Carlo Steiner. Spore
Dal 24 Febbraio 2022 al 19 Maggio 2022
Torino
Luogo: Gagliardi e Domke
Indirizzo: Va Cervino 16
Orari: da martedì a venerdì 15.30-19.30
Curatori: Lorena Tadorni
Telefono per informazioni: +39 011-19700031
E-Mail info: info@gagliardiedomke.com
Sito ufficiale: http://www.gagliardiedomke.com
Dal 24 febbraio al 19 maggio Gagliardi e Domke presenta Spore, una mostra personale di Carlo Steiner, a cura di Lorena Tadorni, in cui l’artista espone per la prima volta al pubblico una trentina di opere, realizzate tra il 2018 e il 2021, frutto della sua recente ricerca sulla pittura.
Artista sperimentatore di tecniche e materiali espressivi inusuali, in questo ciclo di lavori Steiner per la prima volta si relaziona con la materia pittorica, e lo fa adottando come pigmento le spore fungine.
La natura è sempre stata una sua costante fonte di ispirazione. Dalle farfalle realizzate con farina e acqua – vere e proprie ostie – ai cristalli di neve fatti di materiale ferroso, Steiner ha esplorato il rapporto fra artificio e natura, fino a farlo diventare il centro della sua ricerca.
Da alcuni anni l’artista sta portando avanti un’attività di studio sull’universo micologico, a partire da un’originaria passione, quasi ancestrale, che da sempre lo porta nei boschi a scandagliare la vegetazione fungina. Mettendo insieme l’atto esplorativo, esperienza diretta che fonda il lavoro stesso, con la ricerca pittorica, Steiner ha fatto dell’impalpabilità delle spore la poetica dei suoi ultimi lavori.
La mostra da Gagliardi e Domke espone le opere recenti dell’artista, incentrate su questa ricerca.
«Dal 2012 raccolgo funghi e li “metto in posa” per far cadere le spore, nei vari colori, su lastre di vetro – spiega l’artista. Ho scelto di non usare funghi coltivati, ma di avvalermi di pigmenti di funghi selvatici e di utilizzare solo quelli per la composizione dell’immagine. Ciascuno lascia sfumature diverse, ad esempio l’amanita muscaria, rilascia il bianco, gli iantinosporei come l’hypholoma fasciculare o falso chiodino rilasciano un violetto, e poi ci sono i rodosporei, dalle spore rosa... A volte basta una notte per ottenere queste velature di pigmenti, altre volte due o tre giorni – continua – ma non tutti i funghi sono uguali, alcuni sono capricciosi, altri più facili.»
In un percorso che inizia nel 2012 per giungere fino a oggi, Carlo Steiner ha creato un vero e proprio processo di raccolta, sedimentazione e conservazione delle spore, direzionando parallelamente la sua ricerca sulla resa del colore e sulla forma per farne un’indagine sull’origine stessa della pittura. Perfezionando l’uso delle dime di cartone ha creato sagome in grado di “convogliare” le spore all’interno di forme prestabilite indagando un “prender forma” di ciò che l’artista chiama casualità controllata, una tecnica che prevede una lotta fra imprevedibilità e volontà, nel tentativo di riuscire a farle posizionare là dove si vuole. Le spore infatti non cadono dal fungo in verticale, a piombo, ma essendo estremamente volatili risentono di ogni minima corrente d’aria, spostandosi di conseguenza. Affascinato così dalla materia viva, e da come la casualità delle condizioni in cui viene reperita possa influenzare il rilascio del colore nella quantità voluta, sia essa determinata da un’insita deperibilità come da fattori climatici e legati al terreno, con la serie Spore Steiner mette in atto una sfida tra natura e artificio consapevole di affidarsi a un materiale certamente più "scomodo" della pittura tradizionale ma ricercando in esso possibilità e variazioni cromatiche dalla gamma assai ricca. Ed è da queste attese che, ponendosi in osservazione dei minimi spostamenti della materia, fa nascere tavole vitree in cui forme e colori condensano la leggerezza delle spore da cui si generano nella drammaticità di una tensione precaria ma al tempo stesso seducente.
L’atteggiamento di apertura e di sperimentazione di Steiner si manifesta anche nell’adesione al progetto SHAC dell’Associazione Culturale Babelica finanziato da Fondazione Crt: un percorso didattico di curatela collettiva della mostra affidato a una classe del quarto anno della scuola primaria G. E. Pestalozzi di Torino. Recentemente, anche il museo S.M.A.K. di Gent ha affidato ai bambini e alle bambine il riallestimento di una parte della collezione, e numerose sono le istituzioni che stanno lavorando in un’ottica di ampliamento del proprio pubblico, riservando un’attenzione speciale alle fasce che normalmente non fruiscono i progetti culturali. L’adesione al progetto SHAC di Carlo Steiner e della galleria Gagliardi e Domke permette di ripensare il processo curatoriale mettendolo in condivisione, proponendo un percorso di welfare culturale che crede nell’arte e nei linguaggi creativi come strumenti per integrare l’offerta formativa e contribuire a far crescere i cittadini e le cittadine di domani.
