Yoko Ono e Claire Tabouret | One day I broke a mirror
Dal 04 Maggio 2017 al 02 Luglio 2017
Roma
Luogo: Accademia di Francia a Roma - Villa Medici
Indirizzo: viale Trinità dei Monti 1
Orari: da martedì a domenica dalle 10 alle 19 (ultimo ingresso alle 18.30). Chiuso il lunedì
Curatori: Chiara Parisi
Costo del biglietto: Mostra e visita guidata a Villa Medici e giardini: 12€ (tariffa intera) / 6€ (tariffa ridotta: giovani con meno di 25 anni, persone con più di 60 anni, disoccupati (dietro presentazione di un documento), insegnanti di storia dell’arte, borsisti e membri delle altre accademie e istituti stranieri con sede a Roma, possessori di una carta studente, Roma Pass, Metrobus, Carta più La Feltrinelli, Bibliocard, FAI, Romaeuropa card o Opera Card). Solo mostra: € 6, gratuito under 18
Telefono per informazioni: +39 06 67611
Sito ufficiale: http://www.villamedici.it
Dopo Annette Messager, l’Accademia di Francia a Roma apre Villa Medici a Yoko Ono e Claire Tabouret con la mostra One day I broke a mirror, dal 5 maggio al 2 luglio 2017.
È il secondo momento del ciclo di esposizioni Une, ideato dalla direttrice Muriel Mayette-Holtz e curato da Chiara Parisi.
One day I broke a mirror si annuncia come una tappa imperdibile nel ricco calendario internazionale di quest’anno, un’esposizione concepita dall’artista-icona Yoko Ono e da Claire Tabouret, classe 1981, rivelazione dell’ultima generazione.
Dalle Grandes Galeries alla Loggia, dai Giardini all’Atelier di Balthus, le opere delle due artiste dialogano come in un contrappunto musicale che trasforma Villa Medici in un unico progetto espositivo per due voci soliste.
One day I broke a mirror è il titolo creato da Yoko Ono per questa mostra, che esplora principalmente il decennio 1960-1970 della produzione di un’artista multidisciplinare, tanto attiva nella scena underground newyorkese da ridefinire e rappresentare assieme al movimento Fluxus - nel solco della ricerca di John Cage - l’arte di quel periodo. Tra “istruzioni”, coinvolgimento del “caso” ed esperienze sensoriali, le sue opere richiedono la partecipazione attiva del pubblico per essere complete e totali.
La critica verso ogni forma di guerra e l’armonia tra i popoli sono tematiche costanti nelle installazioni e nelle performance di Yoko Ono, così come il suo attivismo politico che si sublima in poesia, l’insofferenza per il convenzionale, l’adesione ai movimenti pacifici di protesta.
Questi e altri elementi risuonano nelle grandi tele di Claire Tabouret, nei suoi corpi imballati, corazzati, costretti. L’artista ha conquistato il riconoscimento della critica grazie alle sue tele dai colori acidi, stranianti e atemporali, le sue donne guerriere dallo sguardo risoluto, il suo esercito di bambini mascherati nell’atto di brandire lance luminose, a metà tra un quadro di Paolo Uccello e l’immaginario di Guerre stellari. Dopo la partecipazione alle mostre Shit and Die di Maurizio Cattelan e L’illusione della luce a Palazzo Grassi, nel 2014, Claire Tabouret torna in Italia con quaranta nuove produzioni realizzate nel suo atelier di Los Angeles, dove vive e lavora.
Se il percorso espositivo di One day I broke a mirror si apre con Sky TV (1966) - trenta monitor che trasmettono in tempo reale le immagini del cielo captate da una videocamera posizionata all’esterno di
Villa Medici - punto di partenza del confronto tra le due artiste è ancora un’opera di Yoko Ono, Painting to be Stepped on (1961), creata con l’idea di abitare il corpo evocato da orme impresse su una tela. Risponde Sitting (2016) di Claire Tabouret, un grande dipinto che ci parla del modo in cui si prende posto in un gruppo, in questo caso di donne, sedute in una posizione ferma e determinata. L’immagine irradia una serena tranquillità e al contempo la forza “del gruppo”: queste donne sono unite dall’energia che solo una convinta condivisione riesce a dare, sono sedute lì per rimanervi.
Le Istruzioni per ribaltare la percezione dello spazio, sovvertire le dimensioni e la staticità stessa della stanza, arrivano da Blue Room Event (1966), quindici frasi scritte sulle pareti e il soffitto della sala, mentre l’installazione Skyladders (1992) occupa l’ingresso delle Grandes Galeries con un gruppo di scale di legno, tutte diverse, come invito a non guardare la realtà da un’unica prospettiva; il video Freedom (1970), girato al ralenti, mostra Yoko Ono nell’atto di strappare il reggiseno che indossa, quale incitazione a liberarsi dalla costrizione dei legami sociali.
A queste opere fanno eco le donne forti, e insieme vulnerabili, ritratte da Claire Tabouret in una delle nuove produzione per la mostra a Villa Medici; avventuriere che sfidano il visitatore a intraprendere un viaggio attraverso i continenti e fuori dal tempo.
