Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario
Dal 21 Dicembre 2022 al 10 Aprile 2023
Napoli
Luogo: MANN - Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Indirizzo: Piazza Museo 19
Orari: 09.00 – 19.30. Chiuso martedì
Curatori: Federico Marazzi
Prolungata: fino al 10 aprile 2023
Costo del biglietto: Intero € 18, Ridotto € 2 per cittadini dell’Unione Europea tra i 18 e i 25 anni
Sito ufficiale: http://mann-napoli.it
Il celebre scrittore inglese Robert Byron attribuiva la grandezza di Bisanzio alla «triplice fusione» di un corpo romano, una mente greca, un’anima orientale e mistica. Una fusione che l’arte e la cultura interpretarono e seppero diffondere attraverso i secoli, come emerge dalla ricchissima mostra "Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario" in programma al Museo Archeologico Nazionale di Napoli dal 21 dicembre 2022 al 13 febbraio 2023.
“Esiste una Campania archeologica dopo la caduta di Roma e raccontare in una grande mostra i mille anni di questo impero è per il MANN una nuova tappa del percorso, partito dai Longobardi, verso una più completa identità del nostro stesso museo. Napoli bizantina è un tema cruciale e per molti sarà una sorpresa, alla scoperta di un intreccio di destini tra la città e l'impero lungo sei secoli, dopo la sottomissione a Roma, il tratto più lungo della sua storia. E anche quando il dominio bizantino di Napoli evaporò, questo legame con l'Impero non fu mai rinnegato e si trasformò in volano per tenere vivi i contatti con il Mediterraneo, la tensione verso altri mondi. Il MANN è quindi il luogo ideale in Italia per raccontare questa storia”, commenta il Direttore del Museo, Paolo Giulierini.
La mostra sui Bizantini, curata da Federico Marazzi (Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli), sviluppa in quindici sezioni le fasi storiche successive all’impero Romano d’Occidente, dedicando un focus a Napoli (città “bizantina” per circa sei secoli, dopo la conquista da parte di Belisario e le sue armate nel 536 d.C.) e approfondendo i legami fra Grecia e Italia meridionale.
Il progetto scientifico dell'esposizione è stato sviluppato da un team di studiosi italiani della civiltà bizantina, team guidato dallo stesso Federico Marazzi e composto da Lucia Arcifa, Ermanno Arslan, Isabella Baldini, Salvatore Cosentino, Edoardo Crisci, Alessandra Guiglia, Marilena Maniaci, Rossana Martorelli, Andrea Paribeni ed Enrico Zanini. La mostra, coordinata da Laura Forte (Responsabile Ufficio Mostre al MANN) e organizzata da Villaggio Globale International, è realizzata con il sostegno della Regione Campania (POC Campania 2014-2020) e in collaborazione con l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa” di Napoli. Il progetto di allestimento è di Andrea Mandara e quello grafico di Francesca Pavese.
Diversi i temi affrontati: la struttura del potere e dello Stato; l'insediamento urbano e rurale; gli scambi culturali; la religiosità; le arti e le espressioni della cultura scritta, letteraria e amministrativa. Sono oltre quattrocento le opere esposte, provenienti dalle collezioni del MANN e da prestiti concessi da 57 dei principali musei e istituzioni che custodiscono in Italia e in Grecia materiali bizantini (33 istituti italiani, 22 musei greci isole incluse, Musei Vaticani e Fabbrica di San Pietro). Grazie alla prestigiosa collaborazione con il Ministero Ellenico della Cultura, molti dei materiali in allestimento sono visibili per la prima volta: diversi manufatti sono stati rinvenuti, infatti, nel corso degli scavi per la realizzazione della metropolitana di Salonicco. Altri reperti, concessi in prestito dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per il Comune di Napoli, sono stati ritrovati negli scavi della linea 1 della metropolitana.
Gli oggetti in mostra si distinguono per la varietà di materia e funzione: sculture, mosaici, affreschi, instrumentum domesticum, sigilli, monete, ceramiche, smalti, suppellettili d’argento, oreficerie ed elementi architettonici danno conto di una complessa realtà, connotata da eccellenze manifatturiere e artistiche. Grazie ai simboli dell’Impero d’Oriente, la creatività del mondo antico “transita”, così, verso il Medioevo, con un linguaggio rinnovato dalla fede cristiana e arricchito da innesti culturali iranici e arabi.
