Sandy Skoglund. Visioni Ibride
![Sandy Skoglund, The Cocktail Party, 1992, color photograph approx. image size cm. 120x162.5 ca. Sandy Skoglund, The Cocktail Party, 1992, color photograph approx. image size cm. 120x162.5 ca.](http://www.arte.it/foto/600x450/a6/85503-THE-COCKTAIL-PARTY-1992_.jpg)
Dal 24 Gennaio 2019 al 31 Marzo 2019
Torino
Luogo: CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia
Indirizzo: via delle Rosine 18
Orari: 11-19; giovedì 11-21. Martedì Chiuso. Ultimo ingresso, 30 minuti prima della chiusura
Curatori: Germano Celant
Costo del biglietto: intero € 10, ridotto € 6 (fino a 26 anni, oltre 70 anni Soci Touring Club Italiano, Amici della Fondazione per l’Architettura, iscritti all’Ordine degli Architetti, iscritti AIACE, iscritti Enjoy, soci Slow Food, soci Centro Congressi Unione Industriale Torino, possessori Card MenoUnoPiuSei). Gratuito bambini fino a 12 anni, possessori Abbonamento Musei Torino Piemonte, possessori Torino+Piemonte Card, visitatori portatori di handicap e un loro familiare o altro accompagnatore
E-Mail info: camera@camera.to
Sito ufficiale: http://www.camera.to
Apre al pubblico il 24 gennaio 2019 negli spazi di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia, a Torino, l’importante mostra “Sandy Skoglund. Visioni Ibride”, prima antologica dell’artista statunitense Sandy Skoglund (1946), curata da Germano Celant.
La mostra riunisce lavori che vanno dagli esordi nei primi anni Settanta all’ancora inedita opera “Winter”, alla quale l’artista ha lavorato per oltre dieci anni. Sarà proprio questa immagine – accompagnata da alcune delle sculture create per l’installazione da cui è stata tratta la fotografia – il fulcro dell’esposizione: una spettacolare anteprima mondiale che conferma una volta di più l’unicità della sua ricerca e del suo linguaggio, formatisi in pieno clima concettuale per evolversi in un immaginario sospeso tra sogno e realtà, di straordinaria potenza evocativa.
La mostra permette dunque di seguire questo percorso attraverso oltre trenta lavori, quasi tutti di grande formato. Si va dalle prime serie fotografiche prodotte a metà anni Settanta, dove già emergono i temi caratteristici dell’interno domestico e della sua trasformazione in luogo di apparizioni tra comico e inquietante, fino alle grandi composizioni dei primi anni Ottanta, che hanno dato all’artista fama internazionale. In particolare, si ricordano le visionarie “Radioactive cats” del 1980 e “Revenge of the goldfish” del 1981, autentiche icone del periodo, rivisitazioni surreali e stranianti di ambienti famigliari dai colori improbabili, invasi da gatti verdi e pesci volanti. Come ha dichiarato l’artista, “credo che esista un contrasto tra l’aspetto della fantasia – gli animali sono come cartoon o fantasie – e la realtà. Poiché noi, in quanto esseri umani, ci consideriamo la principale forma di coscienza esistente in natura, ho scelto di popolare le mie immagini con animali per introdurre nella nostra esperienza questa coscienza alternativa”.
Le immagini di Skoglund nascono – sempre – dalla costruzione di un set, estremamente complesso, che l’artista poi fotografa: un procedimento che ben spiega la rarefatta produzione dell’artista e la peculiarità della suo percorso visuale, che è al tempo stesso installativo, scultoreo e fotografico. Elementi, tutti, che si ritrovano nella mostra torinese, dove alcune sculture rimandano alle fotografie e viceversa.
Tra le tante opere storiche che compongono quest’esposizione, si ricordano i venti scatti della serie “True Fiction Two”, realizzata tra 1986 e 2005, che è una lisergica interpretazione dell’American Way of Life, le spettacolari composizioni di “Fox Games” 1989 e “The Green House” 1990, con i loro ormai iconici animali, volpi rosse e cani viola. Seguono il balletto di “Shimmering Madness” 1998, dove le statue e le figure umane condividono lo stesso spazio in una folle coreografia e il visionario pic nic di “Raining Popcorn” 2001. Si giunge così alle due opere più recenti, “Fresh Hybrid” 2008 e l’inedito “Winter” 2018. Sono i primi due capitoli di una serie dedicata alle quattro stagioni, tra le opere più ambiziose e impegnative dell’artista: riflessioni non solo sull’arte, ma sulla vita, nel sempre più complesso rapporto tra essere umano e natura, tra realtà e artificio. Come ha scritto Sandy Skoglund, “per resistere all’istantanea, questa fotografia si muove alla velocità di un ghiacciaio. Il tempo resta immobile per un momento, ma solo dopo un lungo periodo di accumulazione e fatica. Ogni frammento di ‘Winter’ è stato scelto per esprimere la paura primaria della dipendenza umana dalla natura e dagli altri. Noi non siamo soli, e la nostra situazione è invariabilmente precaria”.
La mostra – che durerà sino al 23 marzo 2019 (prorogata al 31 marzo) ed è realizzata con la collaborazione della Galleria Paci contemporary di Brescia – è accompagnata da un volume monografico edito da Silvana Editoriale, anche in questo caso il primo in assoluto, curato da Germano Celant, in cui si ricostruisce l’intero percorso dell’artista attraverso l’intreccio della sua biografia con il suo procedere professionale, documentato dalla riproduzione di tutte le sue opere, accompagnate da note critiche e da un’ampia bibliografia.
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