Momò Calascibetta. L’ironia del disincanto
Dal 02 Aprile 2023 al 04 Giugno 2023
Marsala | Trapani
Luogo: Convento del Carmine
Indirizzo: Piazza del Carmine
Orari: da martedì a domenica 10-13 / 17-19. Pasqua 17-19, Pasquetta chiuso
Curatori: Enrico Caruso
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Visionario e grottesco, ironico e irriverente. Mirabile sceneggiatore e maniaco del dettaglio di una pittura al contempo colta e pop: florida di citazioni e fiorita di sberleffi e caricature all’indirizzo di potenti e potentati.
Si intitola “Momò Calascibetta. L’ironia del disincanto” (inaugurazione domenica 2 aprile, ore 18) ed è la mostra con cui la Pinacoteca di Marsala, a pochi mesi dalla prematura scomparsa, rende omaggio all’artista (Palermo 1949 – Erice 2022) che scelse questa città – la sua luce, il suo mare, i suoi vibranti tramonti sulle saline - di ritorno in Sicilia dopo trentacinque anni trascorsi a Milano.
Curatore del progetto espositivo è Enrico Caruso, architetto e già direttore dei Parchi archeologici di Morgantina, Monte Iato, Selinunte e Lilibeo-Marsala oltre che ex Soprintendente dei Beni Culturali e Ambientali di Trapani, che per gli spazi del convento ha immaginato due macrosezioni scandite in dieci nuclei narrativi. Oltre settanta le opere in mostra che, dal 1983 - quando iniziò l’avventura a Milano - fino all’estate del 2021, anno dell’ultima mostra al Museo Riso di Palermo, punteggiano l’arco narrativo di un’intera esistenza votata all’arte e alla pittura che ha preso il via a Palermo, con la prima mostra a Palazzo Vescovile curata da Maurizio Calvesi nel 1976, quindi a Milano a inizi anni Ottanta: una strategica piattaforma di lavoro da dove Calascibetta – architetto per formazione, artista autodidatta per vocazione - ha partecipato ad eventi d’arte nazionali e internazionali che hanno attirato l’attenzione di critici e personalità della cultura milanese come Mario De Micheli, Vincenzo Consolo, Gillo Dorfles, Marco Meneguzzo, Liana Bortolon e Giovanni Quadrio Curzio e culminati nel 2002 con la mostra–evento “Terromnia”, a cura di Philippe Daverio.
Al Convento del Carmine di Marsala la narrazione prende il via dal 1983, con il libro d’arte “Una commedia siciliana”, un racconto di Sciascia stampato a tiratura limitata e corredato da nove acqueforti di Calascibetta (oltre alle illustrazioni di Bartolo di Raffaele) che sarà esposto al Convento. “Osservatore attento ma certamente non neutro – spiega Caruso – Momò offre uno sguardo critico verso gli eventi che lo circondano e verso cui guarda attraverso la sua sottile e profonda vena ironica e, a volte, anche scanzonata. È consapevole della rovina quotidiana dell’umanità, verso cui nessun singolo può operare modifiche mentre all’artista è dato di segnalare i fatti, evidenziandone la scelleratezza e denunciandone la stoltezza. Per Momò tutto ciò è narrato con il disincanto di chi, da lontano e con un certo distacco, osserva l’umanità ridurre la propria vita in un “non impegno” sempre presente, dove le donne e gli uomini si mostrano come maschere da circo, ludicamente immersi in piena e perenne atmosfera festaiola”.
Dell’arte di Momò Calascibetta hanno scritto innumerevoli critici e scrittori. A cominciare da Sciascia che definisce la sua pittura come “il racconto dettagliato dell'imbestiamento di una classe di potere già sufficientemente imbestiata nella più lata avarizia e nella più lata rapacità (...)"; mentre Gesualdo Bufalino, a proposito del ciclo “Comiso Park” - raccolta di opere degli anni Ottanta in cui Momò denunciava nel suo stile la base missilistica della Nato nella bucolica terra iblea – scrisse nel 1985: “Con compiacimento di satiro greco mi mostrò la fantasmagoria orgiastica di giostre in movimento, gravate da una sessuata umanità sessuofobica e raccapricciante, sfacciata e tracotante, dilettuosamente lussuriosa e delittuosamente impegnata nelle danze della vita o della morte che l’America viene a giocare a casa mia: Comiso. Ed io non me ne ero accorto?”. Fino a Philippe Daverio, grande estimatore dell’arte di Momò tanto da aver voluto l’opera “Il gelato di Tarik” come scenografia della popolare trasmissione televisiva Passepartout (Rai3, anno 2005), e che nel 1994 per “Piazza della Vergogna”, dedicata al celebre complesso monumentale di Piazza Pretoria a Palermo, spiega come Momò rappresenti queste immagini “nella forza calma dei suoi personaggi, nella sua dolcezza rude con la potenza delle sue abilità grafiche”.
