Ivan Barlafante. Sassi
Dal 02 Luglio 2021 al 30 Novembre 2021
Venezia
Luogo: Spazio Thetis
Indirizzo: Calle Donà, 2737/f
Curatori: Antonietta Grandesso
Spazio Thetis e Galleria Michela Rizzo hanno il piacere di presentare la nuova mostra Sassi di Ivan Barlafante, a cura di Antonietta Grandesso.
Ivan Barlafante (Giulianova, 1967) torna ad esporre a Venezia con un nuovo ciclo di opere in cui approfondisce la riflessione sulla natura, il mito e la storia, all’interno di un dialogo inscindibile con gli spazi e i momenti che abitiamo nel quotidiano. La sua ricerca artistica indaga il rapporto tra dimensione naturale e spirituale, coniugando materiali di produzione industriale, elementi naturali e tecniche artistiche di vario genere.
Ogni opera in mostra costituisce un viaggio, un tentativo di identificare il processo temporale nel quale i significati prendono corpo e si manifestano, trasfigurando e rielaborando la realtà. “Un sasso è un sasso”, è il messaggio più immediato che paiono trasmettere i grandi disegni a carboncino. Eppure, nella loro esplicita presenza, questi ritratti immobili si presentano come finestre aperte sul paesaggio dell’identità. Il sasso è da intendere come alter ego del divino sulla terra e come testimonianza eterna dello scorrere del tempo, della sua azione che tutto plasma e muta ma reca sempre tracce del passato, come suggeriscono i fossili di conchiglia che affiorano sulla superficie. Ai carboncini si affianca un ciclo di cinque opere in cui il sasso viene frammentato, sezionato, e l’area del taglio è rivestita con una lamina in acciaio a specchio. "La Natura resta geometricamente e visivamente individuata, ma si riflette continuamente in sé stessa ed allarga all’infinito la propria immagine” (Paolo Balmas). Sassi è dunque un viaggio nell’emerso, una metafora delle sfaccettate dimensioni della natura e dello spirito. Oltre alla nuova mostra, lo Spazio Thetis ospita nel Parco Sculture un’installazione di Ivan Barlafante che accoglie gli spettatori all’entrata, introducendoli nel suggestivo giardino.
Durante l’evento saranno inoltre presentate le nuove installazioni nel Parco Sculture di Fabio Mauri, Marcela Cernadas e Federico De Leonardis.
La Resa è un’opera di Fabio Mauri (Roma, 1926) nata da una sentita riflessione sulle sproporzioni che dominano il mondo, sull’esistenza, la sua fine, il male, l’ingiustizia, il dolore, la libertà, la morale. “La guerra difende, o vuole onorare nobili cause, ma non costruisce che terrificanti conclusioni, per i presenti e i futuri. L’opera che ho messo in piedi intendeva dirne qualcosa. È la resa del giudizio. Del mio almeno. La mia è una resa formale. Una bandiera bianca. Una certa misura di resa può scoprire forse alternative inedite di pace”.
In Silence di Marcela Cernadas (Campana, 1967) è un’opera d’arte ambientale. La scelta del vetro, con le sue discrete trasparenze, e le dimensioni ridotte delle sculture dipendono dall’intento di fondersi nelle trame della natura, senza pretendere di concorrere alla sua grandezza. Le ampolle sono raccogli-lacrime da appendere ai rami degli alberi, il cui insieme costituisce un’opera corale che incarna il “clamore in silencio” della natura e conferisce voce alle piante, creando una sorta di santuario in cui la voce, ma anche il silenzio, possono essere liberati e venerati.
Ossa di Shelley (Canto V, Inferno, Dante) di Federico De Leonardis (La Spezia, 1938) fa parte di un ciclo scultoreo iniziato dall’artista nel 1983 e costituito da bassorilievi su marmi e pietre calcaree recuperate nelle cave di Carrara, luogo che l’artista considera il suo ‘secondo studio’. Il titolo è un omaggio al Percy Bysshe Shelley, poeta romantico inglese morto in seguito a un naufragio nel golfo di Lerici. Proprio al mare sono dedicati i versi poetici, di vari autori, che l’artista incide nella pietra. I testi sono leggibili solo in parte, poiché le lastre paiono corrose dal mare, ma possono essere ricomposti e compresi grazie alla memoria collettiva.
Ivan Barlafante (Giulianova, 1967).