L’esposizione è accompagnata da un ricco apparato editoriale: catalogo scientifico (in uscita a gennaio 2023), guida breve, pubblicazione degli itinerari bizantini della Campania e guida dedicata ai bambini.
PREMESSE STORICHE E RAGIONI DI UNA MOSTRA: IL MITO DI BISANZIO
Dopo circa quarant’anni dall’ultima esposizione in Italia, una mostra racconta il mondo affascinante e complesso dell’Impero Bizantino: quell’Impero Romano d’Oriente (Romèi erano chiamati e si autodefinivano i suoi abitanti), sopravvissuto per quasi dieci secoli alla caduta della pars Occidentis, quando il barbaro Odoacre nel 476 riuscì a deporre l’ultimo imperatore d’Occidente, Romolo Augustolo.
Fu allora che Costantinopoli, la città sul Bosforo, l’antica Byzantion rifondata nel 330 dall’Imperatore Costantino come “Nuova Roma”, divenne il centro e il cuore politico, istituzionale e culturale dell’Impero Romano. Un Impero che, di fatto, continuò a vivere fino al 1453 (anno della caduta della capitale in mano ai Turchi di Maometto II), assumendo nel tempo connotati diversi: la lingua greca, ad esempio, era usata per gli atti ufficiali e il Cristianesimo era stato assunto come religione di stato, fondante l’identità dell’Impero.
Questo “mutamento di pelle” indusse gli eruditi, dal Seicento in poi, a cercare un nuovo nome - Impero Bizantino - per indicare una realtà politica che connetteva Oriente e Occidente, contribuendo così innegabilmente non solo alla formazione dell’Europa medievale, ma anche alla genesi dell’Umanesimo. Una volta superati i pregiudizi primo-settecenteschi, che associavano al bizantinismo le negatività di una burocrazia invalidante e di una società statica, il mito di Bisanzio, impero multietnico, è cresciuto in questi ultimi tempi.
L’ALLESTIMENTO AL MANN
L’ATRIO E L’INGRESSO NEL SALONE DELLA MERIDIANA
Nell’atrio del MANN, sul grande capitello (marmo proconnesio, VII secolo d.C., proveniente da Costantinopoli e conservato al Museo archeologico “Paolo Orsi” di Siracusa), campeggiano la croce e il chrismón (il monogramma composto dalle lettere greche X-chi e P-rho) del nome di Cristo: l’arte e la bellezza sono i principali veicoli per celebrare il trionfo della cristianità.
Accanto a questo manufatto alcuni oggetti simbolici introducono al percorso espositivo che si sviluppa nel Salone della Meridiana: un viaggio nella storia dei Bizantini dal 330 al 1204, anno della quarta crociata, che determinò la conquista latina di Costantinopoli e il momento cruciale nel processo di dissoluzione dell’Impero.
Ecco, dunque, il grande mosaico pavimentale del MANN (oltre 4,5 m di lunghezza), proveniente dal sito archeologico dell’antica colonia romana di Minturnae e caratterizzato da motivi geometrici, figure zoomorfe e vegetali; la lastra con due animali- un pegaso con testa e zoccoli equini e un grifo con testa di uccello e unghie di leone - del Museo archeologico di Cagliari; il frammento di mosaico pavimentale dalla Basilica di San Severo a Classe dal Museo Nazionale di Ravenna, con bordi multicolori e vivaci caratterizzazioni cromatiche.
Nel Salone della Meridiana il visitatore è accolto da opere iconiche: la statua di un giovane aristocratico romano, che debutta nell’agone politico inaugurando le corse dei carri (il manufatto è in prestito dal Museo Centrale Montemartini), e il busto del pensieroso filosofo greco dal Museo archeologico di Salonicco rappresentano bene, in apertura, un mondo in profonda trasformazione. Presto, infatti, le classi aristocratiche si faranno portavoce di un nuovo sentimento cristiano: l’imperatore non sarà più considerato un dio in terra ma il rappresentante in terra dell’unico Dio e Costantinopoli diverrà la porta di accesso a una nuova dimensione.
In un focus specifico, la mostra ricorda il duraturo intreccio dei destini di Napoli e Bisanzio: un legame stretto dal 536, anno in cui Napoli fu conquistata dalle armate dell’Impero Romano d’Oriente, sino al 1137 quando, dopo la morte dell’ultimo duca Sergio VII, la città si consegnò al re di Sicilia, il normanno Ruggero II.