Alla mostra è dedicato un catalogo, in vendita al Convento del Carmine. Visite dal martedì alla domenica, dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 19. Ingresso libero. In occasione della Pasqua, domenica 9 aprile, la mostra sarà aperta solo nel pomeriggio. Chiusi per il lunedì di Pasquetta.
Si intitola “Momò Calascibetta. L’ironia del disincanto” (inaugurazione domenica 2 aprile, ore 18) ed è la mostra con cui la Pinacoteca di Marsala, a pochi mesi dalla prematura scomparsa, rende omaggio all’artista (Palermo 1949 – Erice 2022) che scelse questa città – la sua luce, il suo mare, i suoi vibranti tramonti sulle saline - di ritorno in Sicilia dopo trentacinque anni trascorsi a Milano.
Curatore del progetto espositivo è Enrico Caruso, architetto e già direttore dei Parchi archeologici di Morgantina, Monte Iato, Selinunte e Lilibeo-Marsala oltre che ex Soprintendente dei Beni Culturali e Ambientali di Trapani, che per gli spazi del convento ha immaginato due macrosezioni scandite in dieci nuclei narrativi. Oltre settanta le opere in mostra che, dal 1983 - quando iniziò l’avventura a Milano - fino all’estate del 2021, anno dell’ultima mostra al Museo Riso di Palermo, punteggiano l’arco narrativo di un’intera esistenza votata all’arte e alla pittura che ha preso il via a Palermo, con la prima mostra a Palazzo Vescovile curata da Maurizio Calvesi nel 1976, quindi a Milano a inizi anni Ottanta: una strategica piattaforma di lavoro da dove Calascibetta – architetto per formazione, artista autodidatta per vocazione - ha partecipato ad eventi d’arte nazionali e internazionali che hanno attirato l’attenzione di critici e personalità della cultura milanese come Mario De Micheli, Vincenzo Consolo, Gillo Dorfles, Marco Meneguzzo, Liana Bortolon e Giovanni Quadrio Curzio e culminati nel 2002 con la mostra–evento “Terromnia”, a cura di Philippe Daverio.
Al Convento del Carmine di Marsala la narrazione prende il via dal 1983, con il libro d’arte “Una commedia siciliana”, un racconto di Sciascia stampato a tiratura limitata e corredato da nove acqueforti di Calascibetta (oltre alle illustrazioni di Bartolo di Raffaele) che sarà esposto al Convento. “Osservatore attento ma certamente non neutro – spiega Caruso – Momò offre uno sguardo critico verso gli eventi che lo circondano e verso cui guarda attraverso la sua sottile e profonda vena ironica e, a volte, anche scanzonata. È consapevole della rovina quotidiana dell’umanità, verso cui nessun singolo può operare modifiche mentre all’artista è dato di segnalare i fatti, evidenziandone la scelleratezza e denunciandone la stoltezza. Per Momò tutto ciò è narrato con il disincanto di chi, da lontano e con un certo distacco, osserva l’umanità ridurre la propria vita in un “non impegno” sempre presente, dove le donne e gli uomini si mostrano come maschere da circo, ludicamente immersi in piena e perenne atmosfera festaiola”.
Dell’arte di Momò Calascibetta hanno scritto innumerevoli critici e scrittori. A cominciare da Sciascia che definisce la sua pittura come “il racconto dettagliato dell'imbestiamento di una classe di potere già sufficientemente imbestiata nella più lata avarizia e nella più lata rapacità (...)"; mentre Gesualdo Bufalino, a proposito del ciclo “Comiso Park” - raccolta di opere degli anni Ottanta in cui Momò denunciava nel suo stile la base missilistica della Nato nella bucolica terra iblea – scrisse nel 1985: “Con compiacimento di satiro greco mi mostrò la fantasmagoria orgiastica di giostre in movimento, gravate da una sessuata umanità sessuofobica e raccapricciante, sfacciata e tracotante, dilettuosamente lussuriosa e delittuosamente impegnata nelle danze della vita o della morte che l’America viene a giocare a casa mia: Comiso. Ed io non me ne ero accorto?”. Fino a Philippe Daverio, grande estimatore dell’arte di Momò tanto da aver voluto l’opera “Il gelato di Tarik” come scenografia della popolare trasmissione televisiva Passepartout (Rai3, anno 2005), e che nel 1994 per “Piazza della Vergogna”, dedicata al celebre complesso monumentale di Piazza Pretoria a Palermo, spiega come Momò rappresenti queste immagini “nella forza calma dei suoi personaggi, nella sua dolcezza rude con la potenza delle sue abilità grafiche”.
Alla mostra è dedicato un catalogo, in vendita al Convento del Carmine. Visite dal martedì alla domenica, dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 19. Ingresso libero. In occasione della Pasqua, domenica 9 aprile, la mostra sarà aperta solo nel pomeriggio. Chiusi per il lunedì di Pasquetta.
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