EYES IN THE SKY – Occhi verso il cielo
Dal 29 Maggio 2021 al 31 Agosto 2021
San Gimignano | Siena
Luogo: Galleria Continua
Indirizzo: Via del Castello 11
Orari: da lunedì a domenica, 10-13 / 14-19, su appuntamento
Telefono per informazioni: +39 0577943134
E-Mail info: info@galleriacontinua.com
Sito ufficiale: http://www.galleriacontinua.com
Galleria Continua è lieta di presentare “EYES IN THE SKY – Occhi verso il cielo” un progetto curatoriale di Luigi Fassi e Alberto Salvadori che raccoglie opere di Leila Alaoui, Kader Attia, Alejandro Campins, Jonathas De Andrade, Shilpa Gupta, Aziz Hazara, Jorge Macchi, Ahmed Mater, Susana Pilar, José Antonio Suárez Londoño, Nari Ward.
“In un testo del 1982 divenuto un classico della cultura contemporanea, “All That is Solid Melts into Air - The Experience of Modernity”, Marshal Berman definiva la modernità come l’insieme di tutti i tentativi da parte degli uomini e delle donne di diventare soggetti oltre che oggetti del mondo moderno per affermare la propria dignità e vivere nel mondo sentendosi in esso a casa propria. Essere moderni è così vivere un’esperienza dello spazio e del tempo, del sé e degli altri, delle possibilità e dei pericoli della vita, che promette avventura, potere, gioia, crescita, trasformazione di noi stessi e del mondo, e che allo stesso tempo minaccia di distruggere tutto ciò che abbiamo, tutto ciò che sappiamo, tutto ciò che siamo. Voler essere moderni implica per Berman vivere in modo aperto ed espansivo un crinale rischioso, dove comprendere la cultura e le forme della vita senza suddividerle in frammenti e casi separati, abitando un luogo dove tutti i tipi di attività artistiche, intellettuali, religiose e politiche possano essere viste come parte di un unico processo dialettico è in reciproca interazione creativa. È una dimensione aperta che crea le condizioni per il dialogo tra il passato, il presente e il futuro, attraversa lo spazio fisico e sociale allargando la visione della nostra prospettiva e mostra come nelle nostre vite ci sia più di quanto si pensi, dando ai nostri giorni una nuova risonanza e profondità. Ma è un’unità paradossale, avverte Berman, un’unità di disunità: riversa ognuno di noi in un vortice di perpetua disintegrazione e rinnovamento, di lotta e contraddizione, di possibile ambiguità e angoscia.
Ecco perchè la grande storia diviene più facile da capire e approcciare se il punto di vista adottato è quello che proviene dal basso, dalla visione dettata dalle singole presenze ed esperienze, dalle vicende del quotidiano che sono in alcuni casi delle tragedie. Prendersi cura di queste testimonianze di ogni giorno e avvicinarle significa accogliere posizioni e punti di vista personali, raccontando storie e osservazioni individuali che non sempre corrispondono alla versione della storia ufficiale. Questo è il lavoro a cui sono votati degli artisti che compongono la mostra “Eyes in the Sky”, l’esercizio di una pratica di ascolto in cui l’arte sia una continua fonte di nutrimento per la vita. Come un puzzle, le loro opere in mostra formano un’immagine più grande che può metterci nelle condizioni di mettere a fuoco la nostra idea, spesso fallacemente approssimativa, di ciò che in apparenza è inspiegabile, inafferrabile e lontano. In “Eyes in the Sky” il lavoro degli artisti agisce sulla memoria, per salvaguardarla e aiutarla a definirsi, creando immagini e ricordi. Il loro sforzo è quello di impedire alla nostra memoria di riprodurre avvenimenti in modo distorto, creando falsi ricordi, esperienze stranianti che reprimano la realtà viva fatta di immagini e vissuti reali ed autentici. Come si salva la vita dalle catastrofi che incombono su di essa? Il lavoro degli artisti solleva talvolta una domanda rispetto alla realtà senza filtri che la loro azione critica pone di fronte a noi: non sarebbe meglio tenere lontano il passato quando esso è troppo disturbante e fare lo stesso con il presente se questo è teatro di allarme e sconforto? Volgere lo sguardo altrove è una tentazione potente pur nella consapevolezza che tacere o reprimere non serve a far scomparire la narrazione di una verità o lo spettro della sua presenza.