Carlo Steiner (1957, Terni) vive e lavora a Milano. Dopo il Liceo Classico si iscrive alla NABA / Nuova Accademia di Belle Arti dove studia scultura con Kengiro Azuma, storia dell’arte con Guido Ballo e enviromental design con Gianni Colombo. Negli anni novanta insegna alla NABA come assistente di scultura e tra dal 2007 al 2010 è docente di industrial design. Tra 1984 e 2011 lavora come grafico per quotidiani e riviste: Il Sabato, Avvenire, Amadeus, L’Eco di Bergamo. Tra le mostre personali recenti: nel 2013 realizza un’installazione all’interno del programma Conveying the Invisible, a cura di Sara Corona, per “No Longer Empty”, Queens Bvld, New York; nel 2005 e nel 2007 espone alla galleria Gagliardi Art System di Torino, e nel 2006 presso Roberta Lietti Arte Contemporanea, Como. Tra le mostre collettive: nel 2015 partecipa a “Why not?”, a cura di Chiara Massimello, presso la sede Ersel di Torino; nel 2013 espone a “Homo faber,” a cura di Mimmo Di Marzio, Castello Sforzesco, Milano; nel 2012 al festival Seminaria di Maranola (Formia); nel 2010 a “Interface”, a cura di Barbara D’Ambrosio e Silvano Manganaro al MLAC di Roma; nel 2007 alla mostra tematica “Linee all’orizzonte. Paesaggio tra descrizione e astrazione” a cura di Maurizio Sciaccaluga, Galleria d’Arte Moderna di Genova; nel 2006 alla mostra “Outlook #1 - Panorama italiano”, a cura di Luigi Fassi, Palazzo Bricherasio, Torino; nel 2005 a “Contemporanea 3”, a cura di Emma Gravagnuolo, Pinacoteca Comunale, Como. Nel 2006 è artista in residenza presso Hotel Pupik, Castello di Schrattenberg, Judenberg (Austria) e nel 2008 è selezionato tra i progetti speciali di Independence, presso lo spazio non profit 1:1 Project che operava tra Roma e Londra. Nel 2015 ha inaugurato la mostra “Ternità”, a Terni, sua città natale, a cura di Elisa Del Prete.
Inaugurazione 24 febbraio ore 18.00-21.00
Artista sperimentatore di tecniche e materiali espressivi inusuali, in questo ciclo di lavori Steiner per la prima volta si relaziona con la materia pittorica, e lo fa adottando come pigmento le spore fungine.
La natura è sempre stata una sua costante fonte di ispirazione. Dalle farfalle realizzate con farina e acqua – vere e proprie ostie – ai cristalli di neve fatti di materiale ferroso, Steiner ha esplorato il rapporto fra artificio e natura, fino a farlo diventare il centro della sua ricerca.
Da alcuni anni l’artista sta portando avanti un’attività di studio sull’universo micologico, a partire da un’originaria passione, quasi ancestrale, che da sempre lo porta nei boschi a scandagliare la vegetazione fungina. Mettendo insieme l’atto esplorativo, esperienza diretta che fonda il lavoro stesso, con la ricerca pittorica, Steiner ha fatto dell’impalpabilità delle spore la poetica dei suoi ultimi lavori.
La mostra da Gagliardi e Domke espone le opere recenti dell’artista, incentrate su questa ricerca.
«Dal 2012 raccolgo funghi e li “metto in posa” per far cadere le spore, nei vari colori, su lastre di vetro – spiega l’artista. Ho scelto di non usare funghi coltivati, ma di avvalermi di pigmenti di funghi selvatici e di utilizzare solo quelli per la composizione dell’immagine. Ciascuno lascia sfumature diverse, ad esempio l’amanita muscaria, rilascia il bianco, gli iantinosporei come l’hypholoma fasciculare o falso chiodino rilasciano un violetto, e poi ci sono i rodosporei, dalle spore rosa... A volte basta una notte per ottenere queste velature di pigmenti, altre volte due o tre giorni – continua – ma non tutti i funghi sono uguali, alcuni sono capricciosi, altri più facili.»
