Martin Soto Climent. Under the immortal skin
![Martin Soto Climent, Under the immortal skin, T293 Gallery, Roma Martin Soto Climent, Under the immortal skin, T293 Gallery, Roma](http://www.arte.it/foto/600x450/61/78759-soto.jpg)
Martin Soto Climent, Under the immortal skin, T293 Gallery, Roma
Dal 11 Maggio 2018 al 15 Giugno 2018
Roma
Luogo: T293 Gallery
Indirizzo: via Ripense 6
Orari: da martedì a venerdì 12-19; sabato 15-19
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 06 89825614
E-Mail info: info@t293.it
Sito ufficiale: http://www.t293.it/
Per celebrare i 10 anni di collaborazione con T293, Martin Soto Climent ha concepito e realizzato un progetto ambizioso, una mostra che aspira a rappresentare la concreta testimonianza di un momento di riflessione sulla vera essenza del proprio lavoro: l’essere umano e le sue relazioni con il prossimo e il mondo circostante. Una mostra che si alleggerisce di sovrastrutture e virtuosismi per interagire senza ostacoli con l’anima dello spettatore, invitato a percepire oltre che osservare.
Fedele a un metodo che si fonda su un’economia dei materiali al fine di valorizzare il messaggio e l’emozione che da esso deriva, Soto Climent è allaco stan te ricerca del gesto poetico che trasforma, senza produrre, ciò che è già nel mondo per dimostrare come da una semplice piega, intreccio o e stensionedi uno o più oggetti si possano aprire innumerevoli ‘finestre’ di percezione e comprensione. E’ questa capacità di animare l’inanimato che ci distingue come uomini; quel linguaggio simbolico rivelatore di immaginazione e coscienza che utilizziamo sempre più raramente perché sopraffatti da prodotti ormai privi di qualsiasi carica allegorica e perciò di significato. Per Soto Climent l’arte non deve soccombere a questa insensata sovrapproduzione ma cercare, sprigionare e condividere quell’invisibile energia.
Per questo progetto inedito, Soto Climent si ispira all’intervento di Socrate sulla natura dell’Amore contenuto nel Simposio di Platone e lo ripristina come metafora dell’azione creativa, sostenuta da quello slancio verso qualcosa di mancante ed estraneo da sé come afferma il filosofo greco. L’artista è perso in una giungla di trame e tessuti pensati per abiti, come leggings, bikini o reggiseni che, proprio per l’aderenza che li caratterizza, sono carichi di sostanzaumana e rappresentano una sorta di seconda pelle. Sono contorti e tesi, fragili e frangibili, proprio come l’essere umano che li indossa. Li manipola per disporli, per la prima volta, su pannelli di legno che diventano ulteriore strumento per lavorare con libertà e superare così la costrizione e i limiti delle quattro assi del telaio. I colori sono sgargianti, quasi ad emulare i travestimenti di quei rituali primitivi con cui si affidava a indumenti, accessori e maschere il tentativo di comunicare con il sovrumano. L’artista messicano attinge alla poetica di miti e tradizioni per parlare di un’arte che non è necessariamente produzione e innovazione, ma condivisione e unione.
Vernissage 11 maggio 2018 ore 18
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