La risposta a questi interrogativi è data da uno sguardo che si volge idealmente verso l’alto. In “Eyes in the Sky” gli artisti tengono gli occhi aperti verso il cielo, per costruire la storia senza subirla, attraversandone la durata e l’avventura, la materia concreta del tempo e la forma individuale e collettiva degli uomini.”
(Luigi Fassi e Alberto Salvadori).
“In un testo del 1982 divenuto un classico della cultura contemporanea, “All That is Solid Melts into Air - The Experience of Modernity”, Marshal Berman definiva la modernità come l’insieme di tutti i tentativi da parte degli uomini e delle donne di diventare soggetti oltre che oggetti del mondo moderno per affermare la propria dignità e vivere nel mondo sentendosi in esso a casa propria. Essere moderni è così vivere un’esperienza dello spazio e del tempo, del sé e degli altri, delle possibilità e dei pericoli della vita, che promette avventura, potere, gioia, crescita, trasformazione di noi stessi e del mondo, e che allo stesso tempo minaccia di distruggere tutto ciò che abbiamo, tutto ciò che sappiamo, tutto ciò che siamo. Voler essere moderni implica per Berman vivere in modo aperto ed espansivo un crinale rischioso, dove comprendere la cultura e le forme della vita senza suddividerle in frammenti e casi separati, abitando un luogo dove tutti i tipi di attività artistiche, intellettuali, religiose e politiche possano essere viste come parte di un unico processo dialettico è in reciproca interazione creativa. È una dimensione aperta che crea le condizioni per il dialogo tra il passato, il presente e il futuro, attraversa lo spazio fisico e sociale allargando la visione della nostra prospettiva e mostra come nelle nostre vite ci sia più di quanto si pensi, dando ai nostri giorni una nuova risonanza e profondità. Ma è un’unità paradossale, avverte Berman, un’unità di disunità: riversa ognuno di noi in un vortice di perpetua disintegrazione e rinnovamento, di lotta e contraddizione, di possibile ambiguità e angoscia.
Ecco perchè la grande storia diviene più facile da capire e approcciare se il punto di vista adottato è quello che proviene dal basso, dalla visione dettata dalle singole presenze ed esperienze, dalle vicende del quotidiano che sono in alcuni casi delle tragedie. Prendersi cura di queste testimonianze di ogni giorno e avvicinarle significa accogliere posizioni e punti di vista personali, raccontando storie e osservazioni individuali che non sempre corrispondono alla versione della storia ufficiale. Questo è il lavoro a cui sono votati degli artisti che compongono la mostra “Eyes in the Sky”, l’esercizio di una pratica di ascolto in cui l’arte sia una continua fonte di nutrimento per la vita. Come un puzzle, le loro opere in mostra formano un’immagine più grande che può metterci nelle condizioni di mettere a fuoco la nostra idea, spesso fallacemente approssimativa, di ciò che in apparenza è inspiegabile, inafferrabile e lontano. In “Eyes in the Sky” il lavoro degli artisti agisce sulla memoria, per salvaguardarla e aiutarla a definirsi, creando immagini e ricordi. Il loro sforzo è quello di impedire alla nostra memoria di riprodurre avvenimenti in modo distorto, creando falsi ricordi, esperienze stranianti che reprimano la realtà viva fatta di immagini e vissuti reali ed autentici. Come si salva la vita dalle catastrofi che incombono su di essa? Il lavoro degli artisti solleva talvolta una domanda rispetto alla realtà senza filtri che la loro azione critica pone di fronte a noi: non sarebbe meglio tenere lontano il passato quando esso è troppo disturbante e fare lo stesso con il presente se questo è teatro di allarme e sconforto? Volgere lo sguardo altrove è una tentazione potente pur nella consapevolezza che tacere o reprimere non serve a far scomparire la narrazione di una verità o lo spettro della sua presenza.
La risposta a questi interrogativi è data da uno sguardo che si volge idealmente verso l’alto. In “Eyes in the Sky” gli artisti tengono gli occhi aperti verso il cielo, per costruire la storia senza subirla, attraversandone la durata e l’avventura, la materia concreta del tempo e la forma individuale e collettiva degli uomini.”
(Luigi Fassi e Alberto Salvadori).
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