Giuseppe Ducrot scultore
Dal 19 Febbraio 2015 al 10 Maggio 2015
Roma
Luogo: MACRO Testaccio
Indirizzo: piazza Orazio Giustiniani 4
Orari: da martedì a domenica, ore 16.00-22
Curatori: Achille Bonito Oliva
Enti promotori:
- Roma Capitale
- Assessorato alla Cultura e Turismo - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali
Costo del biglietto: intero non residenti 8,50 €, residenti 7,50 €. Ridotto non residenti 7,50 €, residenti 6,50 €
Telefono per informazioni: +39 06 67 10 70 400
E-Mail info: macro@museomacro.org
Sito ufficiale: http://www.museomacro.org
Il prossimo 19 febbraio si inaugura negli spazi espositivi di MACRO Testaccio la grande mostra di Giuseppe Ducrot, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura e Turismo - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e curata da Achille Bonito Oliva. Una straordinaria galleria di sculture, dai grandi modelli in resina ai bozzetti in ceramica, dalle straordinarie invenzioni in terracotta invetriata alle scenografiche forme neobarocche, che si snoda in un percorso di inattese contaminazioni tematiche e materiche.
La mostra, aperta al pubblico dal 20 febbraio al 10 maggio 2015, riflette la libertà compositiva di Giuseppe Ducrot, derivata da una combinazione e contaminazione di stili e di riferimenti all’antico, riletti con una sensibilità moderna, un binomio scaturito da una riflessione concettuale approfondita su di una estetica dello scolpire, condotta in solitaria autonomia. Una tenace manualità che rappresenta l’anello di congiunzione fra antico e contemporaneo, raggiunta con una raffinatissima tecnica della lavorazione dei materiali.
Alla dissoluzione della scultura, condannata come “lingua morta” già da Arturo Martini, Ducrot contrappone una centralità di un tempo etico proprio dell’artista, nel quale convivono ideazione, gestazione e realizzazione del manufatto, lontano sideralmente dalla smaterializzazione dell’arte contemporanea, dal primato dell’idea sulla materia. Scrive, al riguardo, Bonito Oliva: “E' così che nella materia stessa della sua opera, che sia marmo o oro, terracotta o bronzo risuona l'interrogante elaborarsi della forma. Un corpo a corpo sensibile, ma non emotivo, perché ordito da un vigile sistema combinatorio, virtù del compimento e passione del dettaglio.”
Il suo instancabile procedere sulle traiettorie parallele della citazione e dell’invenzione, della costruzione e della dissoluzione della forma, viene presentato negli spazi di MACRO Testaccio, in un percorso espositivo articolato in quattro sezioni - Genius loci, Committenza, Materia, Vanitas - dedicate al processo creativo dello scultore romano.
Il genius loci si concretizza nel rapporto indissolubile che Ducrot ha maturato negli anni con la Città Eterna, la committenza pubblica ha rivestito un ruolo fondamentale nella produzione artistica dello scultore. Le opere realizzate per S. Maria degli Angeli, la Basilica di San Pietro, la cattedrale di Noto, tutte documentate nei vari modelli e bozzetti presentati in mostra, testimoniano un legame indissolubile con l’arte sacra, in un continuo reinventare forme e canoni scultorei che, pur guardando al classico, si contraddistinguono per una modernissima autonomia compositiva.
Mentre la materia costituisce una solidissima cartina di tornasole dell’abilità dimostrata negli anni da Ducrot di lavorare sulle gerarchie dei volumi, sui rapporti di pieno e di vuoto, sui raccordi e le soluzioni formali tra massa e superficie. Scolpisce il marmo, modella l’argilla e la ceramica invetriata, mentre con la tecnica della fusione a cera persa esegue nel corso degli anni bronzi di straordinaria fattura.
Infine, il tema della vanitas, posta al centro della riflessione condotta da Ducrot sulla caducità della materia e sulla finitudine dell’esistenza, viene incarnata dalla serie di teschi, presentati in mostra, che rimandano al continuo rifarsi di Ducrot alla grande arte barocca del passato, ridando vita ad una riflessione sul senso del limite, arricchita dalle inquietudini dell’uomo contemporaneo.
Il catalogo, edito da Quodlibet e curato da Achille Bonito Oliva e Benedetta Carpi de Resmini, contiene, oltre al saggio di Achille Bonito Oliva, testi di Sandro Barbagallo, Michele Brescia, Patrizia Cavalli e Niccolò Ammaniti e un ricco dossier di immagini contenente le opere esposte, corredato da una esaustiva bio-bibliografia dell’artista.
In mostra sarà proiettato un corto documentario di Chiara Nano (durata: 26'05”), dal titolo "L'Ultima Nicchia”, dedicato alle fasi di lavorazione del S. Annibale Maria di Francia, statua monumentale in marmo di Carrara collocata in una nicchia esterna della Basilica di San Pietro in Vaticano, la cui lavorazione ha richiesto 4 anni, tra Roma e Pietrasanta.
