Wainer Vaccari. Certezze Soggettive
Dal 20 Novembre 2021 al 27 Febbraio 2022
Trento
Luogo: Galleria Civica Trento
Indirizzo: Via Rodolfo Belenzani 44
Orari: Martedì - Domenica 10.00 - 13.00 / 14.00 - 18.00. Lunedì chiuso
Curatori: Gabriele Lorenzoni. Da un’idea di Vittorio Sgarbi
Costo del biglietto: Intero 2 €. Gratuito bambini fino ai 14 anni, scolaresche e Mart Membership. Biglietto unico per tre sedi: Intero € 14, Ridotto € 10
Telefono per informazioni: 800 397760
Sito ufficiale: http://www.mart.tn.it
In un momento di generale interesse per la pittura figurativa, sia a livello museale sia collezionistico, il Mart contribuisce con le sue mostre a uno dei dibattiti più attuali.
Negli spazi della Galleria Civica di Trento, dopo la mostra Ciò che vedo. Nuova figurazione in Italia, proposta nel 2020, è la volta della personale su Wainer Vaccari.
Il progetto è stato anticipato da un Focus estivo allestito a Rovereto. In quell’occasione Vaccari era stato invitato dal Presidente Sgarbi a dialogare con la grande esposizione su Raffaello, Picasso, de Chirico e Dalí, nell’ambito della linea di ricerca dedicata al confronto tra la contemporaneità e il passato.
Dal 20 novembre al 27 febbraio, la mostra curata da Gabriele Lorenzoni propone una rilettura del lavoro di Vaccari la cui attività è emersa negli anni Ottanta, decennio profondamente segnato dalla pittura figurativa. Nonostante l’adesione al linguaggio mediale più in voga, il lavoro di Vaccari sfugge alle definizioni e si colloca in uno spazio del tutto personale, slegato dalle correnti del momento.
In mostra, oltre trenta opere e un prezioso nucleo di disegni tracciano la parabola di una continuità che caratterizza l’opera dell’artista dai suoi esordi negli anni Ottanta fino alla fine degli anni Novanta, momento in cui decide di intraprendere strade differenti. Tra il 1999 e il 2015 infatti Vaccari si allontana dal percorso di stretta osservanza figurativa fino a quel momento seguito per farsi contaminare da ricerche ai confini dell’astrazione.
Come un fiume carsico, soggetti e atmosfere dei primi decenni riaffiorano però nei lavori degli ultimi anni, a partire dal 2016, con rinnovata urgenza espressiva.
La mostra si gioca sul sottile filo di questa “andata e ritorno”, nella quale è racchiusa una delle esperienze più autonomedella pittura figurativa italiana contemporanea.
Nel percorso espositivo i dipinti dei due periodi sono mescolati, preferendo accostamenti tematici e stilistici più che cronologici. Alla ricerca della continuità espressiva. Ne è un esempio il costante ritorno di soggetti molto enfatici: si tratta di personaggi plasmati su ritratti dell’artista e della moglie. Note biografiche estrapolate dal tempo e nel tempo e rielaborate attraverso il filtro della memoria.
Pur nella coerenza di temi, la produzione della fine del millennio presenta contorni più definiti, colori piani, pennellate più piatte; quella più recente è invece caratterizza dall’inserimento di tratti più franti, da scomposizioni della forma e da sovrapposizioni di tocchi pittorici.
Significativa e meno conosciuta è la sezione dedicata ai disegni. Vaccari disegna incessantemente, da sempre; quello rappresentato in mostra è quindi un prezioso e microscopico esempio della sua vastissima produzione. Si tratta talvolta di bozzetti e schizzi, altre di caricature, ma più spesso si tratta di idee, spunti, disegni realizzati senza una precisa finalità.
Tra le varie sezioni della mostra, emerge probabilmente quella dedicata ai ritratti maschili, posta nel piano interrato della Galleria. Come in una quadreria, gli sguardi dei protagonisti seguono in maniera quasi disturbante il passaggio del visitatore. Elementi più classicheggianti, nelle composizioni e nelle pose, si mescolano a dettagli assolutamente contemporanei, come volti e tagli di capelli.
