Dentro o fuori? Il doppio volto dell'artista fuori e dentro il sistema dell'arte
Dal 21 Novembre 2015 al 24 Novembre 2015
Napoli
Luogo: PAN - Palazzo delle Arti di Napoli
Indirizzo: via dei Mille 63
Orari: 9,30 -19,30; domenica 9,30-14; chiuso martedì
Enti promotori:
- Comune di Napoli - Assessorato alla Cultura
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 081 4203416
E-Mail info: pan@comune.napoli.it
Sito ufficiale: http://www.comune.napoli.it
Expo Art è lieta di presentare: "Dentro o fuori? Il doppio volto dell'artista fuori e dentro il sistema dell'arte", una mostra collettiva in cui i sette artisti invitati ad esporre, di diversa formazione e provenienza, dialogheranno attraverso le loro opere sulle influenze/conseguenze che il rapporto dualistico tra ciò che viene definito arte dall’attuale sistema e ciò che invece ne resta fuori determina nella loro produzione artistica.
Così scrive Mimmo Domenico Di Caterino nel testo a catalogo:
Come orientarsi in questo nuovo millennio davanti all'abbattimento del filtro dell'intermediazione degli addetti ai lavori ad opera di applicazioni e social media?
La differenza tra l'artista e il dilettante sta nel ragionamento e nella teoria, l'artista è in grado di spiegare il suo lavoro privo di filtri e intermediazioni, conosce il lavoro di chi l'ha preceduto e dei suoi contemporanei e su queste basi instaura un confronto dialettico e linguistico di senso; il riconoscimento della critica o delle istituzioni davanti a questo conta poco o nulla.
Quello che conta realmente è lo sguardo dell'altro, il sapere riconoscere l'esistenza dell'altro, la tensione emozionale che nasce dalla relazione con altre persone.
L'artista è in grado di padroneggiare la propria follia, è un maestro della sua follia, per questo da questo secolo in poi, a decidere chi è o non è un artista, non sarà più un critico, ma la psicoterapia e la psichiatria scinderanno tra chi è artista e chi non lo è perché incapace di padroneggiare la propria follia.
Tutti gli artisti visivi in mostra, sono delle eccellenze nella loro professione, legata per convenzione ad un altro linguaggio dell'arte (quello della musica, quello del teatro, del cabaret, della comunicazione…). Perché limitarli ed incasellarli culturalmente in strategie di marketing che mirano a fare di una particella frammentaria della loro ricerca di arte e di vita, prodotto culturale di consumo di massa? In fondo chi l'ha detto che un artista debba essere esclusivamente bravo e specializzato nel proprio lavoro?
Non escluderei neanche chi trasversalmente si muove da un linguaggio artistico ad un altro, le avanguardie artistiche del novecento già teorizzavano una sfera cognitiva creativa totale, in grado di muoversi da un universo linguistico dell'arte ad un altro, l'idea che lo strumento sia questo o quel linguaggio dell'arte da utilizzare con i "contenuti" umani dell'artista in relazione ai suoi obiettivi emotivi, empatici ed endogeni.
Su questi ultimi, stiamo focalizzando il nostro focus tematico espositivo, attraverso la loro ricerca trasversale e laterale ci stiamo interrogando su quanto la "specializzazione culturale industriale" del secolo passato, limiti realmente la sfera creativa e cognitiva di un artista che sappia connettere diversi linguaggi dell'arte, un artista in grado di attraversarli per sondare la sua esperienza e ricerca umana, prescindendo dal suo "lavoro".
Insomma a guardare quello che viene mostrato in "Dentro o fuori? Il doppio volto dell'artista dentro e fuori il sistema dell'arte" appare nitido che mentre le professioni dell'arte possono essere lavoro, l'arte della vita è innegabilmente ricerca di senso, ricordate Cocteau? "Bisogna essere uomini in vita e artisti postumi".
Aveva capito tutto dell'arte e della vita.
Così scrive Mimmo Domenico Di Caterino nel testo a catalogo:
Come orientarsi in questo nuovo millennio davanti all'abbattimento del filtro dell'intermediazione degli addetti ai lavori ad opera di applicazioni e social media?
La differenza tra l'artista e il dilettante sta nel ragionamento e nella teoria, l'artista è in grado di spiegare il suo lavoro privo di filtri e intermediazioni, conosce il lavoro di chi l'ha preceduto e dei suoi contemporanei e su queste basi instaura un confronto dialettico e linguistico di senso; il riconoscimento della critica o delle istituzioni davanti a questo conta poco o nulla.
Quello che conta realmente è lo sguardo dell'altro, il sapere riconoscere l'esistenza dell'altro, la tensione emozionale che nasce dalla relazione con altre persone.
L'artista è in grado di padroneggiare la propria follia, è un maestro della sua follia, per questo da questo secolo in poi, a decidere chi è o non è un artista, non sarà più un critico, ma la psicoterapia e la psichiatria scinderanno tra chi è artista e chi non lo è perché incapace di padroneggiare la propria follia.
Tutti gli artisti visivi in mostra, sono delle eccellenze nella loro professione, legata per convenzione ad un altro linguaggio dell'arte (quello della musica, quello del teatro, del cabaret, della comunicazione…). Perché limitarli ed incasellarli culturalmente in strategie di marketing che mirano a fare di una particella frammentaria della loro ricerca di arte e di vita, prodotto culturale di consumo di massa? In fondo chi l'ha detto che un artista debba essere esclusivamente bravo e specializzato nel proprio lavoro?
Non escluderei neanche chi trasversalmente si muove da un linguaggio artistico ad un altro, le avanguardie artistiche del novecento già teorizzavano una sfera cognitiva creativa totale, in grado di muoversi da un universo linguistico dell'arte ad un altro, l'idea che lo strumento sia questo o quel linguaggio dell'arte da utilizzare con i "contenuti" umani dell'artista in relazione ai suoi obiettivi emotivi, empatici ed endogeni.
Su questi ultimi, stiamo focalizzando il nostro focus tematico espositivo, attraverso la loro ricerca trasversale e laterale ci stiamo interrogando su quanto la "specializzazione culturale industriale" del secolo passato, limiti realmente la sfera creativa e cognitiva di un artista che sappia connettere diversi linguaggi dell'arte, un artista in grado di attraversarli per sondare la sua esperienza e ricerca umana, prescindendo dal suo "lavoro".
Insomma a guardare quello che viene mostrato in "Dentro o fuori? Il doppio volto dell'artista dentro e fuori il sistema dell'arte" appare nitido che mentre le professioni dell'arte possono essere lavoro, l'arte della vita è innegabilmente ricerca di senso, ricordate Cocteau? "Bisogna essere uomini in vita e artisti postumi".
Aveva capito tutto dell'arte e della vita.
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