Mura che uniscono. Salonicco a Cittadella
Dal 20 Novembre 2021 al 20 Marzo 2022
Cittadella | Padova
Luogo: Palazzo Pretorio
Indirizzo: Via Guglielmo Marconi 30
Enti promotori:
- Comune di Cittadella e istituzioni greche
La mura di Cittadella - borgo in provincia di Padova, che vanta in Europa l’unico camminamento di ronda medievale di forma ellittica interamente percorribile – sono un elemento identitario indissolubile della cittadina: racchiudono il centro storico come a tutelare uno scrigno prezioso e al tempo stesso consentono di alzare lo sguardo all’orizzonte e di guardare oltre.
Con questo spirito Cittadella ha voluto concludere i festeggiamenti per i suoi ottocento anni (1220 – 2020), guardando lontano, relazionandosi con altre importanti città europee confrontandosi su cosa significhi essere città murata.
Quest’anno la prestigiosa relazione avviata è con Salonicco: la città che vanta probabilmente le mura e fortificazioni più antiche in Europa - dichiarate patrimonio dell’Umanità Unesco nel 1988 - la più importante e popolosa città della Grecia dopo Atene, uno dei pilastri di quello che fu l’Impero Bizantino.
Ci saranno negli anni a venire altre città, altri incontri fonte di conoscenza, riflessione e crescita culturale che Cittadella intende promuovere, anche in prospettiva di una possibile candidatura Unesco, con realtà europee murate, a volte profondamente diverse ma accomunate da quell’elemento fisico, strutturale, architettonico e di stratificazione storica che condiziona e accompagna da sempre il proprio sviluppo.
Dalla collaborazione con alcune tra le maggiori Istituzioni culturali di Salonicco, sviluppata grazie a Villaggio Globale International – l’Eforato alle Antichità di Salonicco-Ministero della Cultura della Repubblica Ellenica, il MOMus-Organizzazione metropolitana dei Musei d’Arti Visive di Salonicco, che riunisce i musei statali di arte moderna, contemporanea e di fotografia, e l’Istituto Patriarcale di Studi patristici del Santo Monastero di Vlatadon - è nato dunque l’evento internazionale “Mura che uniscono. Salonicco a Cittadella”, un progetto articolato: testimonianze del passato e visioni contemporanee in tre mostre, che danno vita - dal 20 novembre 2021 al 20 marzo 2022 nelle fascinose sale di Palazzo Pretorio - ad un percorso espositivo dalla doppia anima.
“Mura che uniscono. Salonicco a Cittadella” da un lato condurrà a scoprire la storia e le vicende dell’ultramillenario sistema di fortificazioni di Salonicco, grazie a un ampio apparato documentario e didascalico e ad originali testimonianze archeologiche e d’arte antica prestate eccezionalmente dall’Eforato alle Antichità della città e dal Monastero di Vlatadon, dall’altro metterà in dialogo Cittadella e Salonicco attraverso i linguaggi contemporanei dell’arte e della fotografia curati dal MOMus, con le opere site specific di Georgia Damopoulou e gli inediti scatti realizzati da Paris Petridis, lavori che resteranno definitivamente a Cittadella e che verranno ad arricchire le collezioni civiche.
Il progetto è promosso dal Comune di Cittadella e dalle Istituzioni greche con il patrocinio della Regione del Veneto, il sostegno
della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e la collaborazione della Fondazione Palazzo Pretorio.
TESTOMIANZE DEL PASSATO
La mostra documentaria ed evocativa “Acropoli di Salonicco. Sguardi nel tempo passato, presente e futuro”, curata dall’Eforato alle Antichità di Salonicco, condurrà a ripercorrere la storia complessa delle mura della città ellenica, che contano quasi 1700 anni, concentrandosi in particolare sull’Acropoli situata sull’estremità nord orientale della città - ove occupa un’area di 15 ettari - definita dalle fonti bizantine “piccola città” ovvero cittadella, e sulla fortezza dell’Heptapyrgion, ultimo rifugio della Salonicco bizantina, poi quartier generale del primo comandante ottomano della città e, via via soggetta a varie trasformazioni e usi fino al XIX secolo, quando, per quasi cento anni, fu utilizzata come carcere.
Un ricco apparato narrativo e una selezione di reperti ed opere dal IV al XVIII secolo – monete, materiali ceramici, lastre marmoree, mosaici, icone, ecc – per lo più inediti e frutto dei più recenti scavi, permetteranno dunque di rileggere la storia delle fortificazioni e le trasformazioni di una città che, nata macedone, è stata romana, bizantina, ottomana ed ora greca, e che per pochi anni (dal 1423 al 1430) è stata anche annessa a Venezia, alla Repubblica Serenissima, già corsa in sua difesa, secoli prima, contro i Normanni.