In un percorso che inizia nel 2012 per giungere fino a oggi, Carlo Steiner ha creato un vero e proprio processo di raccolta, sedimentazione e conservazione delle spore, direzionando parallelamente la sua ricerca sulla resa del colore e sulla forma per farne un’indagine sull’origine stessa della pittura. Perfezionando l’uso delle dime di cartone ha creato sagome in grado di “convogliare” le spore all’interno di forme prestabilite indagando un “prender forma” di ciò che l’artista chiama casualità controllata, una tecnica che prevede una lotta fra imprevedibilità e volontà, nel tentativo di riuscire a farle posizionare là dove si vuole. Le spore infatti non cadono dal fungo in verticale, a piombo, ma essendo estremamente volatili risentono di ogni minima corrente d’aria, spostandosi di conseguenza. Affascinato così dalla materia viva, e da come la casualità delle condizioni in cui viene reperita possa influenzare il rilascio del colore nella quantità voluta, sia essa determinata da un’insita deperibilità come da fattori climatici e legati al terreno, con la serie Spore Steiner mette in atto una sfida tra natura e artificio consapevole di affidarsi a un materiale certamente più "scomodo" della pittura tradizionale ma ricercando in esso possibilità e variazioni cromatiche dalla gamma assai ricca. Ed è da queste attese che, ponendosi in osservazione dei minimi spostamenti della materia, fa nascere tavole vitree in cui forme e colori condensano la leggerezza delle spore da cui si generano nella drammaticità di una tensione precaria ma al tempo stesso seducente.
L’atteggiamento di apertura e di sperimentazione di Steiner si manifesta anche nell’adesione al progetto SHAC dell’Associazione Culturale Babelica finanziato da Fondazione Crt: un percorso didattico di curatela collettiva della mostra affidato a una classe del quarto anno della scuola primaria G. E. Pestalozzi di Torino. Recentemente, anche il museo S.M.A.K. di Gent ha affidato ai bambini e alle bambine il riallestimento di una parte della collezione, e numerose sono le istituzioni che stanno lavorando in un’ottica di ampliamento del proprio pubblico, riservando un’attenzione speciale alle fasce che normalmente non fruiscono i progetti culturali. L’adesione al progetto SHAC di Carlo Steiner e della galleria Gagliardi e Domke permette di ripensare il processo curatoriale mettendolo in condivisione, proponendo un percorso di welfare culturale che crede nell’arte e nei linguaggi creativi come strumenti per integrare l’offerta formativa e contribuire a far crescere i cittadini e le cittadine di domani.
Carlo Steiner (1957, Terni) vive e lavora a Milano. Dopo il Liceo Classico si iscrive alla NABA / Nuova Accademia di Belle Arti dove studia scultura con Kengiro Azuma, storia dell’arte con Guido Ballo e enviromental design con Gianni Colombo. Negli anni novanta insegna alla NABA come assistente di scultura e tra dal 2007 al 2010 è docente di industrial design. Tra 1984 e 2011 lavora come grafico per quotidiani e riviste: Il Sabato, Avvenire, Amadeus, L’Eco di Bergamo. Tra le mostre personali recenti: nel 2013 realizza un’installazione all’interno del programma Conveying the Invisible, a cura di Sara Corona, per “No Longer Empty”, Queens Bvld, New York; nel 2005 e nel 2007 espone alla galleria Gagliardi Art System di Torino, e nel 2006 presso Roberta Lietti Arte Contemporanea, Como. Tra le mostre collettive: nel 2015 partecipa a “Why not?”, a cura di Chiara Massimello, presso la sede Ersel di Torino; nel 2013 espone a “Homo faber,” a cura di Mimmo Di Marzio, Castello Sforzesco, Milano; nel 2012 al festival Seminaria di Maranola (Formia); nel 2010 a “Interface”, a cura di Barbara D’Ambrosio e Silvano Manganaro al MLAC di Roma; nel 2007 alla mostra tematica “Linee all’orizzonte. Paesaggio tra descrizione e astrazione” a cura di Maurizio Sciaccaluga, Galleria d’Arte Moderna di Genova; nel 2006 alla mostra “Outlook #1 - Panorama italiano”, a cura di Luigi Fassi, Palazzo Bricherasio, Torino; nel 2005 a “Contemporanea 3”, a cura di Emma Gravagnuolo, Pinacoteca Comunale, Como. Nel 2006 è artista in residenza presso Hotel Pupik, Castello di Schrattenberg, Judenberg (Austria) e nel 2008 è selezionato tra i progetti speciali di Independence, presso lo spazio non profit 1:1 Project che operava tra Roma e Londra. Nel 2015 ha inaugurato la mostra “Ternità”, a Terni, sua città natale, a cura di Elisa Del Prete.
Inaugurazione 24 febbraio ore 18.00-21.00
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