Adolfo Franzò. Ciao, Maschio. Il Cinema Italiano Ritratto al Maschile
Dal 12 Luglio 2014 al 31 Agosto 2014
Riccione | Rimini
Luogo: Villa Mussolini
Indirizzo: lungomare della Repubblica
Orari: 18-23
Enti promotori:
- Istituzione Riccione per La Cultura - Comune di Riccione
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 0541 1741826
E-Mail info: info@leftloop.com
Sito ufficiale: http://www.ciaomaschio.it/
Un po’ per gioco e un po’ per piacere, per il nome di questa personale fotografica ho preso in prestito il titolo di uno dei film Italiani più noti del maestro Marco Ferreri.
La realizzazione della mostra è un viaggio fotografico per ritratti, rigorosamente in bianco e nero, nomi, espressioni, sguardi, movenze, attimi vissuti in più di trent’anni di attività, sono andati a creare questa galleria di settanta immagini relative agli attori principali del Cinema Italiano.
I rappresentanti più forti di questa “mascolinità” cinematografica sono stati Giancarlo Giannini, indimenticabile protagonista di film quali “Mimì metallurgico” e “Travolti da un insolito destino in un azzurro mare d’Agosto”, e Lando Buzzanca, ironico interprete de “Il Merlo Maschio”.
Accanto ad essi, Bentivoglio, Abatantuono, Fantastichini, Servillo ed altri realizzano un ideale passaggio di testimone a Favino, Accorsi, Scamarcio, Germano, Bova, Rossi Stuart, Argentero, Santamaria, Gassmann e altri rappresentanti della generazione più recente. Nelle loro immagini, il fascino e la seduttività dell’essere maschio vengono espressi dagli sguardi talvolta in maniera decisa, altre più sottintesa, soffusa, meno ostentata, quasi attonita.
Dal punto di vista tecnico ed emotivo, ogni singola immagine di questa mostra ha naturalmente dietro di sé ricordi differenti, legati soprattutto al rapporto di fiducia che si è istintivamente creato con ogni attore durante gli scatti. Trovarsi davanti ad una macchina fotografica non è come stare davanti alla cinepresa; chi ha reagito con il piacere di non indossare una maschera, chi in modo più formale interpretando, chi ha mostrato la propria timidezza, chi ha ostentato vanità, chi ha sdrammatizzato con ironia, chi si è divertito a posare… anche le reazioni inaspettate sono state interessanti e mi hanno dato una piacevole sensazione di complicità.
Credo e spero di aver colto in ognuno degli attori ritratti la loro più essenziale istintività nel posare davanti al mio obiettivo, cercando di rappresentarla nel miglior modo possibile magari catturando un semplice sguardo, un’improvvisata postura, un sottinteso movimento della testa, una barba trascurata, una luce giocata ad arte.
“Se, parafrasando la Vivien Leigh di “Un tram che si chiama desiderio”, la seduzione è al 50% illusione, osservando i ritratti di Adolfo Franzò agli attori italiani della nuova generazione, possiamo pensare che l’altro 50% sia dovuto ad una buona fotografia. Con la mostra “Ciao, Maschio” (laconico saluto o malinconico commiato?), Franzò ha cercato di rappresentare l’uomo-alfa dei nostri tempi: l’attore. Seducente ma anche ingannatore, virile ma anche ambiguo. Franzò evita barriere e trasforma la sua macchina fotografica in uno specchio che pone di fronte ai suoi soggetti e ne restituisce il riflesso. Davanti a uno specchio non si sfugge, bisogna lasciarsi andare, avere fiducia. Abituato a comunicare attraverso la recitazione, che è fatta di gesti e intonazioni, sorrisi e sguardi, l’attore sa che su un set fotografico ha meno armi a sua disposizione. Un bravo ritrattista deve fargliele usare tutte. Magari col non nascondere, semmai a rendere ancora più visibili, le rughe agli angoli degli occhi (ironia?) o quelle degli angoli della bocca (amarezza?). Non dovrebbe ricorrere ad artifizi che non portano da nessuna parte. Concentrarsi sullo sguardo, certo, ma anche sulla posizione delle mani o su un gesto improvviso. Tranquillizzare l’attore più restio a lasciarsi andare e contenere quello più esuberante che tende a sfuggire. Cercare in uno sguardo la verità ma anche il sentimento. Una volta una mia collega di People Magazine mi disse che un buon ritratto maschile non doveva mai turbare le sue lettrici. Il soggetto doveva apparire non come un uomo per il quale una donna sarebbe potuta finire nei guai ma nemmeno con il quale si sarebbe annoiata a morte. Magari doveva farle venire la voglia di ballarci insieme. Ma sempre e comunque doveva provocarle una reazione fisica.