Tra i prestiti da segnalare, un lacerto di quasi tre metri di lunghezza di un mosaico pavimentale di un complesso edilizio bizantino a figure geometriche, databile tra la fine del IV e gli inizi del V secolo e due preziose icone prodotte da botteghe locali
nel XVIII secolo raffiguranti San Demetrio.
SGUARDI CONTEMPORANEI
Salonicco pur essendo ricca di storia è anche tra le città greche culturalmente più vivaci e aperte alla creatività contemporanea e la riflessione e la sensibilità artistica attuali sono fondamentali per rileggere il passato e guardare al futuro.
Il coinvolgimento di due artisti greci selezionati dal MOMus per questo specifico progetto, con l’obiettivo di mettere in relazione Cittadella e Salonicco attraverso l’elemento delle mura e i suoi significati, mira proprio a questo.
Georgia Damopoulou (Atene, 1969), insignita del 1° Premio Melina Mercouri dal Ministero della Cultura greco (1999), ha un approccio artistico unico riguardo al rapporto tra tempo e spazio che si manifesta nelle città cariche di storia e di monumenti. Ha lavorato in passato proprio sulle mura di Salonicco e per questa speciale occasione - con un progetto espositivo titolato “Mura della città. Tracce intrecciate” - ha realizzato site specific due grandi opere rappresentative di Cittadella e di Thassaloniki in resina, filo e tubo di rame (destinate e restare in città) e due installazioni di forte suggestione, Haemolacria I e Haemolacria II.
Cittadella e Thessaloniki, con i loro intrecci, danno luogo ad associazioni sul peso della storia e sulla traccia del tempo. “Il tempo – scrive Eirini Papakonstantinou - si insinua come un Possente Scultore, prendendo in prestito il titolo di un famoso libro della M. Yourcenar (“That Mighty Sculptor, Time del 1983), che compone una rete disobbediente di successive
interconnessioni e intersezioni”; dove non si mira all’accuratezza progettuale o alla rappresentazione urbanistica, quanto all’evocazione del flusso lineare della storia, della memoria collettiva, delle storie umane, frammentarie, per interrogarsi su come i resti visibili di oggi diano significato al passato umano. Perché – invita l’artista - l’identità unica dello spazio geografico non va solo studiata ma anche riconsiderata e contestualizzata culturalmente e politicamente.
Se le mura hanno perso la loro ragione primaria di esistenza, perché si riferiscono alla protezione in tempo di guerra, Damopoulou parla anche dell’effettiva necessità odierna di trasformare le strutture costruite in un muro umano, che lotti contro l’ingiustizia sociale a favore dell’uguaglianza.
Haemolacria I ed Haemolacria II affrontano un altro tema caro a Georgia quello della violenza, della paura, dell’alienazione e della reclusione. Lacrime di sangue realizzate in tessuto e capelli artificiali divulgano la vulnerabilità dell’esistenza umana assumendo valore universale e senza tempo e richiamano, nei materiali usati, la natura femminile e la sua oppressione
da parte delle strutture del patriarcato. Installate anche sulla facciata di Palazzo Pretorio queste opere si completano a vicenda in un rapporto dialettico di immagini, significati e flashback, ricordando che la storia con i suoi capitoli oscuri è un processo in evoluzione nel tempo, che non va mai dimenticato e che impone a tutti di vigilare sul presente.
Paris Petridis è un affermato fotografo artista con un interesse speciale
per le nozioni di paesaggio, memoria, storia, monumento, politica dello spazio, estetica del luogo comune, con alle spalle diverse indagini fotografiche condotte soprattutto in Paesi del Mediterraneo orientale - Israele, Palestina, Libano, Egitto
e Cipro. A lui è stato affidato dal MOMus il compito di cogliere attraverso
la fotografia il senso e l’anima delle mura delle due città nella loro profonda differenza, ma anche nelle comuni valenze. Ecco dunque in venti scatti e in
“Una dialettica dei confini” la cinta muraria di Cittadella, sopravvissuta per secoli quasi intatta, e le mura di Salonicco, vaste parti delle quali sono state distrutte.
Paris Petridis fotografa le mura come costruzioni storiche ormai integrate
nella vita quotidiana delle città, essendo allo stesso tempo monumenti gloriosi
ma anche semplici sostegni per umili abitazioni, creando così una nuova fruibilità che si intreccia con la non fruibilità del monumento.
“Per definizione - come scrive il curatore Hercules Papaioannou - ogni muro storico implica una dialettica dei confini. Delimita i confini che separano l’interno dall’esterno, il protetto dall’indifeso, il familiare dall’ignoto, il passato dal presente. Anche se oggi il muro restaurato è presentato come un monumento,
si ricorda che un tempo era servito come un’imponente linea di difesa, come la cuspide che separava la vita dalla morte, l’Acropoli concepita come l’ultimo rifugio sicuro”. Anche la fotografia adotta una dialettica dei confini, “separando il visibile dall’invisibile, ciò che è degno di vedere e ricordare e ciò che è abbandonato
all’oblio ed escluso. Le fotografie di Paris Petridis sono risonanze visive
e concettuali di come un muro risiede dentro un altro”.
