BURRIRAVENNAORO
Dal 13 Ottobre 2023 al 14 Gennaio 2024
Ravenna
Luogo: MAR - Museo d’Arte della città di Ravenna
Indirizzo: Via di Roma 13
Curatori: Bruno Corà
Enti promotori:
- Comune di Ravenna - Assessorato alla Cultura
- MAR - Museo d’Arte della città di Ravenna
- Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri
Sito ufficiale: http://www.mar.ra.it
Il MAR - Museo d’Arte della Città di Ravenna in collaborazione con la Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri dal 14 ottobre 2023 al 14 gennaio 2024, nell’ambito dell’VIII Biennale di Mosaico Contemporaneo, presenta BURRIRAVENNAORO, l’importante mostra del Maestro di Città di Castello, a cura di Bruno Corà, nella città in cui Burri, negli anni Ottanta, aveva avviato una intensa azione pittorica con diversi cicli di opere ispirate alla storia e alla cultura artistica di Ravenna. La mostra è realizzata grazie al prezioso sostegno del Progetto del Ministero del Turismo per la valorizzazione di Ravenna Città del Mosaico, della Regione Emilia-Romagna, della Fondazione Gardini, della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e di Romagna Acque Società delle fonti.
Alberto Burri (1915-1995) nato in Umbria a Città di Castello, dopo la laurea in medicina, conseguita a Perugia nel 1940, a seguito degli eventi bellici, fatto prigioniero in Africa dalle truppe inglesi e consegnato agli alleati statunitensi, trascorre tre anni in un campo di prigionia in Texas, durante i quali decide l’abbandono della professione medica e di dedicarsi totalmente alla pittura. Tornato in Italia dopo la guerra, nel 1946, dopo un breve soggiorno nella città natale si reca a Roma dove avvia il suo noviziato professionale nella pittura.
Sin dal 1946 nella capitale, esordisce con una pittura di figurazione di cui si fanno garanti critici i poeti Leonardo Sinisgalli e Libero De Libero che lo presentano nella galleria La Margherita, sede romana coinvolta in quella temperie di stimolanti proposte artistiche all’indomani del secondo conflitto mondiale.
Dopo un viaggio compiuto nel 1948 a Parigi, Burri mette a punto un proprio linguaggio rivolgendo un interesse particolare ai materiali ritenuti extra-pittorici come il catrame, la pietra pomice, le colle ed altri.
L’introduzione di tali materiali nella sua pittura consente all’artista un radicale azzeramento linguistico e
una straordinaria libertà operativa, spingendolo a concepire una differente dimensione del colore, recuperato nelle valenze cromatiche già esistenti nella realtà di quei materiali; il nero del catrame, il grigio della pietra pomice, l’ocra delle colle e dei primi tessuti come la juta e i sacchi riciclati, rammendati e consunti da un ‘vissuto’ che, nella creazione del dipinto, ne aumenta in modo esponenziale la pregnanza e la ‘presenza’ fisica reale. Ben presto la pittura di Burri conquista la scena artistica nazionale e internazionale per la forte carica evocativa e drammatica del suo linguaggio pittorico, designandolo come l’”artista della materia”.
Nascono così, dopo i Catrami (1948-49), i Sacchi (1949-50), i Gobbi (1950), le Combustioni di carte (1953), ma anche di legni e Plastiche (1957), i Ferri (1958), i Legni (1958), le Combustioni di plastiche trasparenti (1962), i Cretti acrovinilici (1973) e i Cellotex (1952-53), composti lignei dipinti ad acrilico (dal 1973 al 1993).
Negli anni Novanta a Ravenna Burri avvia una collaborazione con il Gruppo Ferruzzi che lo porta alla realizzazione di alcuni cicli pittorici significativi che egli elabora e denomina in differenti modi e in stretta relazione con la storia artistica della città. Con il ciclo S. Vitale realizza grandi cellotex dipinti ad acrilico di color nero. A quella serie di grandi opere affianca la produzione di opere grafiche di pari intensità e forza cromatica. La mancata realizzazione della committenza Gardini non gli impedisce di appassionarsi ad una pittura rievocativa della grande stagione pittorica dell’arte bizantina, copiosamente presente in città, nelle chiese e negli edifici storici decorati a mosaico. Nascono i cicli dei dipinti Nero e Oro (1993) che si ispirano alla cultura musiva di alta decorazione fiorita a Bisanzio e sviluppatasi nella città di Ravenna con numerosi ammirevoli capolavori dell’arte bizantino-ravennate.
Tutte queste significative opere, insieme ad alcune serie scelte di creazioni grafiche, figureranno negli ambienti dei due piani del MAR in un insieme mai prima d’ora così vistosamente esibito. Tra le circa cento opere in mostra figureranno anche esemplari che hanno consentito a Burri il Premio Nazionale dei Lincei per l’opera Grafica (1973). In tal senso, i due ambiti della sua pittura e della produzione calcografica, integrati alla presenza della grande scultura rossa, Grande Ferro R (1990), presso il Palazzo delle Arti e dello sport “Mauro De André” offrono una fortissima presenza del maestro tifernate nella città di Ravenna da lui molto amata.