Giuseppe Ducrot nasce nel 1966 a Roma, dove vive e lavora attualmente. La sua carriera artistica trae origine con l’esercizio nella tecnica della pittura a tempera e del disegno. Fonte d’ispirazione delle opere realizzate nei primi anni della sua attività sono l’arte classica della Roma imperiale, la scultura ellenistica, ma anche le invenzioni scenografiche del barocco, rilette alla luce di una inedita sensibilità contemporanea, al fine di costruire elaborate figure mitologiche e di santi. La sua sofisticata operazione di sintesi culturale, concettuale e provocatoria a un tempo, culmina con la realizzazione nel 1996 del busto di Marco Aurelio giovane per la facciata del Museo Borghese a Roma e dell’Erma di Ninfa per piazza Capo di Ferro, sempre nella capitale. Nell’anno del Giubileo, il 2000, realizza un intero programma decorativo liturgico per la cattedrale di Norcia, realizzando l’ambone, il trono, l’altare e la statua di San Benedetto (ora a Spoleto); mentre con la serie di pastelli eseguiti per il film diretto da Marco Tullio Giordana, I cento passi, raggiunge una certa popolarità anche fra i non addetti ai lavori. Il 2003 è un anno cruciale per il percorso artistico di Ducrot: la città di Cassino gli commissiona il monumento a San Benedetto, inaugurato due anni più tardi. L’artista romano si cimenta così per la prima volta con la tipologia di scultura monumentale pensata per uno spazio pubblico, approfondendo il discorso critico sulla funzionalità dell’opera, concepita in stretta relazione col contesto paesaggistico o architettonico. Una riflessione che prosegue nel 2005 con la commissione della statua di San Giovanni Battista per la basilica di Santa Maria degli Angeli a Roma, inaugurata nel 2012, e nel 2009, con la realizzazione della statua di Sant’Annibale Maria di Francia, collocata nel 2010 in una nicchia esterna della basilica di San Pietro. E’ il preludio alla partecipazione alla 54esima Biennale di Venezia, dove, all’interno del Padiglione italiano, presenta un’opera tratta dalla serie dei Cavalieri su sarcofaghi. L’anno successivo Ducrot viene coinvolto, assieme ad altri protagonisti della scena artistica contemporanea italiana, nel restauro della cattedrale di Noto, dove nell’area del presbiterio realizza l’altare, l’ambone e la croce in bronzo argentato con basi in diaspro di Sicilia. Accanto alla sua attività legata a committenze private e pubbliche, Ducrot da alcuni anni sperimenta, in piena autonomia creativa, soluzioni tecniche e formali lavorando materie quali la ceramica, la terracotta invetriata, con le quali dà corpo alla sua ricerca sui violenti contrasti cromatici, sulla dissoluzione della forma, sul rapporto spesso conflittuale fra opera e spazio fisico, dando libero sfogo alla sua imprevedibile scioltezza e facilità espressiva.
La mostra, aperta al pubblico dal 20 febbraio al 10 maggio 2015, riflette la libertà compositiva di Giuseppe Ducrot, derivata da una combinazione e contaminazione di stili e di riferimenti all’antico, riletti con una sensibilità moderna, un binomio scaturito da una riflessione concettuale approfondita su di una estetica dello scolpire, condotta in solitaria autonomia. Una tenace manualità che rappresenta l’anello di congiunzione fra antico e contemporaneo, raggiunta con una raffinatissima tecnica della lavorazione dei materiali.
Alla dissoluzione della scultura, condannata come “lingua morta” già da Arturo Martini, Ducrot contrappone una centralità di un tempo etico proprio dell’artista, nel quale convivono ideazione, gestazione e realizzazione del manufatto, lontano sideralmente dalla smaterializzazione dell’arte contemporanea, dal primato dell’idea sulla materia. Scrive, al riguardo, Bonito Oliva: “E' così che nella materia stessa della sua opera, che sia marmo o oro, terracotta o bronzo risuona l'interrogante elaborarsi della forma. Un corpo a corpo sensibile, ma non emotivo, perché ordito da un vigile sistema combinatorio, virtù del compimento e passione del dettaglio.”
Il suo instancabile procedere sulle traiettorie parallele della citazione e dell’invenzione, della costruzione e della dissoluzione della forma, viene presentato negli spazi di MACRO Testaccio, in un percorso espositivo articolato in quattro sezioni - Genius loci, Committenza, Materia, Vanitas - dedicate al processo creativo dello scultore romano.