Un lasso temporale in cui l’attuale capoluogo campano e il suo territorio vissero un duraturo periodo di autogoverno e indiscussa autonomia da dominazioni straniere: dagli anni Trenta del IX secolo, infatti, il controllo imperiale diretto si era indebolito e Napoli, pur continuando a essere formalmente dipendente da Bisanzio, aveva istituito un ducato autonomo, sostenuto dall’aristocrazia locale.
Diversi reperti in allestimento sono testimonianze di queste contaminazioni culturali: epigrafi e iscrizioni greco-cristiane, elementi architettonici con schemi compositivi e simboli della scultura bizantina, anfore che testimoniano floridi e costanti contatti con l’Oriente.
IL PERCORSO DI VISITA NEL SALONE DELLA MERIDIANA
L’esposizione racconta le caratteristiche della società bizantina, servendosi di elementi diversi che amplificano le suggestioni dell’esperienza di visita: in primis, naturalmente, i reperti, ottenuti in prestito da tante prestigiose istituzioni; ancora, i contenuti multimediali, con video che ripropongono la ricostruzione di Bisanzio nel momento del suo massimo splendore, le principali tipologie edilizie e i codici miniati, supporti antichi della scrittura; infine, la grafica di sala, connotata dal colore giallo oro, presenta mappe, linee del tempo, gigantografie e riproduzioni in dettaglio di siti di culto ortodosso, interni di chiese e monasteri, magnifici mosaici delle chiese ravennati e opere iconiche inamovibili.
In allestimento, le sculture e le monete, in particolare dai Musei di Atene e Salonicco e dalle collezioni del MANN, creanouna vera e propria galleria dei ritratti di imperatori: Teodosio, Giustiniano, Basilio II, Giovanni II Comneno e altri ancora.
Da non perdere, inoltre, croci greche d’oro e d’argento, bolle, collane, encolpi, croci pettorali e pendenti (tra cui diversi oggetti di particolare interesse, mai esposti prima, provenienti dal Museo Nazionale Romano). Alcuni sigilli di autorità della Chiesa d’Oriente - da Fozio, patriarca di Costantinopoli, a Niceta, arcivescovo di Salonicco - danno conto della forza delle “gerarchie ecclesiastiche” dell’epoca. In mostra si celebra anche il potere del ceto dei burocrati dell’amministrazione imperiale e dell’esercito, celebre grazie all’arma segreta del “fuoco greco”: in allestimento vi sono, infatti, le granate in ceramica contenenti i proiettili rinvenuti nel Castello di Santa Maria del Mare, presso Squillace.
Tra i tanti manufatti esposti è necessario menzionare, inoltre, il grande disco onorario (dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze), concesso dall’imperatrice Galla Placidia al potente generale Flavius Ardabur Aspar per i suoi meriti militari(l’oggetto, quasi due chili d’argento lavorati a bulino, fu rinvenuto nel XVIII secolo nel torrente Cestione e donato al Granduca di Toscana); il famoso elmo ostrogoto del Museo dell’Abruzzo Bizantino ed Altomedievale; il piatto d’argento con emblema figurato da Isola Rizza del Museo di Castelvecchio di Verona; il pannello affrescato con un santo militare in prestito dal Museo della Cultura bizantina di Salonicco; la figura di soldato rappresentata su una lastra in marmo (frammentaria), proveniente dal monastero delle Blacherne di Arta, nell’Epiro, parte della Collezione archeologica di Paregoretissa. Di gran pregio la gemma in onice con guerriero che caccia un cinghiale (IV secolo) e il cammeo in diaspro rosso con San Demetrio della collezione Farnese (X secolo), entrambi appartenenti al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Fra le suppellettili della vita quotidiana, accanto a ceramiche invetriate, lucerne, oggetti d’uso comune, vi sono anche: i busti in marmo di due coniugi rinvenuti insieme (inizio del V secolo, dal Museo archeologico di Salonicco); alcune raffinate stele; le corone nuziali in bronzo dal Museo Cristiano e Bizantino di Atene e, soprattutto, i preziosi gioielli simbolo della raffinatezza e della maestria orafa bizantina.
