Francesco Cabras. Scraps. Quello che resta
Dal 13 Febbraio 2014 al 09 Marzo 2014
Torino
Luogo: Mirafiori Galerie Mirafiori Motor Village
Indirizzo: piazza Cattaneo 9
Orari: da lunedì a venerdì 9-20; sabato 9-19.30; domenica 9.30-13 / 15-19.30
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 011 0042000
E-Mail info: i.delmonte@inevidence.it
Sito ufficiale: http://www.mirafiorimotorvillage.it
In collaborazione con Raffaella De Chirico Arte Contemporanea, Torino, la mostra “Scraps. Quello che resta”, del regista e fotografo Francesco Cabras (Roma, 1966), dopo le mostre di Capalbio (2011) e di Torino (2013), trova foce nella Galerie del Mirafiori Motor Village, una vera galleria d’arte all’interno del rivoluzionario polo promozionale, culturale e commerciale di Fiat Chrysler a Torino.
Una serie di scatti frutto di esperienze di lavoro e di viaggio che rispondono ad un intento espressivo ed intimo e non documentaristico o di reportage. Diversi sono i luoghi del mondo in cui Francesco ha trovato dei soggetti che rispondessero alla sua ricerca: Israele, India, Palestina, Messico, Indonesia, Iraq. Delle persone o dei luoghi che sceglie di immortalare, Francesco registra il passaggio, che sia esso geografico o mentale non ha importanza, ama documentarne il transito e la possibile trasformazione.
Lo scatto per esempio della bimba Kurda Irachena “Who are you III. Iraq” ci mostra un essere umano che sembra essere tra Cielo e Terra, di un’età per fisionomia appartenente all’infanzia e per intensità espressiva all’età adulta. O l’immagine di “Landscape with chair”, scattata a Leh, in Ladak, per la quale diventa inevitabile per il fruitore chiedersi la storia passata e futura di quella seggiola che sembra essere posizionata nel mezzo del nulla.
La scelta delle cornici segue lo stesso principio, di trasformazione. Da parte strutturale di un veicolo in movimento (vecchi
camion merci), diventa cornice, contenitore statico ma che torna ad accogliere, ad accompagnare.
Bruno di Marino, nel suo testo critico dedicato a Scraps, sottolinea che: “è il senso complessivo della serie ad emergere e a sedurre lo spettatore; la ricchezza di un lavoro variegato che sconfina dalla sua cornice per diventare di volta in volta rebus, collage, intervento pop, album di ritratti, racconto per dettagli, collezione di vedute, intervento di lettering, memoria in ordine sparso di tempo e di luogo”.
Del progetto fotografico, invece lo stesso Cabras racconta: “SCRAPS è quello che resta di viaggi, esperienze prolungate o estemporanee fuori dell’ambiente in cui sono cresciuto. Le immagini di questo progetto sono contenute, o meglio si inseriscono, dentro degli oggetti molto speciali, tanto che io non ho ben chiaro cosa contenga cosa. Si tratta di tavole, pezzi unici, irripetibili e irriproducibili che insieme alle stampe delle fotografie compongono delle storie, che siano esse cromatiche o tematiche. Queste cornici, benché il termine sia riduttivo, sono gli assi di legno che per decenni hanno costituito le pareti dei camion merci che attraversavano le frontiere di quasi tutta l’Asia, dall’Iran al Bangladesh, dal Tibet allo Sri Lanka. Quei camion sono diventati pachidermi in via d’estinzione, ne rimangono sempre meno sulle strade”.
È in via di preparazione un volume monografico sul lavoro di Francesco Cabras che ne raccoglie alcuni cicli di produzione e ricerca.
Una serie di scatti frutto di esperienze di lavoro e di viaggio che rispondono ad un intento espressivo ed intimo e non documentaristico o di reportage. Diversi sono i luoghi del mondo in cui Francesco ha trovato dei soggetti che rispondessero alla sua ricerca: Israele, India, Palestina, Messico, Indonesia, Iraq. Delle persone o dei luoghi che sceglie di immortalare, Francesco registra il passaggio, che sia esso geografico o mentale non ha importanza, ama documentarne il transito e la possibile trasformazione.
Lo scatto per esempio della bimba Kurda Irachena “Who are you III. Iraq” ci mostra un essere umano che sembra essere tra Cielo e Terra, di un’età per fisionomia appartenente all’infanzia e per intensità espressiva all’età adulta. O l’immagine di “Landscape with chair”, scattata a Leh, in Ladak, per la quale diventa inevitabile per il fruitore chiedersi la storia passata e futura di quella seggiola che sembra essere posizionata nel mezzo del nulla.
La scelta delle cornici segue lo stesso principio, di trasformazione. Da parte strutturale di un veicolo in movimento (vecchi
camion merci), diventa cornice, contenitore statico ma che torna ad accogliere, ad accompagnare.
Bruno di Marino, nel suo testo critico dedicato a Scraps, sottolinea che: “è il senso complessivo della serie ad emergere e a sedurre lo spettatore; la ricchezza di un lavoro variegato che sconfina dalla sua cornice per diventare di volta in volta rebus, collage, intervento pop, album di ritratti, racconto per dettagli, collezione di vedute, intervento di lettering, memoria in ordine sparso di tempo e di luogo”.
Del progetto fotografico, invece lo stesso Cabras racconta: “SCRAPS è quello che resta di viaggi, esperienze prolungate o estemporanee fuori dell’ambiente in cui sono cresciuto. Le immagini di questo progetto sono contenute, o meglio si inseriscono, dentro degli oggetti molto speciali, tanto che io non ho ben chiaro cosa contenga cosa. Si tratta di tavole, pezzi unici, irripetibili e irriproducibili che insieme alle stampe delle fotografie compongono delle storie, che siano esse cromatiche o tematiche. Queste cornici, benché il termine sia riduttivo, sono gli assi di legno che per decenni hanno costituito le pareti dei camion merci che attraversavano le frontiere di quasi tutta l’Asia, dall’Iran al Bangladesh, dal Tibet allo Sri Lanka. Quei camion sono diventati pachidermi in via d’estinzione, ne rimangono sempre meno sulle strade”.
È in via di preparazione un volume monografico sul lavoro di Francesco Cabras che ne raccoglie alcuni cicli di produzione e ricerca.
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