Un’area multimediale inerente alla biografia di Burri, i progetti e i bozzetti concepiti per la committenza Gardini ed alcuni filmati che documentano l’artista al lavoro, insieme al catalogo della mostra con saggi critici di Bruno Corà, Francesco Moschini, Roberto Cantagalli e Daniele Torcellini e documenti delle opere esposte al MAR, si offrono per la circostanza come strumenti di informazione e studio dell’opera intera di Burri, consentendo una più ampia conoscenza di uno dei massimi artisti europei della seconda metà del XX secolo.
Inaugurazione:13 ottobre 2023, ore 18
Alberto Burri (1915-1995) nato in Umbria a Città di Castello, dopo la laurea in medicina, conseguita a Perugia nel 1940, a seguito degli eventi bellici, fatto prigioniero in Africa dalle truppe inglesi e consegnato agli alleati statunitensi, trascorre tre anni in un campo di prigionia in Texas, durante i quali decide l’abbandono della professione medica e di dedicarsi totalmente alla pittura. Tornato in Italia dopo la guerra, nel 1946, dopo un breve soggiorno nella città natale si reca a Roma dove avvia il suo noviziato professionale nella pittura.
Sin dal 1946 nella capitale, esordisce con una pittura di figurazione di cui si fanno garanti critici i poeti Leonardo Sinisgalli e Libero De Libero che lo presentano nella galleria La Margherita, sede romana coinvolta in quella temperie di stimolanti proposte artistiche all’indomani del secondo conflitto mondiale.
Dopo un viaggio compiuto nel 1948 a Parigi, Burri mette a punto un proprio linguaggio rivolgendo un interesse particolare ai materiali ritenuti extra-pittorici come il catrame, la pietra pomice, le colle ed altri.
L’introduzione di tali materiali nella sua pittura consente all’artista un radicale azzeramento linguistico e
una straordinaria libertà operativa, spingendolo a concepire una differente dimensione del colore, recuperato nelle valenze cromatiche già esistenti nella realtà di quei materiali; il nero del catrame, il grigio della pietra pomice, l’ocra delle colle e dei primi tessuti come la juta e i sacchi riciclati, rammendati e consunti da un ‘vissuto’ che, nella creazione del dipinto, ne aumenta in modo esponenziale la pregnanza e la ‘presenza’ fisica reale. Ben presto la pittura di Burri conquista la scena artistica nazionale e internazionale per la forte carica evocativa e drammatica del suo linguaggio pittorico, designandolo come l’”artista della materia”.
Nascono così, dopo i Catrami (1948-49), i Sacchi (1949-50), i Gobbi (1950), le Combustioni di carte (1953), ma anche di legni e Plastiche (1957), i Ferri (1958), i Legni (1958), le Combustioni di plastiche trasparenti (1962), i Cretti acrovinilici (1973) e i Cellotex (1952-53), composti lignei dipinti ad acrilico (dal 1973 al 1993).
Negli anni Novanta a Ravenna Burri avvia una collaborazione con il Gruppo Ferruzzi che lo porta alla realizzazione di alcuni cicli pittorici significativi che egli elabora e denomina in differenti modi e in stretta relazione con la storia artistica della città. Con il ciclo S. Vitale realizza grandi cellotex dipinti ad acrilico di color nero. A quella serie di grandi opere affianca la produzione di opere grafiche di pari intensità e forza cromatica. La mancata realizzazione della committenza Gardini non gli impedisce di appassionarsi ad una pittura rievocativa della grande stagione pittorica dell’arte bizantina, copiosamente presente in città, nelle chiese e negli edifici storici decorati a mosaico. Nascono i cicli dei dipinti Nero e Oro (1993) che si ispirano alla cultura musiva di alta decorazione fiorita a Bisanzio e sviluppatasi nella città di Ravenna con numerosi ammirevoli capolavori dell’arte bizantino-ravennate.
Tutte queste significative opere, insieme ad alcune serie scelte di creazioni grafiche, figureranno negli ambienti dei due piani del MAR in un insieme mai prima d’ora così vistosamente esibito. Tra le circa cento opere in mostra figureranno anche esemplari che hanno consentito a Burri il Premio Nazionale dei Lincei per l’opera Grafica (1973). In tal senso, i due ambiti della sua pittura e della produzione calcografica, integrati alla presenza della grande scultura rossa, Grande Ferro R (1990), presso il Palazzo delle Arti e dello sport “Mauro De André” offrono una fortissima presenza del maestro tifernate nella città di Ravenna da lui molto amata.
Un’area multimediale inerente alla biografia di Burri, i progetti e i bozzetti concepiti per la committenza Gardini ed alcuni filmati che documentano l’artista al lavoro, insieme al catalogo della mostra con saggi critici di Bruno Corà, Francesco Moschini, Roberto Cantagalli e Daniele Torcellini e documenti delle opere esposte al MAR, si offrono per la circostanza come strumenti di informazione e studio dell’opera intera di Burri, consentendo una più ampia conoscenza di uno dei massimi artisti europei della seconda metà del XX secolo.
Inaugurazione:13 ottobre 2023, ore 18
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