Hiroshi Sugimoto. Theatres / Confession of Zero
Dal 17 Ottobre 2014 al 31 Gennaio 2015
San Gimignano | Siena
Luogo: Galleria Continua / Castello di Ama
Indirizzo: via del Castello 11
Orari: da lunedì a sabato 10-13 / 14-19 e su appuntamento
Telefono per informazioni: +39 0577 943134
E-Mail info: info@galleriacontinua.com
Sito ufficiale: http://www.galleriacontinua.com
Doppio appuntamento sabato 18 ottobre in Toscana: Castello di Ama per l’Arte contemporanea e Galleria Continua di San Gimignano / Beijing / Les Moulins hanno il piacere di accogliere uno dei più autorevoli interpreti della fotografia contemporanea, l’artista giapponese Hiroshi Sugimoto.
Dal 1999 il sodalizio tra Marco Pallanti e Lorenza Sebasti - appassionati collezionisti e proprietari della tenuta vitivinicola Castello di Ama - e Galleria Continua di San Gimignano / Beijing / Les Moulins, ha dato vita ad un progetto artistico-culturale che ha visto artisti di fama internazionale realizzare opere site specific in permanenza per il borgo di Ama, un piccolo gioiello di origini medievali incastonato tra le colline nel cuore del Chianti.
Castello di Ama per l’Arte contemporanea si arricchisce di un nuovo contibuto artistico, “Confession of Zero”, installazione che Hiroshi Sugimoto concepisce appositamante per la Collezione e che colloca all’interno della cappella settecentesca di Villa Ricucci. Realizzata in collaborazione con Galleria Continua, l’opera riflette sul concetto di assenza e sul mistero dell’esistenza.
In occasione dell’opening saranno visitabili anche le opere site specific realizzate ad Ama negli anni precedenti da Michelangelo Pistoletto, Daniel Buren, Giulio Paolini, Kendell Geers, Anish Kapoor, Chen Zhen, Carlos Garaicoa, Nedko Solakov, Cristina Iglesias, Louise Bourgeois, Ilya e Emilia Kabakov, Pascale Marthine Tayou.
Negli spazi espositivi di Galleria Continua Hiroshi Sugimoto presenta alcune foto inedite della serie “Theaters”, tra queste anche “Cinema Teatro Nuovo” (2014) che ritrae l’ex-cinema teatro di San Gimignano dove ha sede la galleria. Immagini quasi surreali in cui il tempo che passa, racchiuso a forza in una dimensione che non gli appartiene, si tramuta in luce che scava l'oscurità portando delicatamente a galla gli elementi della scena circostante.
Le prime fotografie di questa serie l’artista le realizza a partire dal 1978 scattando foto all'interno di teatri americani degli anni Venti e Trenta convertiti in sale cinematografiche, come il Radio City Music Hall di New York. L’idea è quella di condensare il corso del tempo e la percezione dello spazio in un singolo momento, uniformando il tempo di esposizione a quello della durata della proiezione del film. Così Sugimoto racconta l’illuminazione che lo portò alla creazione di questa serie: “Una sera ebbi una specie di allucinazione. Il botta-e-risposta interiore che seguì questa visione fu una cosa del tipo: "è possibile immortalare un intero film in un singolo fotogramma? E cosa otterrei?"; la risposta fu: "nient'altro che un rettangolo luminoso". Mi misi immediatamente all'opera per materializzare l'idea. Camuffato da turista, entrai in un cinema di seconda categoria dell'East Village di New York portando con me una fotocamera di grande formato. Non appena il film ebbe inizio, azionai l'otturatore con il diaframma alla massima apertura; due ore dopo, alla fine del film, chiusi l'otturatore. La sera stessa sviluppai la pellicola: la mia visione era lì, di fronte ai miei occhi”.
Dal 1999 il sodalizio tra Marco Pallanti e Lorenza Sebasti - appassionati collezionisti e proprietari della tenuta vitivinicola Castello di Ama - e Galleria Continua di San Gimignano / Beijing / Les Moulins, ha dato vita ad un progetto artistico-culturale che ha visto artisti di fama internazionale realizzare opere site specific in permanenza per il borgo di Ama, un piccolo gioiello di origini medievali incastonato tra le colline nel cuore del Chianti.
Castello di Ama per l’Arte contemporanea si arricchisce di un nuovo contibuto artistico, “Confession of Zero”, installazione che Hiroshi Sugimoto concepisce appositamante per la Collezione e che colloca all’interno della cappella settecentesca di Villa Ricucci. Realizzata in collaborazione con Galleria Continua, l’opera riflette sul concetto di assenza e sul mistero dell’esistenza.
In occasione dell’opening saranno visitabili anche le opere site specific realizzate ad Ama negli anni precedenti da Michelangelo Pistoletto, Daniel Buren, Giulio Paolini, Kendell Geers, Anish Kapoor, Chen Zhen, Carlos Garaicoa, Nedko Solakov, Cristina Iglesias, Louise Bourgeois, Ilya e Emilia Kabakov, Pascale Marthine Tayou.
Negli spazi espositivi di Galleria Continua Hiroshi Sugimoto presenta alcune foto inedite della serie “Theaters”, tra queste anche “Cinema Teatro Nuovo” (2014) che ritrae l’ex-cinema teatro di San Gimignano dove ha sede la galleria. Immagini quasi surreali in cui il tempo che passa, racchiuso a forza in una dimensione che non gli appartiene, si tramuta in luce che scava l'oscurità portando delicatamente a galla gli elementi della scena circostante.
Le prime fotografie di questa serie l’artista le realizza a partire dal 1978 scattando foto all'interno di teatri americani degli anni Venti e Trenta convertiti in sale cinematografiche, come il Radio City Music Hall di New York. L’idea è quella di condensare il corso del tempo e la percezione dello spazio in un singolo momento, uniformando il tempo di esposizione a quello della durata della proiezione del film. Così Sugimoto racconta l’illuminazione che lo portò alla creazione di questa serie: “Una sera ebbi una specie di allucinazione. Il botta-e-risposta interiore che seguì questa visione fu una cosa del tipo: "è possibile immortalare un intero film in un singolo fotogramma? E cosa otterrei?"; la risposta fu: "nient'altro che un rettangolo luminoso". Mi misi immediatamente all'opera per materializzare l'idea. Camuffato da turista, entrai in un cinema di seconda categoria dell'East Village di New York portando con me una fotocamera di grande formato. Non appena il film ebbe inizio, azionai l'otturatore con il diaframma alla massima apertura; due ore dopo, alla fine del film, chiusi l'otturatore. La sera stessa sviluppai la pellicola: la mia visione era lì, di fronte ai miei occhi”.
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