Il genius loci si concretizza nel rapporto indissolubile che Ducrot ha maturato negli anni con la Città Eterna, la committenza pubblica ha rivestito un ruolo fondamentale nella produzione artistica dello scultore. Le opere realizzate per S. Maria degli Angeli, la Basilica di San Pietro, la cattedrale di Noto, tutte documentate nei vari modelli e bozzetti presentati in mostra, testimoniano un legame indissolubile con l’arte sacra, in un continuo reinventare forme e canoni scultorei che, pur guardando al classico, si contraddistinguono per una modernissima autonomia compositiva.
Mentre la materia costituisce una solidissima cartina di tornasole dell’abilità dimostrata negli anni da Ducrot di lavorare sulle gerarchie dei volumi, sui rapporti di pieno e di vuoto, sui raccordi e le soluzioni formali tra massa e superficie. Scolpisce il marmo, modella l’argilla e la ceramica invetriata, mentre con la tecnica della fusione a cera persa esegue nel corso degli anni bronzi di straordinaria fattura.
Infine, il tema della vanitas, posta al centro della riflessione condotta da Ducrot sulla caducità della materia e sulla finitudine dell’esistenza, viene incarnata dalla serie di teschi, presentati in mostra, che rimandano al continuo rifarsi di Ducrot alla grande arte barocca del passato, ridando vita ad una riflessione sul senso del limite, arricchita dalle inquietudini dell’uomo contemporaneo.
Il catalogo, edito da Quodlibet e curato da Achille Bonito Oliva e Benedetta Carpi de Resmini, contiene, oltre al saggio di Achille Bonito Oliva, testi di Sandro Barbagallo, Michele Brescia, Patrizia Cavalli e Niccolò Ammaniti e un ricco dossier di immagini contenente le opere esposte, corredato da una esaustiva bio-bibliografia dell’artista.
In mostra sarà proiettato un corto documentario di Chiara Nano (durata: 26'05”), dal titolo "L'Ultima Nicchia”, dedicato alle fasi di lavorazione del S. Annibale Maria di Francia, statua monumentale in marmo di Carrara collocata in una nicchia esterna della Basilica di San Pietro in Vaticano, la cui lavorazione ha richiesto 4 anni, tra Roma e Pietrasanta.
Giuseppe Ducrot nasce nel 1966 a Roma, dove vive e lavora attualmente. La sua carriera artistica trae origine con l’esercizio nella tecnica della pittura a tempera e del disegno. Fonte d’ispirazione delle opere realizzate nei primi anni della sua attività sono l’arte classica della Roma imperiale, la scultura ellenistica, ma anche le invenzioni scenografiche del barocco, rilette alla luce di una inedita sensibilità contemporanea, al fine di costruire elaborate figure mitologiche e di santi. La sua sofisticata operazione di sintesi culturale, concettuale e provocatoria a un tempo, culmina con la realizzazione nel 1996 del busto di Marco Aurelio giovane per la facciata del Museo Borghese a Roma e dell’Erma di Ninfa per piazza Capo di Ferro, sempre nella capitale. Nell’anno del Giubileo, il 2000, realizza un intero programma decorativo liturgico per la cattedrale di Norcia, realizzando l’ambone, il trono, l’altare e la statua di San Benedetto (ora a Spoleto); mentre con la serie di pastelli eseguiti per il film diretto da Marco Tullio Giordana, I cento passi, raggiunge una certa popolarità anche fra i non addetti ai lavori. Il 2003 è un anno cruciale per il percorso artistico di Ducrot: la città di Cassino gli commissiona il monumento a San Benedetto, inaugurato due anni più tardi. L’artista romano si cimenta così per la prima volta con la tipologia di scultura monumentale pensata per uno spazio pubblico, approfondendo il discorso critico sulla funzionalità dell’opera, concepita in stretta relazione col contesto paesaggistico o architettonico. Una riflessione che prosegue nel 2005 con la commissione della statua di San Giovanni Battista per la basilica di Santa Maria degli Angeli a Roma, inaugurata nel 2012, e nel 2009, con la realizzazione della statua di Sant’Annibale Maria di Francia, collocata nel 2010 in una nicchia esterna della basilica di San Pietro. E’ il preludio alla partecipazione alla 54esima Biennale di Venezia, dove, all’interno del Padiglione italiano, presenta un’opera tratta dalla serie dei Cavalieri su sarcofaghi. L’anno successivo Ducrot viene coinvolto, assieme ad altri protagonisti della scena artistica contemporanea italiana, nel restauro della cattedrale di Noto, dove nell’area del presbiterio realizza l’altare, l’ambone e la croce in bronzo argentato con basi in diaspro di Sicilia. Accanto alla sua attività legata a committenze private e pubbliche, Ducrot da alcuni anni sperimenta, in piena autonomia creativa, soluzioni tecniche e formali lavorando materie quali la ceramica, la terracotta invetriata, con le quali dà corpo alla sua ricerca sui violenti contrasti cromatici, sulla dissoluzione della forma, sul rapporto spesso conflittuale fra opera e spazio fisico, dando libero sfogo alla sua imprevedibile scioltezza e facilità espressiva.
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