Gianni Caravaggio. Finalmente solo
Dal 31 Ottobre 2014 al 11 Gennaio 2015
Gallarate | Varese
Luogo: Museo MA*GA
Indirizzo: via De Magri 1
Orari: da martedì a venerdì 9.30-12.30 / 14.30-18; sabato e domenica 11-18.30
Curatori: Emma Zanella
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 0331 706011
E-Mail info: info@museomaga.it
Sito ufficiale: http://www.museomaga.it/
Dal 31 ottobre 2014 all’11 gennaio 2015, il Museo MA*GA di Gallarate, in collaborazione con il Musée d’Art Moderne Saint-Étienne Métropole, ospita la personale di Gianni Caravaggio (Rocca San Giovanni, CH, 1968), dal titolo Finalmente solo.
L’evento, curato da Emma Zanella, direttrice del MA*GA e Lorand Hegyi, direttore del museo di Saint-Étienne, si sviluppa in contemporanea nelle due sedi e segna la prima felice collaborazione tra i due importanti musei d’arte moderna e contemporanea, da sempre attenti alla creatività artistica attuale con particolare attenzione a quella italiana.
Al MA*GA, Caravaggio presenta 40 opere che ripercorrono la sua vicenda creativa, dagli anni novanta a oggi.
La ricerca artistica di Gianni Caravaggio prende forma e materia nelle sculture spesso costruite con un’evidente precarietà di equilibrio. Una particolarità dei suoi lavori è l’utilizzo di una pluralità di materiali molto eterogenei, posti spesso in un rapporto dialettico tra di loro, come marmo, bronzo, alluminio, carta, cuoio, crema cosmetica, borotalco, polistirolo, semi di lenticchia, zucchero e molti altri.
È il caso, ad esempio, di Sugar no Sugar Molecule del 2002, in cui un parallelepipedo dai contorni irregolari è composto da tanti cubi di marmo bianco, polistirolo e zucchero di dimensioni tra loro differenti, o ancora Cosmicomica del 2006, dove gli angoli di un poliedro di marmo bianco sono segnati dalla presenza di un seme di lenticchia rossa.
“In più di un’opera - scrive Alessandro Rabottini nel suo saggio in catalogo - Gianni Caravaggio ha messo in campo una forma di osmosi tra i materiali, amplificando di ciascuno le proprietà mimetiche reciproche e alimentando, di frequente, la sensazione di una simulazione, di un inganno percettivo e di un flusso costante tra come le cose sono e come al contrario esse appaiono”.
Ecco allora Via dalla luce mia (la verità) del 2008 , misteriosa forma realizzata accostando tra loro marmo bianco e marmo grigio scuro, la cui linea di cesura è costituita dalla proiezione dell’ombra che lo spigolo di un muro proietta sul pavimento, tanto che la parola “ombra” compare addirittura tra i materiali che compongono la descrizione della scultura.
O ancora, Il mistero nascosto da una nuvoladel 2013, in cui è il titolo ad attivare una forma di dialettica tra luce e ombra come “gioco delle parti” tra la percezione dello spettatore e i materiali. In questo lavoro, un grosso masso di marmo nero del Belgio è cosparso, per circa la metà della sua superficie, di zucchero in polvere, per ricreare l’effetto visivo di una nube che si espande su una montagna, rendendone più scura una parte rispetto alle zone ancora illuminate dal sole.
Il titolo della mostra, Finalmente solo, invita il pubblico a lasciare “fuori” i mille stimoli percettivi, sonori e visivi, che tempestano l’uomo contemporaneo, le connessioni in tempo reale, l’ansia di esserci sempre e ovunque, per tornare a riflettere, a sentire con il corpo e con la mente le opere che egli stesso ha “messo in scena”. Caravaggio apre gli accessi del suo “cerchio magico”, per potersi liberare dalle convenzioni e dalla quotidianità e assumere uno sguardo stupito e pronto all’immaginazione.
“Gli universi di Caravaggio - secondo Emma Zanella e Lorand Hegyi - trasmettono costanti vibrazioni che il pubblico è invitato a sentire e a cogliere, mettendo in atto forme di riconoscimento sempre variabili. Ogni opera plastica di Gianni Caravaggio si contrappone infatti a capacità di orientamento e a processi cognitivi che fanno riferimento al nostro modo di vedere l’universo, alla percezione che abbiamo dei processi reali che governano le relazioni umane e sociali”.
“La frammentarietà - continuano -, la fragilità generale degli oggetti e la deperibilità degli assemblaggi materiali trasmettono una sensazione di distanza, del “lontano” temporale e spaziale, che si ricollega alla ricerca di possibili contesti, centri e connessioni rilevanti. Lo smarrimento malinconico, questa sensazione di isolamento esistenziale e travaglio interiore dei diversi componenti delle installazioni intensificano le prospettive dei sistemi intelligibili, nei quali la ragione può dispiegarsi”.
