James Beckett. The Guinness Curse
Dal 21 Marzo 2017 al 21 Aprile 2017
Roma
Luogo: T293 Gallery
Indirizzo: via Ripense 6
Orari: Martedì-Venerdì dalle 12 alle 19. Sabato dalle 15 alle 19. (possono variare, verificare sempre via telefono)
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 06 88980475
E-Mail info: info@t293.it
Sito ufficiale: http://www.t293.it/
T293 è lieta di presentare The Guinness Curse, la quarta personale di James Beckett in galleria. La mostra consiste in nuovo gruppo di lavori – una serie di assemblaggi disposti su parete e pavimento con cui l’artista indaga un tema centrale, la strana ed elevata incidenza di morti premature nella famiglia Guinness. Il progetto tocca temi che vanno dalla speculazione, al mito, alla superstizione fino alla stessa cultura pop.
In armonia con il vocabolario di Beckett, le opere si sviluppano attraverso una macabra sfera museologica che si serve di elementi formali per legittimare la narrazione. I lavori ritraggono elementi biografici di ciascun membro della famiglia combinandoli con mercanzie del birrificio stesso, un mélange che evoca il dramma attraverso il contrasto. Display a griglia, pannelli rivestiti di stoffa stampata e vetro colorato evocano un’austerità, che si avvicina a uno scenario di fatalità – sino al memoriale.
La famiglia Guinness è una grande dinastia aristocratica anglo-irlandese di fede protestante, nota per i suoi successi nel settore bancario, politico, religioso e persino della moda. L’attività più conosciuta è il birrificio Guinness fondato nel 1759 da Arthur Guinness, padre di 21 figli, di cui solo 10 giunti alla maturità. Quest’alto tasso di mortalità ha portato i media a coniare l’espressione ‘Guinness Curse’ (da qui il nome della mostra), in qualche modo ‘predestinata’ e destinata a ripetersi in tutta la storia della famiglia.
Beckett si rifà a questa denominazione dei media, unendo all’interno di display commemorativi elementi legati al birrificio e alle persone coinvolte. ‘The Curse’ viene esasperato al punto da apparire una sorta di horror di serie B, con cliché legati alla morte come le strisce di sangue tra pezzi di natura cruda. Quest’approccio rivela la vita nella sua inaccessibilità, rivolgendosi al dramma degli altri come a un modello di celebrazione alternativa. La mostra produce una forma d’intrattenimento superficiale e sinistro, come uno studio sul desiderio e sulla perdita.
Tara Brown, un ereditiero della famiglia Guinness, potrebbe essere un esempio calzante. Egli si è scontrato con un camion parcheggiato, deviando all’ultimo minuto e schiacciando il proprio corpo al fine di salvare la vita della sua passeggera, la modella Suki Potier. Questo evento si pensa abbia ispirato la canzone dei Beatle ‘A Day in the life’, con queste parole: He blew his mind out in a car; he hadn’t noticed that the lights had changed. Il display commemora questa morte utilizzando pezzi della macchina dello stesso modello guidato da Tara insieme a una varietà di grembiuli Guinness che raffigurano un tucano.
Quando la birra al malto ha cominciato a essere esportata nel mondo, il livello del luppolo è stato potenziato per garantire che rimanesse robusto passando per l’equatore ed essendo soggetto a cambiamenti di temperatura. Al tempo stesso due membri della famiglia furono scelti, per il loro ruoli formativi, come rappresentanti in angoli lontani del globo:
Walter Guinness (primo barone Moyne) fu assassinato dal gruppo terrorista Ebreo Lehi al Cairo nel 1944, a causa del suo incarico di Ministro di Stato Britannico in Medio Oriente. Come membro della House of Lords, Walter aveva viaggiato molto. Il suo viaggio iniziò in Papa Nuova Guinea, e lo portò a pubblicare “Walkabout – A Journey in Lands between The Pacific & Indian Oceans”. Le pagine di questo libro compaiono come estratti in una serie di lavori a muro.
Il predicatore Henry Grattan Guinness era responsabile della formazione, in tutto il mondo, di centinaia di missionari di fede, tra cui sua figlia. Lucy E. Guinness pubblicò ‘Across India at the Dawn of the 20th Century’ che narrava le sue speranze di convertire i ‘nativi pagani’ al cristianesimo. Pagine inarrestabili di versi preoccupati, illustrazioni e statistiche che ritraggono una nazione con un disperato bisogno di aiuto, tutto forse per giustificare il ruolo di Lucy che morì prematura di setticemia. Estratti di queste pagine e alcune fotografie formano lo scenario di questi ritratti nella mostra ‘The Guinness Curse’.
James Beckett lavora con diversi media ed esamina soggetti di natura storica, dallo sviluppo (e successiva scomparsa) dell’industria europea, agli aspetti più metafisici della rabdomanzia e del voodoo. I risultati di queste indagini esplorano le peculiarità del comportamento umano, con un assemblaggio manuale che pone il suo lavoro tra l’arte decorativa e la cruda realtà sociale. Le sue mostre recenti includono: 56 Biennale di Venezia, Padiglione del Belgio (IT); Utopia/Dystopia, MAAT (PT), 5 Biennale Thessaloniki (GR); Artspace, Aukland/Physics Room, (NZ). Ha pubblicato due monografie: “Works of James Beckett with Constant Interjections by Frank Key”, TWAAS/Koenig books (US); “James Beckett”, Kehrer Verlag (DE).
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