La sua ricerca artistica indaga il rapporto tra dimensione naturale e spirituale attraverso un linguaggio artistico che, a partire dall’arte concettuale, unisce elementi provenienti dalla Land Art, da Fluxus e dall’Arte Povera. Coniugando materiali di produzione industriale ed elementi naturali, così come mezzi di espressione diversi quali suoni e giochi di luci, le sue opere sono capaci di interagire con l’osservatore a più livelli, intellettuali ed estetici, fornendo gli strumenti per riflettere sul rapporto che lega l’uomo alla natura. L’artista con il suo lavoro cerca, come un alchimista, di trasformare la materia, iniziando l’osservatore ad un percorso di indagine e conoscenza. Nell’osservazione di molte opere, come per esempio le sculture composte da elementi naturali sui quali è applicata una superficie riflettente, l’osservatore è portato a domandarsi cosa stia osservando. La percezione di “quell’oltre” contribuisce a svelare e rivelare la realtà, dove la bellezza e la fascinazione per l’arte rappresentano ulteriori sussidi per la scoperta dell’essenza delle cose e della natura; e secondo Ivan Barlafante è proprio il bello estetico a consentire alla dura e tremenda realtà di palesarsi agli occhi dell’uomo. È proprio questo meccanismo che porta l’essere umano a intraprendere un percorso verso la conoscenza, portando a individuare e forse anche a comprendere ciò che di divino è presente nel reale. Nel 1998 Balafante ha costituito il gruppo artistico ICE BADILE studio con E. Leofreddi, C. Longo, C. Di Carlo e A. Orsini. Tra le principali mostre ricordiamo: Andromeda e Cassiopea, Praga; VIII Biennale d’Arte del Cairo (2001); Cosa arcana e stupenda a cura di Andrea Bellini (2001); I Love You, Tempietto del Carmelo a Roma (2006); Bienal del Fin del Mundo, Museo a Mar del Plata, Argentina (2014); Flags, Serra dei Giardini, Venezia (2015); Perché io sono te (installazione site specific), Fondazione La Verde La Malfa presso il Parco dell’Arte di Catania (2016); L’orizzonte rovesciato, a cura di Laura Cherubini (2016); 45° 27' 22" N 12° 23' 10" E, Isola del Lazzaretto Nuovo, Venezia (2017); Limiti-Confini, a cura di Sabino Maria Frassà, Grande Museo del Duomo di Milano (2017); La bellezza dell’inutile, a cura di Chiara Casarin, Musei Civici di Bassano del Grappa (2018); Tutta l’arte è imitazione della natura, a cura di Manuela Evangelista, Museo Orto Botanico Roma (2018); Avevo 20 anni, a cura di Sabino Maria Frassà, Villa Bagatti Valsecchi di Varedo (2018); Tremendo: il bello è solo l’inizio, a cura di Sabino Maria Frassà, Gaggenau, Milano (2018); I am what I do with my hands,
Ivan Barlafante (Giulianova, 1967) torna ad esporre a Venezia con un nuovo ciclo di opere in cui approfondisce la riflessione sulla natura, il mito e la storia, all’interno di un dialogo inscindibile con gli spazi e i momenti che abitiamo nel quotidiano. La sua ricerca artistica indaga il rapporto tra dimensione naturale e spirituale, coniugando materiali di produzione industriale, elementi naturali e tecniche artistiche di vario genere.
Ogni opera in mostra costituisce un viaggio, un tentativo di identificare il processo temporale nel quale i significati prendono corpo e si manifestano, trasfigurando e rielaborando la realtà. “Un sasso è un sasso”, è il messaggio più immediato che paiono trasmettere i grandi disegni a carboncino. Eppure, nella loro esplicita presenza, questi ritratti immobili si presentano come finestre aperte sul paesaggio dell’identità. Il sasso è da intendere come alter ego del divino sulla terra e come testimonianza eterna dello scorrere del tempo, della sua azione che tutto plasma e muta ma reca sempre tracce del passato, come suggeriscono i fossili di conchiglia che affiorano sulla superficie. Ai carboncini si affianca un ciclo di cinque opere in cui il sasso viene frammentato, sezionato, e l’area del taglio è rivestita con una lamina in acciaio a specchio. "La Natura resta geometricamente e visivamente individuata, ma si riflette continuamente in sé stessa ed allarga all’infinito la propria immagine” (Paolo Balmas). Sassi è dunque un viaggio nell’emerso, una metafora delle sfaccettate dimensioni della natura e dello spirito. Oltre alla nuova mostra, lo Spazio Thetis ospita nel Parco Sculture un’installazione di Ivan Barlafante che accoglie gli spettatori all’entrata, introducendoli nel suggestivo giardino.
Durante l’evento saranno inoltre presentate le nuove installazioni nel Parco Sculture di Fabio Mauri, Marcela Cernadas e Federico De Leonardis.