Con questo spirito Cittadella ha voluto concludere i festeggiamenti per i suoi ottocento anni (1220 – 2020), guardando lontano, relazionandosi con altre importanti città europee confrontandosi su cosa significhi essere città murata.
Quest’anno la prestigiosa relazione avviata è con Salonicco: la città che vanta probabilmente le mura e fortificazioni più antiche in Europa - dichiarate patrimonio dell’Umanità Unesco nel 1988 - la più importante e popolosa città della Grecia dopo Atene, uno dei pilastri di quello che fu l’Impero Bizantino.
Ci saranno negli anni a venire altre città, altri incontri fonte di conoscenza, riflessione e crescita culturale che Cittadella intende promuovere, anche in prospettiva di una possibile candidatura Unesco, con realtà europee murate, a volte profondamente diverse ma accomunate da quell’elemento fisico, strutturale, architettonico e di stratificazione storica che condiziona e accompagna da sempre il proprio sviluppo.
Dalla collaborazione con alcune tra le maggiori Istituzioni culturali di Salonicco, sviluppata grazie a Villaggio Globale International – l’Eforato alle Antichità di Salonicco-Ministero della Cultura della Repubblica Ellenica, il MOMus-Organizzazione metropolitana dei Musei d’Arti Visive di Salonicco, che riunisce i musei statali di arte moderna, contemporanea e di fotografia, e l’Istituto Patriarcale di Studi patristici del Santo Monastero di Vlatadon - è nato dunque l’evento internazionale “Mura che uniscono. Salonicco a Cittadella”, un progetto articolato: testimonianze del passato e visioni contemporanee in tre mostre, che danno vita - dal 20 novembre 2021 al 20 marzo 2022 nelle fascinose sale di Palazzo Pretorio - ad un percorso espositivo dalla doppia anima.
“Mura che uniscono. Salonicco a Cittadella” da un lato condurrà a scoprire la storia e le vicende dell’ultramillenario sistema di fortificazioni di Salonicco, grazie a un ampio apparato documentario e didascalico e ad originali testimonianze archeologiche e d’arte antica prestate eccezionalmente dall’Eforato alle Antichità della città e dal Monastero di Vlatadon, dall’altro metterà in dialogo Cittadella e Salonicco attraverso i linguaggi contemporanei dell’arte e della fotografia curati dal MOMus, con le opere site specific di Georgia Damopoulou e gli inediti scatti realizzati da Paris Petridis, lavori che resteranno definitivamente a Cittadella e che verranno ad arricchire le collezioni civiche.
Il progetto è promosso dal Comune di Cittadella e dalle Istituzioni greche con il patrocinio della Regione del Veneto, il sostegno
della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e la collaborazione della Fondazione Palazzo Pretorio.
TESTOMIANZE DEL PASSATO
La mostra documentaria ed evocativa “Acropoli di Salonicco. Sguardi nel tempo passato, presente e futuro”, curata dall’Eforato alle Antichità di Salonicco, condurrà a ripercorrere la storia complessa delle mura della città ellenica, che contano quasi 1700 anni, concentrandosi in particolare sull’Acropoli situata sull’estremità nord orientale della città - ove occupa un’area di 15 ettari - definita dalle fonti bizantine “piccola città” ovvero cittadella, e sulla fortezza dell’Heptapyrgion, ultimo rifugio della Salonicco bizantina, poi quartier generale del primo comandante ottomano della città e, via via soggetta a varie trasformazioni e usi fino al XIX secolo, quando, per quasi cento anni, fu utilizzata come carcere.
Un ricco apparato narrativo e una selezione di reperti ed opere dal IV al XVIII secolo – monete, materiali ceramici, lastre marmoree, mosaici, icone, ecc – per lo più inediti e frutto dei più recenti scavi, permetteranno dunque di rileggere la storia delle fortificazioni e le trasformazioni di una città che, nata macedone, è stata romana, bizantina, ottomana ed ora greca, e che per pochi anni (dal 1423 al 1430) è stata anche annessa a Venezia, alla Repubblica Serenissima, già corsa in sua difesa, secoli prima, contro i Normanni.
Tra i prestiti da segnalare, un lacerto di quasi tre metri di lunghezza di un mosaico pavimentale di un complesso edilizio bizantino a figure geometriche, databile tra la fine del IV e gli inizi del V secolo e due preziose icone prodotte da botteghe locali
nel XVIII secolo raffiguranti San Demetrio.