Diciassette gioielli aurei con gemme e pietre preziose formano, intrecciati, un magnifico accessorio d’abbigliamento del IV secolo concesso dall’Eforato delle Antichità di Salonicco. Ancora, tra anelli, orecchini con perle e granati, bracciali, collane con perle di vetro e ametiste, croci e fibule filigranate in oro, spiccano: un preziosissimo bracciale in oro e smalto (IX - X secolo da Salonicco); alcune gemme a soggetto cristiano (San Demetrio e Sette dormienti di Efeso),prodotte a Venezia nel XIII secolo, inedite e custodite al MANN; i famosi ‘Ori di Senise’ (seconda metà VII secolo), parte dei quali ricondotti dall’orientamento prevalente della critica a maestranze costantinopolitane.
La ricchezza del corpus espositivo connota tutte le sezioni della mostra, sottolineando le connessioni che l’Impero bizantino creò tra mondo occidentale e orientale.
A testimoniare l’importanza del sacro nella cultura bizantina si possono ammirare, nel Salone della Meridiana: un pannello dipinto di due metri, con San Giorgio e San Nicola; una bellissima icona di San Anastasia da Naxos; un mosaico con ritratto (705 - 707) e uno con la Lavanda del Bambino, provenienti dall’oratorio dedicato al papa greco Giovanni VII nella Fabbrica di San Pietro. L’allestimento, inoltre, comprende basi d’altare, calchi in gesso di transetti ravennati, straordinari capitelli, lastre di pulpito, parti di sarcofagi e di iconostasi, ampolle ed epigrafi che giungono da Grecia, Ravenna, Cagliari, Siracusa, Agrigento, Torcello, Gaeta e Cortona; dai Musei Vaticani è concessa in prestito una lastra in marmo bianco in cui compaiono croci sia a rilievo che graffite e incisioni in armeno e latino.
Quanto mai interessante la presenza di un nucleo di elementi architettonici appartenenti al cosiddetto relitto di Marzememi, una nave affondata lungo la costa sud-orientale della Sicilia, riferibile all’età di Giustiniano (527-565) e probabilmente proveniente da Costantinopoli con un carico destinato alla realizzazione di una chiesa nei territori bizantini d’Italia.
Non mancano in esposizione gli avori per gli arredi liturgici, tra cui spiccano due placchette dal Museo Medievale di Bologna - una con la “vestizione di Aronne e dei suoi figli”, l’altra con busti di santi - e una formella del XII secolo dal Museo Nazionale di Ravenna, con la “dormizione della Vergine” nell’iconografia consolidatasi dopo il periodo iconoclasta.
Tra le varie sezioni della mostra, non si può non segnalare, infine, quella relativa alla scrittura e alla produzione libraria e documentaria.
Il permanere in Oriente della macchina burocratico-amministrativa romana e l’alfabetizzazione diffusa hanno consentito da un lato la conservazione delle opere scientifiche, letterarie e filosofiche in greco, giunte a noi proprio grazie a Bisanzio; dall’altro la conoscenza indiretta di testi che non si conservati materialmente, ma sono citati nelle opere degli eruditi bizantini.
Tra le opere esposte sono eccezionali i prestiti dalla Biblioteca Laurenziana di Firenze, da cui giungono un preziosissimo Tetravangelo greco di fine XI-inizi XII secolo, forse già nella biblioteca di Lorenzo il Magnifico - esemplare unico per lo splendido apparato decorativo tra cui risaltano 294 miniature in campo aperto - e una straordinaria miscellanea di testi medici e fisiatrici. La miscellanea, prodotta a Bisanzio nel X secolo con un’elaborata iconografia, è appartenuta alla collezione medicea e per un certo periodo è stata trasferita anche a Roma per volere di Papa Clemente VII. Dalla Grecia, invece, sono concessi in prestito un incredibile Lezionario miniato della metà dell’XI secolo (dall’Eforato di Antichità delle Cicladi) conservato ad Amorgos, e un Rotolo con la divina liturgia di S.Giovanni Crisostomo (XII/XIII sec) dal Museo Cristiano e Bizantino di Atene.
UNO SGUARDO AL PRESENTE
La mostra di Napoli getta una sguardo su un mondo che è lo specchio di tutto quanto l’Occidente aveva perduto con il crollo dell’Impero Romano e che avrebbe lentamente e faticosamente riconquistato nei secoli successivi all’anno Mille: tecniche artistiche e produttive, modi di intendere l’estetica degli oggetti, scritti e saperi.
L’esposizione getta luce anche sulle strutture di un impero universale e autocratico ma capace, allo stesso tempo, di tenere unita una società multietnica e composita, di cui sono stati eredi sia l’impero zarista che l’Islam sultaniale.
