Schermi Delle Mie Brame. Il televisore come soggetto e oggetto nelle opere d'arte di una collezione privata
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Schermi Delle Mie Brame. Il televisore come soggetto e oggetto nelle opere d'arte di una collezione privata
Dal 25 Febbraio 2014 al 23 Marzo 2014
Milano
Luogo: Triennale di Milano
Indirizzo: viale Alemagna 6
Orari: da martedì a domenica, 10.30-20.30; giovedì,10.30-23
Curatori: Ivana Mulatero, Francesco Poli
Enti promotori:
- Artegiovane Milano
- Triennale di Milano
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02 724341
E-Mail info: info@triennale.org
Sito ufficiale: http://www.triennale.org/it/
La Triennale di Milano ospita dal 25 febbraio al 23 marzo 2014, la mostra Schermi Delle Mie Brame. Il televisore come soggetto e oggetto nelle opere d’arte di una collezione privata, curata da Ivana Mulatero e Francesco Poli, organizzata dall’associazione Artegiovane Milano in collaborazione con la Triennale di Milano.
È divenuto il nostro spirito oracolare, lo accendiamo ogni giorno, è parte integrante della nostra immagine di vita. È la televisione. A questo strumento, che compie i sessant’anni di attività in Italia, è dedicata un’intera mostra che origina da una singolare e inedita raccolta privata creata da una coppia di collezionisti torinesi nel corso di un’appassionata ricerca a partire dagli anni Ottanta.
L’esposizione, realizzata in collaborazione con La Triennale di Milano, annovera 70 opere tra dipinti, fotografie, disegni, video e piccole installazioni realizzate da alcuni protagonisti dell’arte contemporanea internazionale, quali Nam June Paik, Tony Oursler, Joe Tilson, Marcel Dzama, Euan Macdonald, William Klein, Kocheisen+Hullmann, Steven Meek a cui si aggiungono gli esponenti dell’arte italiana, a cominciare dalle mitiche tele emulsionate da Mario Schifano, datate sul finire degli anni Sessanta, in cui la presenza filmica e televisiva “glamourizza” gli scontri in piazza del maggio francese. Risalendo la china degli anni si raccolgono varianti sul tema della scatola catodica offerte da Ugo Nespolo, Salvo, Aldo Mondino, Fausto Gilberti, Marco Nereo Rotelli, Flavio Favelli, Mario Schifano, Marzia Migliora, Gabriele Picco, fino ad includere giovani emergenti come Andrea Facco, Maria Domenica Rapicavoli e molti altri. Molte opere in collezione raffigurano il televisore come soggetto e oggetto di riti personali e collettivi, accanto a vedute d’interni che lasciano il passo ad ambientazioni di chiara documentazione sociologica sull’uso dello strumento televisivo e altre volte replicano in chiave parodistica la finzione trasmessa dalla tv/scatola d’ombre.
È divenuto il nostro spirito oracolare, lo accendiamo ogni giorno, è parte integrante della nostra immagine di vita. È la televisione. A questo strumento, che compie i sessant’anni di attività in Italia, è dedicata un’intera mostra che origina da una singolare e inedita raccolta privata creata da una coppia di collezionisti torinesi nel corso di un’appassionata ricerca a partire dagli anni Ottanta.
L’esposizione, realizzata in collaborazione con La Triennale di Milano, annovera 70 opere tra dipinti, fotografie, disegni, video e piccole installazioni realizzate da alcuni protagonisti dell’arte contemporanea internazionale, quali Nam June Paik, Tony Oursler, Joe Tilson, Marcel Dzama, Euan Macdonald, William Klein, Kocheisen+Hullmann, Steven Meek a cui si aggiungono gli esponenti dell’arte italiana, a cominciare dalle mitiche tele emulsionate da Mario Schifano, datate sul finire degli anni Sessanta, in cui la presenza filmica e televisiva “glamourizza” gli scontri in piazza del maggio francese. Risalendo la china degli anni si raccolgono varianti sul tema della scatola catodica offerte da Ugo Nespolo, Salvo, Aldo Mondino, Fausto Gilberti, Marco Nereo Rotelli, Flavio Favelli, Mario Schifano, Marzia Migliora, Gabriele Picco, fino ad includere giovani emergenti come Andrea Facco, Maria Domenica Rapicavoli e molti altri. Molte opere in collezione raffigurano il televisore come soggetto e oggetto di riti personali e collettivi, accanto a vedute d’interni che lasciano il passo ad ambientazioni di chiara documentazione sociologica sull’uso dello strumento televisivo e altre volte replicano in chiave parodistica la finzione trasmessa dalla tv/scatola d’ombre.
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