Paolo Gioli. Gli anni di Venezia (1960 – 1969)
Dal 13 Aprile 2022 al 17 Settembre 2022
Venezia
Luogo: Galleria in Corte
Indirizzo: Campo San Fantin - San Marco 1997
Curatori: Nico Stringa
E-Mail info: info@galleriaincorte.com
Sito ufficiale: http://www.galleriaincorte.com
Galleria in Corte, nuovo spazio espositivo dedicato all’Arte Contemporanea, propone dal 14 aprile al 17 settembre 2022 la mostra Paolo Gioli. Gli anni di Venezia (1960 – 1969), curata da Nico Stringa, dedicata alle prime esperienze creative di uno tra gli artisti italiani più significativi e poliedrici, scomparso nel febbraio scorso.
L’esposizione nasce dalla volontà di amici e collezionisti, veneziani e no, di organizzare una antologia di opere pittoriche e grafiche del futuro film-maker e fotografo, mettendo a disposizione di tutti disegni e dipinti realizzati nel corso degli anni ‘60 in laguna, opere che ancora oggi, a più di mezzo secolo di distanza, non smettono di incantare e stupire.
La mostra ha la finalità di far conoscere meglio il periodo di formazione che coincide con la sua prima maturità; tale, infatti, si può ritenere l’arco di tempo 1960 -1969, quando con lavoro incessante, Gioli confermava a sé stesso, tramite opere sempre più conseguenti, la centralità del movimento d’immagine, inteso non tanto come progresso finalizzato, ma piuttosto come strategia per stanare dall’oblio della consuetudine il potenziale originario dello sguardo. Gli choc a cui l’artista ci sottopone con la drammatica plasticità del Ciclo delle Creature e subito dopo con l’articolato percorso delle caleidoscopiche sezioni denominate anche Scomponibili, sono altrettanti dispositivi messi a punto da Gioli nella elaborazione della sua poetica fin dal periodo veneziano: l’immagine è in pericolo, gli artisti la salveranno con la pittura, con una fotografia ‘primordiale’, con il cinema sperimentale.
La mostra propone una scelta di disegni e dipinti di medio e grande formato realizzati a Venezia negli anni ’60 e si conclude con un ultimo lavoro portato a termine a New York nel 1969, opera sintomatica di una svolta maturata a contatto con lo scenario americano che Gioli conosce direttamente durante il lungo soggiorno a Manhattan.
Dice Nico Stringa riguardo le opere esposte: «L’omogeneità di fondo del primo e dell’ultimo Gioli, la persistenza e la ricorrenza dei grandi temi che egli ha fatto propri, l’incrocio tra la tensione all’immagine consapevole e le grandi svolte degli anni ’60 costruite sulla banalizzazione dei mass-media e il bombardamento pubblicitario, lo portano ad abbandonare temporaneamente l’indagine sul torso (trattato nelle Creature, che riprenderà in nuove forme con la fotografia-polaroid e con la tecnica stenoscopica) e a sviluppare quel patrimonio di immagin-azioni che possediamo e ricreiamo, consce e inconsce, sedimentate dentro di noi, che le arti visive e letteratura ci aiutano a decifrare, illuminando a “scatti” l’oscurità dell’origine, l’enigma dell’impronta visiva, il percorso non sempre consapevole verso l’autonomia della forma. Queste opere, già esaminate dalla critica più avveduta e sensibile, non sono le invenzioni originali di un esordiente, sono invece i documenti di una esperienza compiuta nel clima effervescente dei ’60 in una Venezia città aperta alle più diverse esperienze che in Europa e negli USA erano in atto»
Nato a Sarzano di Rovigo nel 1942, Paolo Gioli entra in contatto da giovane con lo scultore Virgilio Milani con il quale stabilisce un profondo sodalizio e a diciotto anni comincia a frequentare l’ambiente artistico veneziano che ruotava attorno alla Scuola Libera del Nudo dell’Accademia di Belle Arti e alla Fondazione Bevilacqua La Masa per giovani artisti. Paolo Gioli assiste così agli ultimi fuochi della stagione dell’Informale, conosce Giuseppe Santomaso che si stava avviando verso una forma originale di “minimalismo”, vede l’affermarsi dei raggruppamenti di neoavanguardia a Padova e a Venezia, visita le Biennali a partire dalla XXX edizione del 1960 e le grandi mostre organizzate a Palazzo Grassi da Paolo Marinotti.