Nella dimensione onirica e sospesa delle sue pitture, Vaccari ha perfetta coscienza della Nuova oggettività tedesca, così prossima al Realismo Magico dei grandi maestri di Novecento di cui il Mart conserva i capolavori e dei quali ha organizzato diverse mostre, tanto nel passato quanto in anni recenti. Nonostante la profonda conoscenza della pittura dei maestri antichi e coevi, Vaccari mantiene un’autonomia che è anche solitudine, auto-esclusione dalle mode, che lo rende difficilmente inquadrabile.
L’aspetto che connatura maggiormente la ricerca pittorica di Wainer Vaccari è quella grammatica visiva che dagli anni Ottanta segnerà profondamente il suo percorso portandolo a delineare un proprio universo visivo popolato da una serie di personaggi quasi “felliniani”, dissonanti e ironici, inquadrati in scene ben definite.
Nelle pose, nelle proporzioni, nelle composizioni pittoriche e nelle espressioni dei protagonisti la forzatura del reale è sì straniante e parossistica, ma non al punto di rendere implausibile la scena.
Spiega il critico Carlo Sala nel catalogo che accompagna la mostra: “L’artista mette in scena una sua personale commedia dell’arte dove i personaggi non hanno un copione preciso, ma seguono un canovaccio con dei caratteri che ritornano nei vari dipinti anche a distanza di anni e che hanno accompagnato senza sosta l’artista dai primi anni Ottanta fino agli esordi del nuovo millennio per poi ripresentarsi nelle indagini dell’ultima fase avviata nel 2014. Appare evidente come queste figure siano la sintesi di una pluralità di istanze provenienti da varie tradizioni estetiche, ma anche dalle reminiscenze dell’infanzia e dai rimandi alla quotidianità dell’artista. […] Ogni fonte, evocata o ripresa nelle opere, perde ogni “laccio” filologico per piegarsi all’arbitrio visionario del pittore”.
Realizzati in due secoli diversi i quadri della prima fase e quelli della seconda sono accomunati da rappresentazioni surreali, gesti privi di senso, allusioni sessuali, ambientazioni metafisiche, atmosfere sospese.
Tra personaggi che spiano o si nascondono e sguardi torvi, la mostra si chiude con l’opera scelta come immagine guida, La Tuffatrice, e con un Autoritratto del 1982 che, oltre a essere il quadro meno recente tra quelli presenti, è un’opera-manifesto. Qui Vaccari viene morso al cuore dal dio Pan che rappresenta la natura pagana e libera della sua infanzia in Svizzera.
Negli spazi della Galleria Civica di Trento, dopo la mostra Ciò che vedo. Nuova figurazione in Italia, proposta nel 2020, è la volta della personale su Wainer Vaccari.
Il progetto è stato anticipato da un Focus estivo allestito a Rovereto. In quell’occasione Vaccari era stato invitato dal Presidente Sgarbi a dialogare con la grande esposizione su Raffaello, Picasso, de Chirico e Dalí, nell’ambito della linea di ricerca dedicata al confronto tra la contemporaneità e il passato.
Dal 20 novembre al 27 febbraio, la mostra curata da Gabriele Lorenzoni propone una rilettura del lavoro di Vaccari la cui attività è emersa negli anni Ottanta, decennio profondamente segnato dalla pittura figurativa. Nonostante l’adesione al linguaggio mediale più in voga, il lavoro di Vaccari sfugge alle definizioni e si colloca in uno spazio del tutto personale, slegato dalle correnti del momento.
In mostra, oltre trenta opere e un prezioso nucleo di disegni tracciano la parabola di una continuità che caratterizza l’opera dell’artista dai suoi esordi negli anni Ottanta fino alla fine degli anni Novanta, momento in cui decide di intraprendere strade differenti. Tra il 1999 e il 2015 infatti Vaccari si allontana dal percorso di stretta osservanza figurativa fino a quel momento seguito per farsi contaminare da ricerche ai confini dell’astrazione.
Come un fiume carsico, soggetti e atmosfere dei primi decenni riaffiorano però nei lavori degli ultimi anni, a partire dal 2016, con rinnovata urgenza espressiva.