A partire dalla presa di Costantinopoli anche il sultano ottomano userà il titolo di “imperatore di Roma” e nel suo Impero la cultura romano-bizantina sarà perpetuata di fatto.
La storia ci aiuta sempre a capire il presente: le contrapposizioni successive e molte delle tensioni e dei conflitti, che tutt’oggi interessano quell’area definita da Fernand Braudel “Mediterraneo Maggiore”, hanno di fatto trovato linfa nel vuoto determinato dalla caduta di Bisanzio e dalle ceneri dell’Impero.
“Esiste una Campania archeologica dopo la caduta di Roma e raccontare in una grande mostra i mille anni di questo impero è per il MANN una nuova tappa del percorso, partito dai Longobardi, verso una più completa identità del nostro stesso museo. Napoli bizantina è un tema cruciale e per molti sarà una sorpresa, alla scoperta di un intreccio di destini tra la città e l'impero lungo sei secoli, dopo la sottomissione a Roma, il tratto più lungo della sua storia. E anche quando il dominio bizantino di Napoli evaporò, questo legame con l'Impero non fu mai rinnegato e si trasformò in volano per tenere vivi i contatti con il Mediterraneo, la tensione verso altri mondi. Il MANN è quindi il luogo ideale in Italia per raccontare questa storia”, commenta il Direttore del Museo, Paolo Giulierini.
La mostra sui Bizantini, curata da Federico Marazzi (Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli), sviluppa in quindici sezioni le fasi storiche successive all’impero Romano d’Occidente, dedicando un focus a Napoli (città “bizantina” per circa sei secoli, dopo la conquista da parte di Belisario e le sue armate nel 536 d.C.) e approfondendo i legami fra Grecia e Italia meridionale.
Il progetto scientifico dell'esposizione è stato sviluppato da un team di studiosi italiani della civiltà bizantina, team guidato dallo stesso Federico Marazzi e composto da Lucia Arcifa, Ermanno Arslan, Isabella Baldini, Salvatore Cosentino, Edoardo Crisci, Alessandra Guiglia, Marilena Maniaci, Rossana Martorelli, Andrea Paribeni ed Enrico Zanini. La mostra, coordinata da Laura Forte (Responsabile Ufficio Mostre al MANN) e organizzata da Villaggio Globale International, è realizzata con il sostegno della Regione Campania (POC Campania 2014-2020) e in collaborazione con l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa” di Napoli. Il progetto di allestimento è di Andrea Mandara e quello grafico di Francesca Pavese.
Diversi i temi affrontati: la struttura del potere e dello Stato; l'insediamento urbano e rurale; gli scambi culturali; la religiosità; le arti e le espressioni della cultura scritta, letteraria e amministrativa. Sono oltre quattrocento le opere esposte, provenienti dalle collezioni del MANN e da prestiti concessi da 57 dei principali musei e istituzioni che custodiscono in Italia e in Grecia materiali bizantini (33 istituti italiani, 22 musei greci isole incluse, Musei Vaticani e Fabbrica di San Pietro). Grazie alla prestigiosa collaborazione con il Ministero Ellenico della Cultura, molti dei materiali in allestimento sono visibili per la prima volta: diversi manufatti sono stati rinvenuti, infatti, nel corso degli scavi per la realizzazione della metropolitana di Salonicco. Altri reperti, concessi in prestito dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per il Comune di Napoli, sono stati ritrovati negli scavi della linea 1 della metropolitana.
Gli oggetti in mostra si distinguono per la varietà di materia e funzione: sculture, mosaici, affreschi, instrumentum domesticum, sigilli, monete, ceramiche, smalti, suppellettili d’argento, oreficerie ed elementi architettonici danno conto di una complessa realtà, connotata da eccellenze manifatturiere e artistiche. Grazie ai simboli dell’Impero d’Oriente, la creatività del mondo antico “transita”, così, verso il Medioevo, con un linguaggio rinnovato dalla fede cristiana e arricchito da innesti culturali iranici e arabi.
L’esposizione è accompagnata da un ricco apparato editoriale: catalogo scientifico (in uscita a gennaio 2023), guida breve, pubblicazione degli itinerari bizantini della Campania e guida dedicata ai bambini.
PREMESSE STORICHE E RAGIONI DI UNA MOSTRA: IL MITO DI BISANZIO
Dopo circa quarant’anni dall’ultima esposizione in Italia, una mostra racconta il mondo affascinante e complesso dell’Impero Bizantino: quell’Impero Romano d’Oriente (Romèi erano chiamati e si autodefinivano i suoi abitanti), sopravvissuto per quasi dieci secoli alla caduta della pars Occidentis, quando il barbaro Odoacre nel 476 riuscì a deporre l’ultimo imperatore d’Occidente, Romolo Augustolo.