Il lavoro solitario e anche a volte segreto di Gioli è stato compreso subito da Cesare Misserotti che ha ospitato fin dal 1964 il giovane artista nella sua Galleria dell’Elefante prima a Mestre poi a Venezia e gli stampa la prima cartella; anche alla Bevilacqua La Masa egli ha ottenuto importanti riconoscimenti, come il Premio per la pittura e l’acquisto di Figura Figura Figura Figura del 1966 conservato al Museo di Ca’ Pesaro. Nel 1967 si trasferisce a New-York dove, per interessamento di Ruth Friedlich ottiene una borsa di studio del John Cabot Fund; in quel periodo conosce Paolo Vampa, allora laureando e in seguito animatore culturale impegnato da allora a valorizzarne il lavoro. A partire dal 1969 si dedica al cinema sperimentale e alla fotografia a Roma e a Milano, qualificandosi come uno dei più originali ideatori in questo settore, con costanti apprezzamenti sulla scena internazionale.
Nel 1991 il Museo Fortuny di Venezia gli ha dedicato una grande mostra curata da Paolo Costantini, Sandro Mescola, Silvio Fuso, Italo Zannier; nel 1996 Roberta Valtorta cura la grande mostra antologica al Palazzo delle Esposizioni di Roma; nel 2008 la sua opera grafica e pittorica è stata al centro della mostra Arte al bivio. Venezia negli anni ’60, in dialogo con opere di Eulisse, Soccol, Anselmi, Plessi, Giorgi, Lodi, Armano, organizzata a Palazzo Giustinian dei Vescovi da laureati e dottorandi del Corso di Storia dell’Arte Contemporanea dell’Università Ca’ Foscari. Alla LVI Biennale di Venezia del 2015 ha avuto una personale nel Padiglione Italia. Hanno scritto sul suo lavoro: R. Valtorta, P. Costantini, M. Dalai Emiliani, I. Zannier, S. Fuso, M. Senaldi, G. D. Fragapane, F. Dolzani, N. Stringa, E. Bullot, G. M. Bouhours, D. Bordwell, Ph. Dubois, C. Cherouz, B. Di Marino, P. Rumble.
Fotografie, Film e Video sono presenti nelle principali collezioni pubbliche in Italia, Europa e America. Tra le principali Istituzioni: l’Archivio Cinematografico della Università di Harvard (HFA), il Centre Georges Pompidou a Parigi, l’Art Institute di Chicago, il MoMA di New-York.
Opening: mercoledì 13 aprile, ore 18.00
L’esposizione nasce dalla volontà di amici e collezionisti, veneziani e no, di organizzare una antologia di opere pittoriche e grafiche del futuro film-maker e fotografo, mettendo a disposizione di tutti disegni e dipinti realizzati nel corso degli anni ‘60 in laguna, opere che ancora oggi, a più di mezzo secolo di distanza, non smettono di incantare e stupire.
La mostra ha la finalità di far conoscere meglio il periodo di formazione che coincide con la sua prima maturità; tale, infatti, si può ritenere l’arco di tempo 1960 -1969, quando con lavoro incessante, Gioli confermava a sé stesso, tramite opere sempre più conseguenti, la centralità del movimento d’immagine, inteso non tanto come progresso finalizzato, ma piuttosto come strategia per stanare dall’oblio della consuetudine il potenziale originario dello sguardo. Gli choc a cui l’artista ci sottopone con la drammatica plasticità del Ciclo delle Creature e subito dopo con l’articolato percorso delle caleidoscopiche sezioni denominate anche Scomponibili, sono altrettanti dispositivi messi a punto da Gioli nella elaborazione della sua poetica fin dal periodo veneziano: l’immagine è in pericolo, gli artisti la salveranno con la pittura, con una fotografia ‘primordiale’, con il cinema sperimentale.
La mostra propone una scelta di disegni e dipinti di medio e grande formato realizzati a Venezia negli anni ’60 e si conclude con un ultimo lavoro portato a termine a New York nel 1969, opera sintomatica di una svolta maturata a contatto con lo scenario americano che Gioli conosce direttamente durante il lungo soggiorno a Manhattan.
