Jan Fabre. The Man Who Measures the Clouds (Monument to the Measure of the Immeasurable)
Dal 06 Maggio 2019 al 24 Novembre 2019
Venezia
Luogo: Palazzo Balbi Valier
Indirizzo: Sestiere di Dorsoduro
Curatori: Joanna De Vos
In occasione della 58. Mostra Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, il grande artista e autore Jan Fabre torna in Laguna con la presentazione di uno speciale progetto di arte pubblica. Installata all’interno del Giardino di Palazzo Balbi Valier e visibile dal Canal Grande, la scultura monumenale in foglia d’oro “The Man who Measures the Clouds (Monument to the Measure of the Immeasurable)”, si staglia a nove metri d’altezza.
Il progetto nasce dalla collaborazione di Angelos (Anversa, BE), EdM Productions e Foundation Linda and Guy Pieters (Saint-Tropez, FR) ed è a cura di Joanna De Vos. Sarà svelato al pubblico lunedì 6 maggio alle 17 e resterà sino al termine della Biennale Arte 2019, domenica 24 novembre.
Si tratta della decima partecipazione attiva di Jan Fabre alla grande kermesse veneziana, dove aveva debuttato ventiseienne nel 1984 ai Giardini, come rappresentante del Belgio. Nel tempo, Fabre è stato protagonista sia come artista della selezione ufficiale che in relazione a eventi collaterali.
The Man Who Measures the Clouds (Monument to the Measure of the Immeasurable) è una inedita e unica opera monumentale rifinita in foglia d'oro. Concepita appositamente per Venezia, richiama a un legame profondo con questa città, instaurato nei decenni scorsi. Sporgendosi sopra l'arco che conduce al Giardino di Palazzo Balbi Valier dal Canal Grande, questo imponente uomo d'oro riflette non solo la deriva dell'artista e dell'umanità, ma anche il significato e i valori storici di questa mitica città galleggiante.
Il titolo della scultura si riferisce alla vicenda dell’ornitologo Robert Stroud, che al momento della sua liberazione da Alcatraz aveva affermato che da quel momento in poi si sarebbe dedicato unicamente a «misurare le nuvole», e contiene un invito a riflettere sul ruolo dell’artista nella società. L’opera si presta a essere letta come «metafora dell’artista che cerca di catturare l’impossibile attraverso il suo lavoro», per citare lo stesso Fabre, prendendo ispirazione all’asserzione del filosofo Protagora «L'uomo è la misura di tutte le cose, di quelle che sono per ciò che sono, e di quelle che non sono per ciò non sono». Per i greci, l’uomo è l’unità di misura del rapporto reciproco tra gli oggetti e, allo stesso modo, l’uomo di Fabre si pone a misura di tutte le cose, in omaggio alla grandezza dell’immaginazione umana.
Dai greci fino ad oggi l’uomo è attratto dalla monumentalità: più grande, più visibile e più potente. La scala e le dimensioni della scultura di Fabre, insieme alla sua installazione all'aperto a Venezia, hanno un profondo impatto sul suo significato e sul modo in cui viene vissuta. Jan Fabre usa l'enorme altezza di questa scultura per rendere fisicamente visibile l'estensione dello sforzo umano? L'uomo vuole sempre misurarsi e ama eccellere, è impossibile trascurare questi fatti in una città storica come Venezia.
Il soggetto è un uomo in abiti contemporanei che, protendendo le braccia al cielo, si erge su una scala da biblioteca, sorreggendo con entrambe le mani una riga da geometra, nel gesto di misurare gli oggetti celesti. La figura sembra rappresentare Fabre stesso, ma è di fatto modellata sul corpo del suo fratello più giovane, Emiel Fabre, che morì in tenera età; la somiglianza tra i due fratelli era inconfutabile. La spinta longitudinale del corpo si incontra con la decisa orizzontalità della stecca che sorregge, realizzando un culmine dove avviene una riconciliazione temporanea tra tensione orizzontale e verticalità. L’equilibrio compositivo riecheggia la perfezione a cui l’uomo aspira, al punto tale da porsi a unità di misura di tutto il creato, di spingersi sempre più in alto, puntando il cielo con le sue opere d’arte monumentali e le magnifiche architetture che sono testimoni tangibili del suo desiderio di affermazione.
L’opera in bronzo silicio si completa di una copertura in foglia d’oro, a farne una sorta di idolo/icona contemporaneo. Le dimensioni colossali della scultura e il suo aureo fulgore restituiscono magnificenza all’impresa umana. L’utilizzo dell’oro nel contesto veneziano riporta alla memoria anche molteplici connessioni con la storia della città e degli uomini che l’hanno abitata e resa nei secoli una potenza commerciale. È infatti a Venezia, nel 1284, che è stata coniata la prima moneta d’oro che per 600 anni è rimasta il punto di riferimento per tutte le valute europee. Oggi, è a Venezia che sopravvive l’antica lavorazione della foglia d’oro, all’interno dell’unica bottega esistente in Europa, ancora in grado di utilizzare le tecniche originali del XVIII secolo.
Chi è dunque questo misuratore dell’ignoto che si illude di poter comprendere la grandezza dell’immisurabile? Jan Fabre lascia l’osservatore con un dubbio irrisolto, un “pensiero creativo” che spinge ad alzare lo sguardo all’insù per constatare l’indefinitezza del cielo sopra Venezia e della stessa prospettiva umana. Jan Fabre ci offre un monumento alla misura dell'incommensurabile. Sfida lo spettatore a ripensare il significato delle proporzioni.
Il progetto sarà corredato da una pubblicazione, con il testo di Joanna de Vos, in edizione limitata di 300 copie, di cui 200 numerate e firmate da Jan Fabre e Joanna de Vos; progetto grafico di Aline Billiet.
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