Se in un servizio c’è anche una sola foto del genere, per me è già un gran successo. In quelli commissionati ad Adolfo Franzò trovo sempre almeno tre.”
La realizzazione della mostra è un viaggio fotografico per ritratti, rigorosamente in bianco e nero, nomi, espressioni, sguardi, movenze, attimi vissuti in più di trent’anni di attività, sono andati a creare questa galleria di settanta immagini relative agli attori principali del Cinema Italiano.
I rappresentanti più forti di questa “mascolinità” cinematografica sono stati Giancarlo Giannini, indimenticabile protagonista di film quali “Mimì metallurgico” e “Travolti da un insolito destino in un azzurro mare d’Agosto”, e Lando Buzzanca, ironico interprete de “Il Merlo Maschio”.
Accanto ad essi, Bentivoglio, Abatantuono, Fantastichini, Servillo ed altri realizzano un ideale passaggio di testimone a Favino, Accorsi, Scamarcio, Germano, Bova, Rossi Stuart, Argentero, Santamaria, Gassmann e altri rappresentanti della generazione più recente. Nelle loro immagini, il fascino e la seduttività dell’essere maschio vengono espressi dagli sguardi talvolta in maniera decisa, altre più sottintesa, soffusa, meno ostentata, quasi attonita.
Dal punto di vista tecnico ed emotivo, ogni singola immagine di questa mostra ha naturalmente dietro di sé ricordi differenti, legati soprattutto al rapporto di fiducia che si è istintivamente creato con ogni attore durante gli scatti. Trovarsi davanti ad una macchina fotografica non è come stare davanti alla cinepresa; chi ha reagito con il piacere di non indossare una maschera, chi in modo più formale interpretando, chi ha mostrato la propria timidezza, chi ha ostentato vanità, chi ha sdrammatizzato con ironia, chi si è divertito a posare… anche le reazioni inaspettate sono state interessanti e mi hanno dato una piacevole sensazione di complicità.
Credo e spero di aver colto in ognuno degli attori ritratti la loro più essenziale istintività nel posare davanti al mio obiettivo, cercando di rappresentarla nel miglior modo possibile magari catturando un semplice sguardo, un’improvvisata postura, un sottinteso movimento della testa, una barba trascurata, una luce giocata ad arte.
“Se, parafrasando la Vivien Leigh di “Un tram che si chiama desiderio”, la seduzione è al 50% illusione, osservando i ritratti di Adolfo Franzò agli attori italiani della nuova generazione, possiamo pensare che l’altro 50% sia dovuto ad una buona fotografia. Con la mostra “Ciao, Maschio” (laconico saluto o malinconico commiato?), Franzò ha cercato di rappresentare l’uomo-alfa dei nostri tempi: l’attore. Seducente ma anche ingannatore, virile ma anche ambiguo. Franzò evita barriere e trasforma la sua macchina fotografica in uno specchio che pone di fronte ai suoi soggetti e ne restituisce il riflesso. Davanti a uno specchio non si sfugge, bisogna lasciarsi andare, avere fiducia. Abituato a comunicare attraverso la recitazione, che è fatta di gesti e intonazioni, sorrisi e sguardi, l’attore sa che su un set fotografico ha meno armi a sua disposizione. Un bravo ritrattista deve fargliele usare tutte. Magari col non nascondere, semmai a rendere ancora più visibili, le rughe agli angoli degli occhi (ironia?) o quelle degli angoli della bocca (amarezza?). Non dovrebbe ricorrere ad artifizi che non portano da nessuna parte. Concentrarsi sullo sguardo, certo, ma anche sulla posizione delle mani o su un gesto improvviso. Tranquillizzare l’attore più restio a lasciarsi andare e contenere quello più esuberante che tende a sfuggire. Cercare in uno sguardo la verità ma anche il sentimento. Una volta una mia collega di People Magazine mi disse che un buon ritratto maschile non doveva mai turbare le sue lettrici. Il soggetto doveva apparire non come un uomo per il quale una donna sarebbe potuta finire nei guai ma nemmeno con il quale si sarebbe annoiata a morte. Magari doveva farle venire la voglia di ballarci insieme. Ma sempre e comunque doveva provocarle una reazione fisica.
Se in un servizio c’è anche una sola foto del genere, per me è già un gran successo. In quelli commissionati ad Adolfo Franzò trovo sempre almeno tre.”
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