Accompagna la mostra il catalogo di Silvana Editoriale edito dai due Musei (trilingue: italiano, inglese, francese) con testi dei direttori dei musei Lorand Hegyi e Emma Zanella, di Jean Luc Nancy, di Alessandro Rabottini, di Federico Ferrari e di Gianni Caravaggio.
L’evento, curato da Emma Zanella, direttrice del MA*GA e Lorand Hegyi, direttore del museo di Saint-Étienne, si sviluppa in contemporanea nelle due sedi e segna la prima felice collaborazione tra i due importanti musei d’arte moderna e contemporanea, da sempre attenti alla creatività artistica attuale con particolare attenzione a quella italiana.
Al MA*GA, Caravaggio presenta 40 opere che ripercorrono la sua vicenda creativa, dagli anni novanta a oggi.
La ricerca artistica di Gianni Caravaggio prende forma e materia nelle sculture spesso costruite con un’evidente precarietà di equilibrio. Una particolarità dei suoi lavori è l’utilizzo di una pluralità di materiali molto eterogenei, posti spesso in un rapporto dialettico tra di loro, come marmo, bronzo, alluminio, carta, cuoio, crema cosmetica, borotalco, polistirolo, semi di lenticchia, zucchero e molti altri.
È il caso, ad esempio, di Sugar no Sugar Molecule del 2002, in cui un parallelepipedo dai contorni irregolari è composto da tanti cubi di marmo bianco, polistirolo e zucchero di dimensioni tra loro differenti, o ancora Cosmicomica del 2006, dove gli angoli di un poliedro di marmo bianco sono segnati dalla presenza di un seme di lenticchia rossa.
“In più di un’opera - scrive Alessandro Rabottini nel suo saggio in catalogo - Gianni Caravaggio ha messo in campo una forma di osmosi tra i materiali, amplificando di ciascuno le proprietà mimetiche reciproche e alimentando, di frequente, la sensazione di una simulazione, di un inganno percettivo e di un flusso costante tra come le cose sono e come al contrario esse appaiono”.
Ecco allora Via dalla luce mia (la verità) del 2008 , misteriosa forma realizzata accostando tra loro marmo bianco e marmo grigio scuro, la cui linea di cesura è costituita dalla proiezione dell’ombra che lo spigolo di un muro proietta sul pavimento, tanto che la parola “ombra” compare addirittura tra i materiali che compongono la descrizione della scultura.
O ancora, Il mistero nascosto da una nuvoladel 2013, in cui è il titolo ad attivare una forma di dialettica tra luce e ombra come “gioco delle parti” tra la percezione dello spettatore e i materiali. In questo lavoro, un grosso masso di marmo nero del Belgio è cosparso, per circa la metà della sua superficie, di zucchero in polvere, per ricreare l’effetto visivo di una nube che si espande su una montagna, rendendone più scura una parte rispetto alle zone ancora illuminate dal sole.
Il titolo della mostra, Finalmente solo, invita il pubblico a lasciare “fuori” i mille stimoli percettivi, sonori e visivi, che tempestano l’uomo contemporaneo, le connessioni in tempo reale, l’ansia di esserci sempre e ovunque, per tornare a riflettere, a sentire con il corpo e con la mente le opere che egli stesso ha “messo in scena”. Caravaggio apre gli accessi del suo “cerchio magico”, per potersi liberare dalle convenzioni e dalla quotidianità e assumere uno sguardo stupito e pronto all’immaginazione.
“Gli universi di Caravaggio - secondo Emma Zanella e Lorand Hegyi - trasmettono costanti vibrazioni che il pubblico è invitato a sentire e a cogliere, mettendo in atto forme di riconoscimento sempre variabili. Ogni opera plastica di Gianni Caravaggio si contrappone infatti a capacità di orientamento e a processi cognitivi che fanno riferimento al nostro modo di vedere l’universo, alla percezione che abbiamo dei processi reali che governano le relazioni umane e sociali”.
“La frammentarietà - continuano -, la fragilità generale degli oggetti e la deperibilità degli assemblaggi materiali trasmettono una sensazione di distanza, del “lontano” temporale e spaziale, che si ricollega alla ricerca di possibili contesti, centri e connessioni rilevanti. Lo smarrimento malinconico, questa sensazione di isolamento esistenziale e travaglio interiore dei diversi componenti delle installazioni intensificano le prospettive dei sistemi intelligibili, nei quali la ragione può dispiegarsi”.
Accompagna la mostra il catalogo di Silvana Editoriale edito dai due Musei (trilingue: italiano, inglese, francese) con testi dei direttori dei musei Lorand Hegyi e Emma Zanella, di Jean Luc Nancy, di Alessandro Rabottini, di Federico Ferrari e di Gianni Caravaggio.
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