoni', tradotto in varie lingue e più volte ristampato (ultima edizione di Einaudi, 2015) e a cui si è ispirato il regista Gabriele Salvatores ed il suo sceneggiatore Monteleone per il film Mediterraneo, vincitore di un premio Oscar.
La mostra è aperta tutti i giorni dal 6 al 21 Giugno 2015 con il seguente orario: dalle ore 10 alle ore 13 e dalle 15,30 alle 19.
“Del Biasion pittore, comunque, mi si chiede, come se lo scrittore appartenesse, con coerenza rispetto a quanto appena detto, a un mondo attiguo, ma solo parallelo. Ebbene, del pittore subito dico: un talento lampante, indubitabile, fra i più brillanti, in Italia, della sua generazione, che pure, come é noto, non fu per nulla avara di capaci. Fin dai suoi esordi, da trevigiano di nascita e veneziano in pectore, Biasion si trova al seguito di Juti Ravenna che lo introduce al culto del francesismo post-impressionista, contraltare del latinismo, politicamente più corretto, di Novecento e Valori Plastici, guardando, quindi, al guaguinismo di Gino Rossi, che a Treviso, terra dell'amico Arturo Martini, sarebbe finito in manicomio, ai chiarismi vagamente utrilleschi di Pio Semeghini, soprattutto all'autobiografismo matissianeggiante, ma non certo dimentico del pittoricismo del Settecento veneto, di Filippo de Pisis, vero nume tutelare degli italici parisards, con Cézanne che viene concepito come un inevitabile punto di approdo, più per obbligo di reverenza che per convinzione, ma che al momento rimane ancora un oggetto lontano, tutto da esplorare.
Poteva essere un “internista”, uno specializzato nel soggetto caro ai Fauves e ai Nabis, e invece alterna liberamente il chiuso all'aperto, con la serie delle case di periferia, fra Torino, Milano e Bologna, che avrebbero potuto farlo capofila realista, ma che Biasion tratta invece come problemi puramente pittorici, da nature morte, come é stato correttamente detto, in una serratissima dialettica fra linea, colore e materia, emendandole da qualsiasi sentore di fattore umano. Poteva essere tutto, e in parte lo é stato, ma Biasion si preoccupava di essere soprattutto sé stesso, cercandosi lungo sentieri che disdegnano la ripetitività più pigra, meno che mai quella commercialmente più interessata; così, gli interni si depurano progressivamente degli antichi retaggi matissiani, ancora avvertibili nella bellissima serie di “Sedie, Poltrone e Divani”, nutrita di sapori bolognesi alla Corsi o financo alla Protti, per arricchirsi di una nuova ricercatezza grafica, non necessariamente naturalistica, anzi, quasi presaga dei successivi stilismi pop di uno Gnoli o di un Pozzati, che fa da preambolo alla scoperta, con la serie delle “finestre nere”, di una dimensione metafisica che fino a quel momento pareva ignota, nascosta sotto il fuoco silenzioso di un vitalismo sottile, eppure sempre inestinto, per quanto intimo e raccolto attorno al fascino segreto dell'apparentemente ordinario, aprendosi alla ricerca di un senso “altro”, inizialmente impenetrabile, oltre il limite di ciò con cui conviviamo.
Una svolta decisiva, avremmo potuto dire per altri artisti, con tangenze che aprono a discorsi diversi, per esempio alla nuova figurazione di Gianfranco Ferroni. Ma per Biasion, si mentirebbe: é solo uno degli sbocchi possibili, un indirizzo piuttosto che un altro, senza nessuna pretesa di essere più definitivo di quanto non fossero stati gli altri già battuti. Non é incertezza o insoddisfazione, tutt'altro. E' lucida consapevolezza di ciò che l'arte può fare, quando si raggiunge il totale controllo dei propri mezzi”.
Renzo Biasion, nato a Treviso nel 1914 da famiglia veneziana è scomparso a Firenze nel 1996. Pittore, incisore, scrittore e giornalista, ha vissuto e lavorato a lungo a Torri del Benaco sul lago di Garda dal dopoguerra sino agli anni ’70. Nei primi anni del dopoguerra insegnò alle scuole di Caprino Veronese e visse a Verona, poi a Torri del Benaco, raffigurando il lago e la città scaligera in molti paesaggi. In quegli anni ebbe rapporti d’amicizia con i più noti pittori veronesi quali Orazio Pigato, Pio Semeghini, Guido Farina, lo scultore Costantini, ecc.
Ha collaborato con le pagine culturali di diversi quotidiani e periodici ed è stato per trentaquattro anni titolare della rubrica d'arte del settimanale "Oggi" (nella rubrica ‘Il Sofà delle Muse’ che poi passò proprio a Sgarbi) ma anche nelle pagine culturali di vari quotidiani, tra i quali la Gazzetta del Popolo, L’Arena ed Il Resto del Carlino.
Ha esposto come invitato alla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma e nelle principali rassegne di pittura e di grafica nazionali ed internazionali ed ha insegnato Figura al Liceo Artistico di Firenze. Numerosissime le sue mostre personali, in Italia e all'estero. È stato accademico delle Arti del disegno, ha conseguito numerosi premi ed onorificenze, fra le quali la Medaglia d'oro del Presidente della Repubblica come benemerito delle Arti, della Cultura e della Scuola. Sue opere figurano in diverse gallerie italiane e straniere: Bologna, Firenze, Torino, Verona, Udine, Venezia (Ca' Pesaro e Fondazione Cini), Lucca, Imola, Treviso, Rovigo, Rodi, Rovigno, Benevento, Pisa, San Pietroburgo (Ermitage), Lima. Un suo ricco 'corpus' di incisioni è stato acquisito dal Gabinetto delle Stampe degli Uffizi di Firenze, mentre i disegni di guerra sono stati raccolti dalla Fondazione Giorgio Cini a San Giorgio (Venezia).
Fra le sue opere di narrativa, ricordiamo in particolare Tempi bruciati (Milano, 1948) e Sagapò (Torino, 1954), scelto quest'ultimo da Elio Vittorini per la sua celebre collana 'I gettoni', tradotto in varie lingue e più volte ristampato (ultima edizione di Einaudi, 2015) e a cui si è ispirato il regista Gabriele Salvatores ed il suo sceneggiatore Monteleone per il film Mediterraneo, vincitore di un premio Oscar.
La mostra è aperta tutti i giorni dal 6 al 21 Giugno 2015 con il seguente orario: dalle ore 10 alle ore 13 e dalle 15,30 alle 19.
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