Le Vivandiere. Umili e dimenticate protagoniste del Risorgimento
Dal 30 Maggio 2013 al 16 Giugno 2013
Roma
Luogo: Museo di Roma in Trastevere
Indirizzo: piazza Sant'Egidio 1/b
Orari: da martedì a domenica 10-20
Enti promotori:
- Roma Capitale Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali
Costo del biglietto: intero € 7.50, ridotto € 6.50; residenti € 6.50/ € 5.50
Telefono per informazioni: +39 06 0608
E-Mail info: museodiroma.trastevere@comune.roma.it
Sito ufficiale: http://www.museodiromaintrastevere.it
Mercoledì 29 maggio 2013 la mostra “LE VIVANDIERE – Umili e dimenticate protagoniste del Risorgimento” verrà inaugurata a Roma presso il Museo di Roma in Trastevere che sarà aperta al pubblico fino al 16 giugno 2013.
Promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, dall’Associazione FIDAPA-BPW Italy (Federazione Italiana Donne Arti Professioni e Affari) Sezione di Roma e dalla Croce Rossa Italiana, curata dalla Dott.ssa Diana Nardacchione, l’esposizione vuole essere una testimonianza circa la partecipazione anche formale ed ufficiale delle donne alle battaglie del risorgimento.
Una serie di preziose tavole, concesse dalla Presidente Antonetta Carrabs della Sezione Fidapa Monza Brianza, riproducono rarissime e sconosciute iconografie dell’epoca con immagini dell’attività quotidiana delle vivandiere, inservienti militarizzate con incarichi logistici e sanitari nel XIX secolo, inizialmente cuoche e lavandaie, poi assistenti in ambito sanitario e, infine, protagoniste dell’opera lirica di Gaetano Donizetti, “La figlia del Reggimento”.
Il 29 maggio alle ore 16,00 è inoltre in programma un Convegno tenuto da illustri relatori, rappresentanti delle Istituzioni ed esponenti del mondo accademico.
Le vivandiere erano delle inservienti militarizzate che, all’epoca, svolgevano funzioni di lavanderia, vettovagliamento e rivendita di generi di conforto nell’ambito dei reparti militari. Fu proprio a partire dalle guerre napoleoniche che la loro funzione ancillare si contrasse e favore di quella che divenne nel tempo, sempre più, la loro più qualificante e prestigiosa attività: quella di infermiera o, meglio, di aiutante di sanità. Erano le vivandiere, infatti, assieme ai musicanti, in funzione di portaferiti, il personale che prestava servizio, durante le guerre d’indipendenza, nelle ambulanze (infermerie da campo).
Molte rimasero ferite od uccise ed un gran numero di loro venne decorato per il coraggio ed il senso del dovere profuso nell’andarsi a prendere i feriti, con le loro carrette, fin sulla linea del fuoco. Fu proprio a Solferino, nel 1859, che venne concepita quell’idea che avrebbe portato, cinque anni dopo, alla nascita della Croce Rossa.
La Bela Gigogin, protagonista della celebre canzone risorgimentale, era una vivandiera dei Bersaglieri di cui si tramanda, purtroppo, solo la versione dialettale piemontese (Gigogin) del nome (Teresina).
La loro presenza, encomiabile ed insostituibile a giudizio del militari, era per i politici un problema ideologico non da poco. Con la rivoluzione francese, infatti si era affermato il principio che il soldato non fosse più un professionista acriticamente al soldo del sovrano, ma un cittadino che difendeva le istituzioni ed i diritti riconosciuti. Come era possibile, tuttavia che le vivandiere concorressero a difendere delle istituzioni che le discriminavano e dei diritti di cui non godevano? Per questo motivo, fatti salvi di diritti acquisiti dalle vivandiere ancora in servizio, la loro presenza, durante le guerre d’indipendenza era in via di progressiva contrazione. Si era passati dalle sei vivandiere ogni cento soldati delle guerre di successione e della guerra dei sette anni, nel XVIII secolo, alle due vivandiere ogni battaglione nel XIX secolo.
Fu durante la brevissima epopea della Repubblica Romana, nel biennio 1848 – 1849, che si manifestò una improvvisa ed imprevedibile inversione di tendenza. L’articolo 12 di quella Costituzione della Repubblica Romana dalla quale deriva la nostra attuale Costituzione Repubblicana, prevedeva che la difesa delle istituzioni fosse obbligo per tutti i cittadini. La norma era ambigua ma venne da molti interpretata in senso estensivo, per cui, mentre gli eserciti austriaco, francese e borbonico incombevano sulle frontiere si iniziò ad addestrare alle armi anche le donne. Non ci fu il tempo e nemmeno, probabilmente, una volontà condivisa, di costituire dei reparti femminili. Trecento donne vennero ascritte come infermiere e un numero imprecisato venne assegnato ai reparti combattenti, non sempre e non solamente come vivandiere. Quante fossero non lo sappiamo. Siamo certi, però, che tra i 938 soldati morti per difendere la Repubblica Romana, tra i quali c’era il Capitano Goffredo Mameli, autore del testo del nostro inno nazionale, sei erano donne.
Promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, dall’Associazione FIDAPA-BPW Italy (Federazione Italiana Donne Arti Professioni e Affari) Sezione di Roma e dalla Croce Rossa Italiana, curata dalla Dott.ssa Diana Nardacchione, l’esposizione vuole essere una testimonianza circa la partecipazione anche formale ed ufficiale delle donne alle battaglie del risorgimento.
Una serie di preziose tavole, concesse dalla Presidente Antonetta Carrabs della Sezione Fidapa Monza Brianza, riproducono rarissime e sconosciute iconografie dell’epoca con immagini dell’attività quotidiana delle vivandiere, inservienti militarizzate con incarichi logistici e sanitari nel XIX secolo, inizialmente cuoche e lavandaie, poi assistenti in ambito sanitario e, infine, protagoniste dell’opera lirica di Gaetano Donizetti, “La figlia del Reggimento”.
Il 29 maggio alle ore 16,00 è inoltre in programma un Convegno tenuto da illustri relatori, rappresentanti delle Istituzioni ed esponenti del mondo accademico.
Le vivandiere erano delle inservienti militarizzate che, all’epoca, svolgevano funzioni di lavanderia, vettovagliamento e rivendita di generi di conforto nell’ambito dei reparti militari. Fu proprio a partire dalle guerre napoleoniche che la loro funzione ancillare si contrasse e favore di quella che divenne nel tempo, sempre più, la loro più qualificante e prestigiosa attività: quella di infermiera o, meglio, di aiutante di sanità. Erano le vivandiere, infatti, assieme ai musicanti, in funzione di portaferiti, il personale che prestava servizio, durante le guerre d’indipendenza, nelle ambulanze (infermerie da campo).
Molte rimasero ferite od uccise ed un gran numero di loro venne decorato per il coraggio ed il senso del dovere profuso nell’andarsi a prendere i feriti, con le loro carrette, fin sulla linea del fuoco. Fu proprio a Solferino, nel 1859, che venne concepita quell’idea che avrebbe portato, cinque anni dopo, alla nascita della Croce Rossa.
La Bela Gigogin, protagonista della celebre canzone risorgimentale, era una vivandiera dei Bersaglieri di cui si tramanda, purtroppo, solo la versione dialettale piemontese (Gigogin) del nome (Teresina).
La loro presenza, encomiabile ed insostituibile a giudizio del militari, era per i politici un problema ideologico non da poco. Con la rivoluzione francese, infatti si era affermato il principio che il soldato non fosse più un professionista acriticamente al soldo del sovrano, ma un cittadino che difendeva le istituzioni ed i diritti riconosciuti. Come era possibile, tuttavia che le vivandiere concorressero a difendere delle istituzioni che le discriminavano e dei diritti di cui non godevano? Per questo motivo, fatti salvi di diritti acquisiti dalle vivandiere ancora in servizio, la loro presenza, durante le guerre d’indipendenza era in via di progressiva contrazione. Si era passati dalle sei vivandiere ogni cento soldati delle guerre di successione e della guerra dei sette anni, nel XVIII secolo, alle due vivandiere ogni battaglione nel XIX secolo.
Fu durante la brevissima epopea della Repubblica Romana, nel biennio 1848 – 1849, che si manifestò una improvvisa ed imprevedibile inversione di tendenza. L’articolo 12 di quella Costituzione della Repubblica Romana dalla quale deriva la nostra attuale Costituzione Repubblicana, prevedeva che la difesa delle istituzioni fosse obbligo per tutti i cittadini. La norma era ambigua ma venne da molti interpretata in senso estensivo, per cui, mentre gli eserciti austriaco, francese e borbonico incombevano sulle frontiere si iniziò ad addestrare alle armi anche le donne. Non ci fu il tempo e nemmeno, probabilmente, una volontà condivisa, di costituire dei reparti femminili. Trecento donne vennero ascritte come infermiere e un numero imprecisato venne assegnato ai reparti combattenti, non sempre e non solamente come vivandiere. Quante fossero non lo sappiamo. Siamo certi, però, che tra i 938 soldati morti per difendere la Repubblica Romana, tra i quali c’era il Capitano Goffredo Mameli, autore del testo del nostro inno nazionale, sei erano donne.
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