Fu allora che Costantinopoli, la città sul Bosforo, l’antica Byzantion rifondata nel 330 dall’Imperatore Costantino come “Nuova Roma”, divenne il centro e il cuore politico, istituzionale e culturale dell’Impero Romano. Un Impero che, di fatto, continuò a vivere fino al 1453 (anno della caduta della capitale in mano ai Turchi di Maometto II), assumendo nel tempo connotati diversi: la lingua greca, ad esempio, era usata per gli atti ufficiali e il Cristianesimo era stato assunto come religione di stato, fondante l’identità dell’Impero.
Questo “mutamento di pelle” indusse gli eruditi, dal Seicento in poi, a cercare un nuovo nome - Impero Bizantino - per indicare una realtà politica che connetteva Oriente e Occidente, contribuendo così innegabilmente non solo alla formazione dell’Europa medievale, ma anche alla genesi dell’Umanesimo. Una volta superati i pregiudizi primo-settecenteschi, che associavano al bizantinismo le negatività di una burocrazia invalidante e di una società statica, il mito di Bisanzio, impero multietnico, è cresciuto in questi ultimi tempi.
L’ALLESTIMENTO AL MANN
L’ATRIO E L’INGRESSO NEL SALONE DELLA MERIDIANA
Nell’atrio del MANN, sul grande capitello (marmo proconnesio, VII secolo d.C., proveniente da Costantinopoli e conservato al Museo archeologico “Paolo Orsi” di Siracusa), campeggiano la croce e il chrismón (il monogramma composto dalle lettere greche X-chi e P-rho) del nome di Cristo: l’arte e la bellezza sono i principali veicoli per celebrare il trionfo della cristianità.
Accanto a questo manufatto alcuni oggetti simbolici introducono al percorso espositivo che si sviluppa nel Salone della Meridiana: un viaggio nella storia dei Bizantini dal 330 al 1204, anno della quarta crociata, che determinò la conquista latina di Costantinopoli e il momento cruciale nel processo di dissoluzione dell’Impero.
Ecco, dunque, il grande mosaico pavimentale del MANN (oltre 4,5 m di lunghezza), proveniente dal sito archeologico dell’antica colonia romana di Minturnae e caratterizzato da motivi geometrici, figure zoomorfe e vegetali; la lastra con due animali- un pegaso con testa e zoccoli equini e un grifo con testa di uccello e unghie di leone - del Museo archeologico di Cagliari; il frammento di mosaico pavimentale dalla Basilica di San Severo a Classe dal Museo Nazionale di Ravenna, con bordi multicolori e vivaci caratterizzazioni cromatiche.
Nel Salone della Meridiana il visitatore è accolto da opere iconiche: la statua di un giovane aristocratico romano, che debutta nell’agone politico inaugurando le corse dei carri (il manufatto è in prestito dal Museo Centrale Montemartini), e il busto del pensieroso filosofo greco dal Museo archeologico di Salonicco rappresentano bene, in apertura, un mondo in profonda trasformazione. Presto, infatti, le classi aristocratiche si faranno portavoce di un nuovo sentimento cristiano: l’imperatore non sarà più considerato un dio in terra ma il rappresentante in terra dell’unico Dio e Costantinopoli diverrà la porta di accesso a una nuova dimensione.
In un focus specifico, la mostra ricorda il duraturo intreccio dei destini di Napoli e Bisanzio: un legame stretto dal 536, anno in cui Napoli fu conquistata dalle armate dell’Impero Romano d’Oriente, sino al 1137 quando, dopo la morte dell’ultimo duca Sergio VII, la città si consegnò al re di Sicilia, il normanno Ruggero II.
Un lasso temporale in cui l’attuale capoluogo campano e il suo territorio vissero un duraturo periodo di autogoverno e indiscussa autonomia da dominazioni straniere: dagli anni Trenta del IX secolo, infatti, il controllo imperiale diretto si era indebolito e Napoli, pur continuando a essere formalmente dipendente da Bisanzio, aveva istituito un ducato autonomo, sostenuto dall’aristocrazia locale.