La Resa è un’opera di Fabio Mauri (Roma, 1926) nata da una sentita riflessione sulle sproporzioni che dominano il mondo, sull’esistenza, la sua fine, il male, l’ingiustizia, il dolore, la libertà, la morale. “La guerra difende, o vuole onorare nobili cause, ma non costruisce che terrificanti conclusioni, per i presenti e i futuri. L’opera che ho messo in piedi intendeva dirne qualcosa. È la resa del giudizio. Del mio almeno. La mia è una resa formale. Una bandiera bianca. Una certa misura di resa può scoprire forse alternative inedite di pace”.
In Silence di Marcela Cernadas (Campana, 1967) è un’opera d’arte ambientale. La scelta del vetro, con le sue discrete trasparenze, e le dimensioni ridotte delle sculture dipendono dall’intento di fondersi nelle trame della natura, senza pretendere di concorrere alla sua grandezza. Le ampolle sono raccogli-lacrime da appendere ai rami degli alberi, il cui insieme costituisce un’opera corale che incarna il “clamore in silencio” della natura e conferisce voce alle piante, creando una sorta di santuario in cui la voce, ma anche il silenzio, possono essere liberati e venerati.
Ossa di Shelley (Canto V, Inferno, Dante) di Federico De Leonardis (La Spezia, 1938) fa parte di un ciclo scultoreo iniziato dall’artista nel 1983 e costituito da bassorilievi su marmi e pietre calcaree recuperate nelle cave di Carrara, luogo che l’artista considera il suo ‘secondo studio’. Il titolo è un omaggio al Percy Bysshe Shelley, poeta romantico inglese morto in seguito a un naufragio nel golfo di Lerici. Proprio al mare sono dedicati i versi poetici, di vari autori, che l’artista incide nella pietra. I testi sono leggibili solo in parte, poiché le lastre paiono corrose dal mare, ma possono essere ricomposti e compresi grazie alla memoria collettiva.
Ivan Barlafante (Giulianova, 1967).
La sua ricerca artistica indaga il rapporto tra dimensione naturale e spirituale attraverso un linguaggio artistico che, a partire dall’arte concettuale, unisce elementi provenienti dalla Land Art, da Fluxus e dall’Arte Povera. Coniugando materiali di produzione industriale ed elementi naturali, così come mezzi di espressione diversi quali suoni e giochi di luci, le sue opere sono capaci di interagire con l’osservatore a più livelli, intellettuali ed estetici, fornendo gli strumenti per riflettere sul rapporto che lega l’uomo alla natura. L’artista con il suo lavoro cerca, come un alchimista, di trasformare la materia, iniziando l’osservatore ad un percorso di indagine e conoscenza. Nell’osservazione di molte opere, come per esempio le sculture composte da elementi naturali sui quali è applicata una superficie riflettente, l’osservatore è portato a domandarsi cosa stia osservando. La percezione di “quell’oltre” contribuisce a svelare e rivelare la realtà, dove la bellezza e la fascinazione per l’arte rappresentano ulteriori sussidi per la scoperta dell’essenza delle cose e della natura; e secondo Ivan Barlafante è proprio il bello estetico a consentire alla dura e tremenda realtà di palesarsi agli occhi dell’uomo. È proprio questo meccanismo che porta l’essere umano a intraprendere un percorso verso la conoscenza, portando a individuare e forse anche a comprendere ciò che di divino è presente nel reale. Nel 1998 Balafante ha costituito il gruppo artistico ICE BADILE studio con E. Leofreddi, C. Longo, C. Di Carlo e A. Orsini. Tra le principali mostre ricordiamo: Andromeda e Cassiopea, Praga; VIII Biennale d’Arte del Cairo (2001); Cosa arcana e stupenda a cura di Andrea Bellini (2001); I Love You, Tempietto del Carmelo a Roma (2006); Bienal del Fin del Mundo, Museo a Mar del Plata, Argentina (2014); Flags, Serra dei Giardini, Venezia (2015); Perché io sono te (installazione site specific), Fondazione La Verde La Malfa presso il Parco dell’Arte di Catania (2016); L’orizzonte rovesciato, a cura di Laura Cherubini (2016); 45° 27' 22" N 12° 23' 10" E, Isola del Lazzaretto Nuovo, Venezia (2017); Limiti-Confini, a cura di Sabino Maria Frassà, Grande Museo del Duomo di Milano (2017); La bellezza dell’inutile, a cura di Chiara Casarin, Musei Civici di Bassano del Grappa (2018); Tutta l’arte è imitazione della natura, a cura di Manuela Evangelista, Museo Orto Botanico Roma (2018); Avevo 20 anni, a cura di Sabino Maria Frassà, Villa Bagatti Valsecchi di Varedo (2018); Tremendo: il bello è solo l’inizio, a cura di Sabino Maria Frassà, Gaggenau, Milano (2018); I am what I do with my hands,
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