Fortunato Depero. So I think, so I print. Litografie degli anni 40
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Fortunato Depero, Motociclista (solido in velocità), 1944. Litografia, collezione privata
Dal 03 Agosto 2014 al 15 Settembre 2014
Trinità d'Agultu e Vignola | Olbia-Tempio
Luogo: Sala Giulia
Indirizzo: piazza 4 Novembre
Orari: da lunedì a domenica 9-12:30 / 18-21
Curatori: Micaela Deiana, Cecilia Mariani
Enti promotori:
- Comune di Trinità d’Agultu
- Università degli Studi di Sassari
Telefono per informazioni: +39 079 681270
E-Mail info: dip.scienze.umanistiche.sociali@pec.uniss.it
Sito ufficiale: http://www.uniss.it
Si inaugura il 3 agosto a Trinità d’Agultu (piazza 4 Novembre, ore 21.00) la mostra Fortunato Depero. So I think, so I print. Litografie degli anni Quaranta, a cura di Micaela Deiana e Cecilia Mariani. L’evento si inserisce all’interno delle celebrazioni del ventennale della rassegna “Orfeo cinto di Mirto”, che ogni estate porta i capolavori della grafica novecentesca nel comune gallurese grazie all’organizzazione dell’Associazione culturale “Ing. Agostino Muretti”, con la collaborazione e il patrocinio dell’Università degli Studi di Sassari – Dipartimento di Scienze Umanistiche e Sociali.
Fortunato Depero (Fondo, 1892 – Rovereto, 1960) è senza dubbio una delle figure più eclettiche e originali dell’arte del Novecento: avanguardista della prima ora e figura centrale del cosiddetto Secondo Futurismo, attivo in ambito tanto italiano quanto internazionale, fu pittore, scultore, illustratore, costumista, scenografo e designer, promotore convinto e appassionato della sintesi delle arti e della loro applicazione alla vita quotidiana. Quando nel 1944 realizza la cartella di Ventidue disegni del pittore-poeta Fortunato Depero è ormai un acclamato maestro, intento a rileggere i presupposti del proprio operato dal suo ritiro nel paesino di Serrada, ai piedi delle Dolomiti.
Le litografie in mostra – tutte tratte da disegni a carbone, a matita e a penna eseguiti a partire dagli anni Venti – sono un esempio dell’abilità dell’artista trentino nel conciliare la diffusione di una versione più accessibile del proprio lavoro con lo slancio antologico e autoreferenziale che al culmine della propria carriera lo portava a rielaborare temi e stilemi fino ad allora ricorrenti e sperimentati. La natura composita della cartella – nella varietà dei soggetti rappresentati – rende conto della molteplicità degli interessi di Depero, così come della differenti forme di sguardo da lui esercitate nel corso dei decenni e della sua permeabilità alle più varie influenze creative e stilistiche. Agli scorci rustici e alle vedute paesaggistiche – che risentono dei ritiri ai piedi delle Alpi divenuti frequenti dal 1936 – fanno riscontro le riproposizioni di alcune tra le più importanti tele futuriste legate al primo soggiorno americano della fine degli anni Venti e le rielaborazioni di alcuni quadri che testimoniano le tematiche deperiane più classiche, ovvero quelle del teatro, degli automi, dei Balli Plastici e degli animali. Non mancano, infine, autentiche sorprese, come le tavole dedicate a maschere africane e idoli tribali, spia di un interesse primitivista sempre presente e ora sfociato nella scelta “letterale” di soggetti iconografici chiaramente connotati dal punto di vista etnografico.
Proprio per la sua natura di “antologia visiva”, e per le molte riproposizioni in minore di molte opere pittoriche dagli esordi alla maturità, la raccolta si pone quasi come equivalente grafico di Fortunato Depero nelle opere e nella vita, la prosa autobiografica pubblicata dall’artista nel 1940. Anche la mostra si appropria così di questo aspetto narrativo e riepilogativo: So I think, So I print asseconda la natura di racconto per immagini di una cartella che è non solo summa della ricca e prismatica produzione deperiana, ma anche un prodotto esemplare di quel processo di “auto-réclame” che l’artista intese sempre come responsabilità primaria e concreta di chiunque volesse conoscere il successo in vita, a dispetto di ogni avversa circostanza.
Fortunato Depero (Fondo, 1892 – Rovereto, 1960) è senza dubbio una delle figure più eclettiche e originali dell’arte del Novecento: avanguardista della prima ora e figura centrale del cosiddetto Secondo Futurismo, attivo in ambito tanto italiano quanto internazionale, fu pittore, scultore, illustratore, costumista, scenografo e designer, promotore convinto e appassionato della sintesi delle arti e della loro applicazione alla vita quotidiana. Quando nel 1944 realizza la cartella di Ventidue disegni del pittore-poeta Fortunato Depero è ormai un acclamato maestro, intento a rileggere i presupposti del proprio operato dal suo ritiro nel paesino di Serrada, ai piedi delle Dolomiti.
Le litografie in mostra – tutte tratte da disegni a carbone, a matita e a penna eseguiti a partire dagli anni Venti – sono un esempio dell’abilità dell’artista trentino nel conciliare la diffusione di una versione più accessibile del proprio lavoro con lo slancio antologico e autoreferenziale che al culmine della propria carriera lo portava a rielaborare temi e stilemi fino ad allora ricorrenti e sperimentati. La natura composita della cartella – nella varietà dei soggetti rappresentati – rende conto della molteplicità degli interessi di Depero, così come della differenti forme di sguardo da lui esercitate nel corso dei decenni e della sua permeabilità alle più varie influenze creative e stilistiche. Agli scorci rustici e alle vedute paesaggistiche – che risentono dei ritiri ai piedi delle Alpi divenuti frequenti dal 1936 – fanno riscontro le riproposizioni di alcune tra le più importanti tele futuriste legate al primo soggiorno americano della fine degli anni Venti e le rielaborazioni di alcuni quadri che testimoniano le tematiche deperiane più classiche, ovvero quelle del teatro, degli automi, dei Balli Plastici e degli animali. Non mancano, infine, autentiche sorprese, come le tavole dedicate a maschere africane e idoli tribali, spia di un interesse primitivista sempre presente e ora sfociato nella scelta “letterale” di soggetti iconografici chiaramente connotati dal punto di vista etnografico.
Proprio per la sua natura di “antologia visiva”, e per le molte riproposizioni in minore di molte opere pittoriche dagli esordi alla maturità, la raccolta si pone quasi come equivalente grafico di Fortunato Depero nelle opere e nella vita, la prosa autobiografica pubblicata dall’artista nel 1940. Anche la mostra si appropria così di questo aspetto narrativo e riepilogativo: So I think, So I print asseconda la natura di racconto per immagini di una cartella che è non solo summa della ricca e prismatica produzione deperiana, ma anche un prodotto esemplare di quel processo di “auto-réclame” che l’artista intese sempre come responsabilità primaria e concreta di chiunque volesse conoscere il successo in vita, a dispetto di ogni avversa circostanza.
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