Diversi reperti in allestimento sono testimonianze di queste contaminazioni culturali: epigrafi e iscrizioni greco-cristiane, elementi architettonici con schemi compositivi e simboli della scultura bizantina, anfore che testimoniano floridi e costanti contatti con l’Oriente.
IL PERCORSO DI VISITA NEL SALONE DELLA MERIDIANA
L’esposizione racconta le caratteristiche della società bizantina, servendosi di elementi diversi che amplificano le suggestioni dell’esperienza di visita: in primis, naturalmente, i reperti, ottenuti in prestito da tante prestigiose istituzioni; ancora, i contenuti multimediali, con video che ripropongono la ricostruzione di Bisanzio nel momento del suo massimo splendore, le principali tipologie edilizie e i codici miniati, supporti antichi della scrittura; infine, la grafica di sala, connotata dal colore giallo oro, presenta mappe, linee del tempo, gigantografie e riproduzioni in dettaglio di siti di culto ortodosso, interni di chiese e monasteri, magnifici mosaici delle chiese ravennati e opere iconiche inamovibili.
In allestimento, le sculture e le monete, in particolare dai Musei di Atene e Salonicco e dalle collezioni del MANN, creanouna vera e propria galleria dei ritratti di imperatori: Teodosio, Giustiniano, Basilio II, Giovanni II Comneno e altri ancora.
Da non perdere, inoltre, croci greche d’oro e d’argento, bolle, collane, encolpi, croci pettorali e pendenti (tra cui diversi oggetti di particolare interesse, mai esposti prima, provenienti dal Museo Nazionale Romano). Alcuni sigilli di autorità della Chiesa d’Oriente - da Fozio, patriarca di Costantinopoli, a Niceta, arcivescovo di Salonicco - danno conto della forza delle “gerarchie ecclesiastiche” dell’epoca. In mostra si celebra anche il potere del ceto dei burocrati dell’amministrazione imperiale e dell’esercito, celebre grazie all’arma segreta del “fuoco greco”: in allestimento vi sono, infatti, le granate in ceramica contenenti i proiettili rinvenuti nel Castello di Santa Maria del Mare, presso Squillace.
Tra i tanti manufatti esposti è necessario menzionare, inoltre, il grande disco onorario (dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze), concesso dall’imperatrice Galla Placidia al potente generale Flavius Ardabur Aspar per i suoi meriti militari(l’oggetto, quasi due chili d’argento lavorati a bulino, fu rinvenuto nel XVIII secolo nel torrente Cestione e donato al Granduca di Toscana); il famoso elmo ostrogoto del Museo dell’Abruzzo Bizantino ed Altomedievale; il piatto d’argento con emblema figurato da Isola Rizza del Museo di Castelvecchio di Verona; il pannello affrescato con un santo militare in prestito dal Museo della Cultura bizantina di Salonicco; la figura di soldato rappresentata su una lastra in marmo (frammentaria), proveniente dal monastero delle Blacherne di Arta, nell’Epiro, parte della Collezione archeologica di Paregoretissa. Di gran pregio la gemma in onice con guerriero che caccia un cinghiale (IV secolo) e il cammeo in diaspro rosso con San Demetrio della collezione Farnese (X secolo), entrambi appartenenti al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Fra le suppellettili della vita quotidiana, accanto a ceramiche invetriate, lucerne, oggetti d’uso comune, vi sono anche: i busti in marmo di due coniugi rinvenuti insieme (inizio del V secolo, dal Museo archeologico di Salonicco); alcune raffinate stele; le corone nuziali in bronzo dal Museo Cristiano e Bizantino di Atene e, soprattutto, i preziosi gioielli simbolo della raffinatezza e della maestria orafa bizantina.
Diciassette gioielli aurei con gemme e pietre preziose formano, intrecciati, un magnifico accessorio d’abbigliamento del IV secolo concesso dall’Eforato delle Antichità di Salonicco. Ancora, tra anelli, orecchini con perle e granati, bracciali, collane con perle di vetro e ametiste, croci e fibule filigranate in oro, spiccano: un preziosissimo bracciale in oro e smalto (IX - X secolo da Salonicco); alcune gemme a soggetto cristiano (San Demetrio e Sette dormienti di Efeso),prodotte a Venezia nel XIII secolo, inedite e custodite al MANN; i famosi ‘Ori di Senise’ (seconda metà VII secolo), parte dei quali ricondotti dall’orientamento prevalente della critica a maestranze costantinopolitane.