Una sorta di onda d’urto percorre tutta la mostra, un movimento che diventa protesta, una forma di insurrezione pacifica ma ferma, fatta da individui e da gruppi che si fronteggiano tenendosi testa, ciascuno con il suo gesto che diventa simbolo del proprio movimento e della propria resistenza quotidiana. Si tratta di un confronto e un dialogo costruttivi fra due artiste di generazioni differenti - come differente è il loro processo creativo -, ma unite da un’acuta riflessione sul ruolo dell’artista, sulla condizione tra l’essere nel mondo e il ritirarsi; tra l’essere guerriera, avventuriera e conquistatrice, e il desiderio di mettersi in disparte, di osservare la realtà con discrezione. Il gioco assume un ruolo fondante perché permette a entrambe di non prendersi troppo sul serio e liberarsi di forme di costrizione sociali e accademiche. Il gioco, quindi, come forza solidale, e strumento popolare che accomuna.
Sulla gradinata delle Galeries, le parole che si affastellano in Word painting (2007) di Yoko Ono, si riflettono nelle guerriere dal maquillage sbavato che sfilano nell’opera Make up (2017), introducendo la questione dell’individuo in rapporto al gruppo, centrale nel lavoro delle due artiste.
Claire Tabouret declina otto soggetti in trenta Monotypes (2017), opere realizzate attraverso una particolare tecnica di stampa, che sfuma i colori e i tratti dei personaggi in un sorprendente gioco di associazioni linguistiche e visive.
Nell’opera The Team (2016), sette donne sono imprigionate nello stesso drappo, come un unico corpo dal quale emergono diverse individualità; si specchiano in Wrapped chair (1966) di Yoko Ono, una sedia imballata con strisce di garza. Quest’opera, riattivata grazie alla collaborazione tra Yoko Ono e Claire Tabouret, ci proietta nella dimensione performativa che ha reso celebre l’artista-icona, richiamando la sua stessa performance Sky piece for Jesus Christ (1965) - un gruppo di performer avvolgevano i musicisti di un ensemble con delle garze fino a immobilizzarli -, riproposta eccezionalmente dalla JuniOrchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, il giorno dell’inaugurazione della mostra a Villa Medici.
L’acqua è un elemento fortemente simbolico nell’opera di Yoko Ono, così come è importante per la città di Roma; emblema di eguaglianza in quanto risorsa essenziale per la sussistenza. A Villa Medici, l’artista ripropone Water Event, presentata per la prima volta nel 1971 con il contributo di tanti suoi amici artisti, invitati a portare un contenitore al fine di realizzare una scultura d’acqua. Collaborarono 20 artisti tra cui Andy Warhol, John Cage, Jack Nicholson, Bob Dylan... Per Villa Medici, altri amici artisti risponderanno al nuovo invito.
Per Claire Tabouret l’acqua significa memoria. I colori, acquosi, che l’artista utilizza, riescono a creare un’atmosfera notturna ed evanescente dove tutto può accadere.
All’ingresso della Loggia, come sulla porta dell’edificio di John Lennon e Yoko Ono, Nutopian Embassy (1973), una targhetta in rame memorizza il nome del paese immaginario fondato dai due artisti per porre fine ai problemi di immigrazione di John Lennon.
I desideri, la speranza, lo scambio tra le persone, sono il motore delle tre opere di Yoko Ono installate nei giardini e nell'Atelier di Balthus. Play it by Trust (1966), nel cuore del Giardino, chiede la partecipazione dei visitatori per muovere le pedine, tutte bianche, su una grande scacchiera; il gioco ha una durata potenzialmente infinita, e la messa in scena vuole essere una metafora del bisogno di pace, per il quale Yoko Ono è attiva da sempre.
I visitatori che vogliono lasciare una traccia dei loro sogni sui Wish trees (1966), divengono parte di uno slancio collettivo; in Morning beam (1997), un centinaio di fili evocano i raggi del sole al mattino; attraversano lo studio di Balthus, dalla finestra al suolo, ancorate da un nodo da marinaio.
L’immagine dello specchio, presente nel titolo voluto da Yoko Ono, offre l’opportunità di un confronto ma anche di uno scontro; rompere lo specchio, infatti, significa anche passare attraverso e oltre. Una sorta di metafora di Villa Medici, con la sua architettura che sembra quasi voler proteggere la vita degli artisti dal rumore della strada; ma la furia della vita e dell’arte irrompono potentemente rompendo l’idillio rinascimentale.
Con Billboard (2017), parole dirette ed efficaci figurano sulle mura alle estremità di Villa Medici, sul Muro Torto e su quello del Pincio. Scoprire (Undercover) e Coprire (Cover) sono ‘concepite’ da Yoko Ono per One day I broke a mirror; parole chiave per interagire con la realtà e prendere una pausa dal bombardamento contemporaneo dell’immagine.
Un unico catalogo, della nuova collana dedicata all’arte contemporanea edita da Electa-Mondadori, consacra le due esposizioni. La pubblicazione, in versione italiana, francese e inglese, sulla scia del successo di critica e di pubblico riscosso dalla mostra di Annette Messager, include un carnet di note e di idee, insieme a un ampio apparato iconografico delle opere esposte, e non solo, delle due artiste.
Dopo Yoko Ono e Claire Tabouret, in ottobre sarà presentato il dialogo tra Camille Claudel e Elizabeth Peyton e, all’inizio del 2018, un face à face tra Katharina Grosse e Tatiana Trouvé.
Mediazione: nell’ambito del progetto di alternanza scuola-lavoro promosso dal Miur-Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, ogni giovedì dalle 16.30 alle ore 19.00 i visitatori potranno essere accompagnati da un’equipe di studenti per la mediazione in sala.
Inaugurazione giovedì 4 maggio ore 19
La performance "Sky piece for Jesus Christ" (1965) di Yoko Ono sarà riproposta eccezionalmente dalla JuniOrchestra dell’Accademia di Santa Cecilia alle 20 e 30.
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