SGUARDI CONTEMPORANEI
Salonicco pur essendo ricca di storia è anche tra le città greche culturalmente più vivaci e aperte alla creatività contemporanea e la riflessione e la sensibilità artistica attuali sono fondamentali per rileggere il passato e guardare al futuro.
Il coinvolgimento di due artisti greci selezionati dal MOMus per questo specifico progetto, con l’obiettivo di mettere in relazione Cittadella e Salonicco attraverso l’elemento delle mura e i suoi significati, mira proprio a questo.
Georgia Damopoulou (Atene, 1969), insignita del 1° Premio Melina Mercouri dal Ministero della Cultura greco (1999), ha un approccio artistico unico riguardo al rapporto tra tempo e spazio che si manifesta nelle città cariche di storia e di monumenti. Ha lavorato in passato proprio sulle mura di Salonicco e per questa speciale occasione - con un progetto espositivo titolato “Mura della città. Tracce intrecciate” - ha realizzato site specific due grandi opere rappresentative di Cittadella e di Thassaloniki in resina, filo e tubo di rame (destinate e restare in città) e due installazioni di forte suggestione, Haemolacria I e Haemolacria II.
Cittadella e Thessaloniki, con i loro intrecci, danno luogo ad associazioni sul peso della storia e sulla traccia del tempo. “Il tempo – scrive Eirini Papakonstantinou - si insinua come un Possente Scultore, prendendo in prestito il titolo di un famoso libro della M. Yourcenar (“That Mighty Sculptor, Time del 1983), che compone una rete disobbediente di successive
interconnessioni e intersezioni”; dove non si mira all’accuratezza progettuale o alla rappresentazione urbanistica, quanto all’evocazione del flusso lineare della storia, della memoria collettiva, delle storie umane, frammentarie, per interrogarsi su come i resti visibili di oggi diano significato al passato umano. Perché – invita l’artista - l’identità unica dello spazio geografico non va solo studiata ma anche riconsiderata e contestualizzata culturalmente e politicamente.
Se le mura hanno perso la loro ragione primaria di esistenza, perché si riferiscono alla protezione in tempo di guerra, Damopoulou parla anche dell’effettiva necessità odierna di trasformare le strutture costruite in un muro umano, che lotti contro l’ingiustizia sociale a favore dell’uguaglianza.
Haemolacria I ed Haemolacria II affrontano un altro tema caro a Georgia quello della violenza, della paura, dell’alienazione e della reclusione. Lacrime di sangue realizzate in tessuto e capelli artificiali divulgano la vulnerabilità dell’esistenza umana assumendo valore universale e senza tempo e richiamano, nei materiali usati, la natura femminile e la sua oppressione
da parte delle strutture del patriarcato. Installate anche sulla facciata di Palazzo Pretorio queste opere si completano a vicenda in un rapporto dialettico di immagini, significati e flashback, ricordando che la storia con i suoi capitoli oscuri è un processo in evoluzione nel tempo, che non va mai dimenticato e che impone a tutti di vigilare sul presente.
Paris Petridis è un affermato fotografo artista con un interesse speciale
per le nozioni di paesaggio, memoria, storia, monumento, politica dello spazio, estetica del luogo comune, con alle spalle diverse indagini fotografiche condotte soprattutto in Paesi del Mediterraneo orientale - Israele, Palestina, Libano, Egitto
e Cipro. A lui è stato affidato dal MOMus il compito di cogliere attraverso
la fotografia il senso e l’anima delle mura delle due città nella loro profonda differenza, ma anche nelle comuni valenze. Ecco dunque in venti scatti e in
“Una dialettica dei confini” la cinta muraria di Cittadella, sopravvissuta per secoli quasi intatta, e le mura di Salonicco, vaste parti delle quali sono state distrutte.
Paris Petridis fotografa le mura come costruzioni storiche ormai integrate
nella vita quotidiana delle città, essendo allo stesso tempo monumenti gloriosi
ma anche semplici sostegni per umili abitazioni, creando così una nuova fruibilità che si intreccia con la non fruibilità del monumento.
“Per definizione - come scrive il curatore Hercules Papaioannou - ogni muro storico implica una dialettica dei confini. Delimita i confini che separano l’interno dall’esterno, il protetto dall’indifeso, il familiare dall’ignoto, il passato dal presente. Anche se oggi il muro restaurato è presentato come un monumento,
si ricorda che un tempo era servito come un’imponente linea di difesa, come la cuspide che separava la vita dalla morte, l’Acropoli concepita come l’ultimo rifugio sicuro”. Anche la fotografia adotta una dialettica dei confini, “separando il visibile dall’invisibile, ciò che è degno di vedere e ricordare e ciò che è abbandonato
all’oblio ed escluso. Le fotografie di Paris Petridis sono risonanze visive
e concettuali di come un muro risiede dentro un altro”.
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