La mostra si gioca sul sottile filo di questa “andata e ritorno”, nella quale è racchiusa una delle esperienze più autonomedella pittura figurativa italiana contemporanea.
Nel percorso espositivo i dipinti dei due periodi sono mescolati, preferendo accostamenti tematici e stilistici più che cronologici. Alla ricerca della continuità espressiva. Ne è un esempio il costante ritorno di soggetti molto enfatici: si tratta di personaggi plasmati su ritratti dell’artista e della moglie. Note biografiche estrapolate dal tempo e nel tempo e rielaborate attraverso il filtro della memoria.
Pur nella coerenza di temi, la produzione della fine del millennio presenta contorni più definiti, colori piani, pennellate più piatte; quella più recente è invece caratterizza dall’inserimento di tratti più franti, da scomposizioni della forma e da sovrapposizioni di tocchi pittorici.
Significativa e meno conosciuta è la sezione dedicata ai disegni. Vaccari disegna incessantemente, da sempre; quello rappresentato in mostra è quindi un prezioso e microscopico esempio della sua vastissima produzione. Si tratta talvolta di bozzetti e schizzi, altre di caricature, ma più spesso si tratta di idee, spunti, disegni realizzati senza una precisa finalità.
Tra le varie sezioni della mostra, emerge probabilmente quella dedicata ai ritratti maschili, posta nel piano interrato della Galleria. Come in una quadreria, gli sguardi dei protagonisti seguono in maniera quasi disturbante il passaggio del visitatore. Elementi più classicheggianti, nelle composizioni e nelle pose, si mescolano a dettagli assolutamente contemporanei, come volti e tagli di capelli.
Nella dimensione onirica e sospesa delle sue pitture, Vaccari ha perfetta coscienza della Nuova oggettività tedesca, così prossima al Realismo Magico dei grandi maestri di Novecento di cui il Mart conserva i capolavori e dei quali ha organizzato diverse mostre, tanto nel passato quanto in anni recenti. Nonostante la profonda conoscenza della pittura dei maestri antichi e coevi, Vaccari mantiene un’autonomia che è anche solitudine, auto-esclusione dalle mode, che lo rende difficilmente inquadrabile.
L’aspetto che connatura maggiormente la ricerca pittorica di Wainer Vaccari è quella grammatica visiva che dagli anni Ottanta segnerà profondamente il suo percorso portandolo a delineare un proprio universo visivo popolato da una serie di personaggi quasi “felliniani”, dissonanti e ironici, inquadrati in scene ben definite.
Nelle pose, nelle proporzioni, nelle composizioni pittoriche e nelle espressioni dei protagonisti la forzatura del reale è sì straniante e parossistica, ma non al punto di rendere implausibile la scena.
Spiega il critico Carlo Sala nel catalogo che accompagna la mostra: “L’artista mette in scena una sua personale commedia dell’arte dove i personaggi non hanno un copione preciso, ma seguono un canovaccio con dei caratteri che ritornano nei vari dipinti anche a distanza di anni e che hanno accompagnato senza sosta l’artista dai primi anni Ottanta fino agli esordi del nuovo millennio per poi ripresentarsi nelle indagini dell’ultima fase avviata nel 2014. Appare evidente come queste figure siano la sintesi di una pluralità di istanze provenienti da varie tradizioni estetiche, ma anche dalle reminiscenze dell’infanzia e dai rimandi alla quotidianità dell’artista. […] Ogni fonte, evocata o ripresa nelle opere, perde ogni “laccio” filologico per piegarsi all’arbitrio visionario del pittore”.
Realizzati in due secoli diversi i quadri della prima fase e quelli della seconda sono accomunati da rappresentazioni surreali, gesti privi di senso, allusioni sessuali, ambientazioni metafisiche, atmosfere sospese.
Tra personaggi che spiano o si nascondono e sguardi torvi, la mostra si chiude con l’opera scelta come immagine guida, La Tuffatrice, e con un Autoritratto del 1982 che, oltre a essere il quadro meno recente tra quelli presenti, è un’opera-manifesto. Qui Vaccari viene morso al cuore dal dio Pan che rappresenta la natura pagana e libera della sua infanzia in Svizzera.
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