Mario Cresci. Loro del tempo

Testa femminile c.d. Fanciulla Brunn - 320 - 310 a.C. Stampa giclé b/n su carta baritata, cm. 60 x 42
Dal 23 Giugno 2020 al 30 Ottobre 2020
Roma
Luogo: Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD)
Indirizzo: via di S. Michele 18
Sito ufficiale: http://www.iccd.beniculturali.it
Le immagini in bianco e nero esposte in mostra contribuiscono a riattivare i significati stratificati di alcune delle fotografie conservate in ICCD, una fruttuosa modalità per risvegliare tali depositi a distanza di tempo. E proprio al tempo rimanda il titolo del lavoro, che riprende una frase di André Breton: “Je cherche l'or du temps”. Una dichiarazione di intenti: l’instancabile ricerca di ciò che di prezioso e incorruttibile (come l’oro) persiste nel fluire del tempo. Il lavoro illumina di nuova “brillantezza” immagini che altre mani affidarono al tempo.
Il programma di ‘residenza d’artista’ è uno dei tanti progetti che l’Istituto sta portando avanti nell’ambito delle politiche sul contemporaneo che mirano, da un lato, a interrogare i materiali fotografici storici attraverso sguardi diversi, dall’altro a incrementare le collezioni con nuove produzioni. Il fatto che Cresci abbia da tempo rivolto la sua attenzione anche ai musei, alle istituzioni, alle collezioni, all’arte “fatta da altri” ha costituito un motivo in più per coinvolgerlo.
Nel corso delle sue visite in ICCD Cresci ha potuto così conoscere l’immenso patrimonio conservato, nutrire la sua curiosità per autori lontani nel tempo ma alle prese con lo stesso desiderio di esplorare il mezzo fotografico, ripercorrere generi e stili, approfondire gli aspetti tecnici della fotografia dell’800, toccando con mano albumine, aristotipi, dagherrotipi e carte salate.
Nel suo lavoro Cresci pone la rappresentazione della figura umana al centro della ricerca. Da un lato i ritratti del fondo di Mario Nunes Vais, fotografati a cavallo tra otto e novecento - palpitanti di vita, sguardi, carne e sangue -, dall’altro le fotografie di sculture per lo più di ambito greco-romano facenti parte dell’archivio del Gabinetto Fotografico Nazionale.
E così, l’affascinante ritratto dell’attrice Emma Gramatica o la Testa di Apollo Sauroktono, diventano pretesto per una serie di sperimentazioni visive ottenute alterando, isolando e reiterando alcuni particolari delle fotografie, pur nel rispetto – sempre presente in Cresci – dell’autore che le pensò in origine.
Alcune scelte formali sottolineano inoltre l’importanza che Cresci assegna alla natura ‘fisica’ dell’oggetto fotografico. L’utilizzo dei numeri di inventario al posto delle didascalie, l’inclusione del bordo nero del negativo nella stampa finale, così come la scelta grafica del catalogo (fogli sciolti racchiusi in una scatola di tipo conservativo) rimandano al concetto di archivio e ci ricordano che anche la collocazione fisica degli oggetti fotografici, nel loro destino errante, merita di essere osservata con intelligenza.
Come spiega Francesca Fabiani, curatrice della mostra e responsabile dei progetti sul contemporaneo dell’ICCD, “L’approccio di Cresci alla fotografia è globale: l’interesse per l’autore, per la storia, per la tecnica, per il soggetto e per l’oggetto fotografico, si sommano a quello per la fotografia intesa come linguaggio di segni, grammatica visiva, esperienza percettiva”.
La mostra è accompagnata da un libro d’artista, in copie numerate e firmate dall’autore, a tiratura limitata, edito da Postcart.
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