Dice Nico Stringa riguardo le opere esposte: «L’omogeneità di fondo del primo e dell’ultimo Gioli, la persistenza e la ricorrenza dei grandi temi che egli ha fatto propri, l’incrocio tra la tensione all’immagine consapevole e le grandi svolte degli anni ’60 costruite sulla banalizzazione dei mass-media e il bombardamento pubblicitario, lo portano ad abbandonare temporaneamente l’indagine sul torso (trattato nelle Creature, che riprenderà in nuove forme con la fotografia-polaroid e con la tecnica stenoscopica) e a sviluppare quel patrimonio di immagin-azioni che possediamo e ricreiamo, consce e inconsce, sedimentate dentro di noi, che le arti visive e letteratura ci aiutano a decifrare, illuminando a “scatti” l’oscurità dell’origine, l’enigma dell’impronta visiva, il percorso non sempre consapevole verso l’autonomia della forma. Queste opere, già esaminate dalla critica più avveduta e sensibile, non sono le invenzioni originali di un esordiente, sono invece i documenti di una esperienza compiuta nel clima effervescente dei ’60 in una Venezia città aperta alle più diverse esperienze che in Europa e negli USA erano in atto»
Nato a Sarzano di Rovigo nel 1942, Paolo Gioli entra in contatto da giovane con lo scultore Virgilio Milani con il quale stabilisce un profondo sodalizio e a diciotto anni comincia a frequentare l’ambiente artistico veneziano che ruotava attorno alla Scuola Libera del Nudo dell’Accademia di Belle Arti e alla Fondazione Bevilacqua La Masa per giovani artisti. Paolo Gioli assiste così agli ultimi fuochi della stagione dell’Informale, conosce Giuseppe Santomaso che si stava avviando verso una forma originale di “minimalismo”, vede l’affermarsi dei raggruppamenti di neoavanguardia a Padova e a Venezia, visita le Biennali a partire dalla XXX edizione del 1960 e le grandi mostre organizzate a Palazzo Grassi da Paolo Marinotti.
Il lavoro solitario e anche a volte segreto di Gioli è stato compreso subito da Cesare Misserotti che ha ospitato fin dal 1964 il giovane artista nella sua Galleria dell’Elefante prima a Mestre poi a Venezia e gli stampa la prima cartella; anche alla Bevilacqua La Masa egli ha ottenuto importanti riconoscimenti, come il Premio per la pittura e l’acquisto di Figura Figura Figura Figura del 1966 conservato al Museo di Ca’ Pesaro. Nel 1967 si trasferisce a New-York dove, per interessamento di Ruth Friedlich ottiene una borsa di studio del John Cabot Fund; in quel periodo conosce Paolo Vampa, allora laureando e in seguito animatore culturale impegnato da allora a valorizzarne il lavoro. A partire dal 1969 si dedica al cinema sperimentale e alla fotografia a Roma e a Milano, qualificandosi come uno dei più originali ideatori in questo settore, con costanti apprezzamenti sulla scena internazionale.
Nel 1991 il Museo Fortuny di Venezia gli ha dedicato una grande mostra curata da Paolo Costantini, Sandro Mescola, Silvio Fuso, Italo Zannier; nel 1996 Roberta Valtorta cura la grande mostra antologica al Palazzo delle Esposizioni di Roma; nel 2008 la sua opera grafica e pittorica è stata al centro della mostra Arte al bivio. Venezia negli anni ’60, in dialogo con opere di Eulisse, Soccol, Anselmi, Plessi, Giorgi, Lodi, Armano, organizzata a Palazzo Giustinian dei Vescovi da laureati e dottorandi del Corso di Storia dell’Arte Contemporanea dell’Università Ca’ Foscari. Alla LVI Biennale di Venezia del 2015 ha avuto una personale nel Padiglione Italia. Hanno scritto sul suo lavoro: R. Valtorta, P. Costantini, M. Dalai Emiliani, I. Zannier, S. Fuso, M. Senaldi, G. D. Fragapane, F. Dolzani, N. Stringa, E. Bullot, G. M. Bouhours, D. Bordwell, Ph. Dubois, C. Cherouz, B. Di Marino, P. Rumble.
Fotografie, Film e Video sono presenti nelle principali collezioni pubbliche in Italia, Europa e America. Tra le principali Istituzioni: l’Archivio Cinematografico della Università di Harvard (HFA), il Centre Georges Pompidou a Parigi, l’Art Institute di Chicago, il MoMA di New-York.
Opening: mercoledì 13 aprile, ore 18.00
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