La ricchezza del corpus espositivo connota tutte le sezioni della mostra, sottolineando le connessioni che l’Impero bizantino creò tra mondo occidentale e orientale.
A testimoniare l’importanza del sacro nella cultura bizantina si possono ammirare, nel Salone della Meridiana: un pannello dipinto di due metri, con San Giorgio e San Nicola; una bellissima icona di San Anastasia da Naxos; un mosaico con ritratto (705 - 707) e uno con la Lavanda del Bambino, provenienti dall’oratorio dedicato al papa greco Giovanni VII nella Fabbrica di San Pietro. L’allestimento, inoltre, comprende basi d’altare, calchi in gesso di transetti ravennati, straordinari capitelli, lastre di pulpito, parti di sarcofagi e di iconostasi, ampolle ed epigrafi che giungono da Grecia, Ravenna, Cagliari, Siracusa, Agrigento, Torcello, Gaeta e Cortona; dai Musei Vaticani è concessa in prestito una lastra in marmo bianco in cui compaiono croci sia a rilievo che graffite e incisioni in armeno e latino.
Quanto mai interessante la presenza di un nucleo di elementi architettonici appartenenti al cosiddetto relitto di Marzememi, una nave affondata lungo la costa sud-orientale della Sicilia, riferibile all’età di Giustiniano (527-565) e probabilmente proveniente da Costantinopoli con un carico destinato alla realizzazione di una chiesa nei territori bizantini d’Italia.
Non mancano in esposizione gli avori per gli arredi liturgici, tra cui spiccano due placchette dal Museo Medievale di Bologna - una con la “vestizione di Aronne e dei suoi figli”, l’altra con busti di santi - e una formella del XII secolo dal Museo Nazionale di Ravenna, con la “dormizione della Vergine” nell’iconografia consolidatasi dopo il periodo iconoclasta.
Tra le varie sezioni della mostra, non si può non segnalare, infine, quella relativa alla scrittura e alla produzione libraria e documentaria.
Il permanere in Oriente della macchina burocratico-amministrativa romana e l’alfabetizzazione diffusa hanno consentito da un lato la conservazione delle opere scientifiche, letterarie e filosofiche in greco, giunte a noi proprio grazie a Bisanzio; dall’altro la conoscenza indiretta di testi che non si conservati materialmente, ma sono citati nelle opere degli eruditi bizantini.
Tra le opere esposte sono eccezionali i prestiti dalla Biblioteca Laurenziana di Firenze, da cui giungono un preziosissimo Tetravangelo greco di fine XI-inizi XII secolo, forse già nella biblioteca di Lorenzo il Magnifico - esemplare unico per lo splendido apparato decorativo tra cui risaltano 294 miniature in campo aperto - e una straordinaria miscellanea di testi medici e fisiatrici. La miscellanea, prodotta a Bisanzio nel X secolo con un’elaborata iconografia, è appartenuta alla collezione medicea e per un certo periodo è stata trasferita anche a Roma per volere di Papa Clemente VII. Dalla Grecia, invece, sono concessi in prestito un incredibile Lezionario miniato della metà dell’XI secolo (dall’Eforato di Antichità delle Cicladi) conservato ad Amorgos, e un Rotolo con la divina liturgia di S.Giovanni Crisostomo (XII/XIII sec) dal Museo Cristiano e Bizantino di Atene.
UNO SGUARDO AL PRESENTE
La mostra di Napoli getta una sguardo su un mondo che è lo specchio di tutto quanto l’Occidente aveva perduto con il crollo dell’Impero Romano e che avrebbe lentamente e faticosamente riconquistato nei secoli successivi all’anno Mille: tecniche artistiche e produttive, modi di intendere l’estetica degli oggetti, scritti e saperi.
L’esposizione getta luce anche sulle strutture di un impero universale e autocratico ma capace, allo stesso tempo, di tenere unita una società multietnica e composita, di cui sono stati eredi sia l’impero zarista che l’Islam sultaniale.
A partire dalla presa di Costantinopoli anche il sultano ottomano userà il titolo di “imperatore di Roma” e nel suo Impero la cultura romano-bizantina sarà perpetuata di fatto.
La storia ci aiuta sempre a capire il presente: le contrapposizioni successive e molte delle tensioni e dei conflitti, che tutt’oggi interessano quell’area definita da Fernand Braudel “Mediterraneo Maggiore”, hanno di fatto trovato linfa nel vuoto determinato dalla caduta di Bisanzio e dalle ceneri dell’Impero.
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