Paolo Novelli. Trilogy
Dal 13 Maggio 2014 al 27 Luglio 2014
Milano
Luogo: Sabrina Raffaghello Arte Contemporanea
Indirizzo: via Gorani 7
Orari: mart-ven 11-19 e su appuntamento
Curatori: Sabrina Raffaghello
Telefono per informazioni: +39 345 0064190
E-Mail info: info@sabrinaraffaghello.com
Sito ufficiale: http://www.sabrinaraffaghello.com
Sabrina Raffaghello Arte Contemporanea presenta per l'apertura del nuovo spazio a Milano la mostra Trilogy dell’artista fotografo Paolo Novelli. Il lavoro di ricerca dell’artista parte da una fotografia analogica in bianco e nero stampata dall’artista (gelatin silver print). Trilogy è un racconto per sequenze di immagini fotografiche di un percorso esistenziale che parte dalla serie VITA BREVIS ARS LONGA (2002) prima tappa della trilogia della decadenza, un personale studio articolato in tre cicli tematici, realizzati dal 2002 al 2012; tappa seguita da GRIGIO NOTTE (2004-2006) e ultimata con INTERIORS (2007-2012).
Punto cardine della trilogia è l’incontro tra le peculiarità del b/n (drammaticità, essenzialità, sintesi e precisione nell’isolare il messaggio visivo/concettuale) e alcuni luoghi/oggetti rappresentativi, in senso metaforico, della decadenza dell’ uomo contemporaneo. Decadenza stigmatizzata in tre aspetti, ognuno tema di un ciclo: la fragilità, la solitudine interiore e l’ossessione. La trilogia intende evocare un uomo vittima/artefice di una società sempre più distante da tutto ciò che non è funzionale ad un benessere materiale e ad un’apparente, effimera e superficiale realizzazione interiore. Il tutto senza che la figura umana compaia, attraverso una serie di rimandi ed evocazioni ad ambienti ai margini; luoghi che esistono ma sono ignorati o non vissuti, ed in quanto tali, diventano simboli di un’assenza, di un vuoto esistenziale.
Il primo ciclo affronta l’ultimo autentico ed inossidabile tabù della società contemporanea: la morte ed in particolare la fragilità dell’uomo di oggi. Lo studio è stato realizzato all’interno dei più significativi camposanti monumentali italiani, tra cui quelli di Genova, Venezia, Milano e Roma. La ricerca si è indirizzata verso un sostanziale paradosso, ovvero il processo di “umanizzazione della statua”. Nella seconda parte della “trilogia della decadenza”, dopo i ritratti funerari di “Vita brevis, Ars longa”, l’attenzione si sposta sugli esterni, sul paesaggio urbano e semi-urbano del nord-Italia, avvolto dalla nebbia. Stato d’animo che trova nel fenomeno atmosferico un simbolo congeniale ed emblematico; in particolare nella sua prerogativa d’impedire la vista e quindi di portare lo spettatore in una dimensione di smarrimento visivo. “Grigio notte” ricerca questo senso di spaesamento, intende restituire il senso d’impotenza visiva ed esistenziale, di chi percorre queste strade, nel ritrovare punti di riferimento. L’aspetto centrale del progetto è il senso di solitudine interiore dettato dall’impossibilità di vedere, quindi conoscere e infine di capire. La terza parte della trilogia della decadenza “Interiors” (2007-2012) riprende il tema della fragilità e della solitudine che trova come sbocco finale il senso di ossessione. Ossessione resa metaforicamente attraverso l’ambiente della galleria stradale. Il presupposto del ciclo è quello d’imporre un punto di vista che richiami una dimensione intima ed incombente. Qui l’attenzione si focalizza esclusivamente su un ”interno” isolato, senza nessun legame con l’esterno. Il tunnel viene quindi inteso, non come luogo di transizione, bensì come spazio chiuso, senza uscita, angusto, simbolicamente teatro dei travagli interiori dell’uomo.
La forza espressiva delle immagini trova come elemento estetico funzionale, la natura informale delle pareti delle gallerie ritratte; lo sguardo è posto al centro della sede stradale e va a ricercare tutti quegli elementi o segni che dilaniano queste pareti, con l’intento di rappresentare una sorta di conflitto intestino, viscerale ed esistenziale. In sostanza una specie di trasposizione di ciò che si consuma, anche inconsciamente, nel fisico e nell’animo umano.
Punto cardine della trilogia è l’incontro tra le peculiarità del b/n (drammaticità, essenzialità, sintesi e precisione nell’isolare il messaggio visivo/concettuale) e alcuni luoghi/oggetti rappresentativi, in senso metaforico, della decadenza dell’ uomo contemporaneo. Decadenza stigmatizzata in tre aspetti, ognuno tema di un ciclo: la fragilità, la solitudine interiore e l’ossessione. La trilogia intende evocare un uomo vittima/artefice di una società sempre più distante da tutto ciò che non è funzionale ad un benessere materiale e ad un’apparente, effimera e superficiale realizzazione interiore. Il tutto senza che la figura umana compaia, attraverso una serie di rimandi ed evocazioni ad ambienti ai margini; luoghi che esistono ma sono ignorati o non vissuti, ed in quanto tali, diventano simboli di un’assenza, di un vuoto esistenziale.
Il primo ciclo affronta l’ultimo autentico ed inossidabile tabù della società contemporanea: la morte ed in particolare la fragilità dell’uomo di oggi. Lo studio è stato realizzato all’interno dei più significativi camposanti monumentali italiani, tra cui quelli di Genova, Venezia, Milano e Roma. La ricerca si è indirizzata verso un sostanziale paradosso, ovvero il processo di “umanizzazione della statua”. Nella seconda parte della “trilogia della decadenza”, dopo i ritratti funerari di “Vita brevis, Ars longa”, l’attenzione si sposta sugli esterni, sul paesaggio urbano e semi-urbano del nord-Italia, avvolto dalla nebbia. Stato d’animo che trova nel fenomeno atmosferico un simbolo congeniale ed emblematico; in particolare nella sua prerogativa d’impedire la vista e quindi di portare lo spettatore in una dimensione di smarrimento visivo. “Grigio notte” ricerca questo senso di spaesamento, intende restituire il senso d’impotenza visiva ed esistenziale, di chi percorre queste strade, nel ritrovare punti di riferimento. L’aspetto centrale del progetto è il senso di solitudine interiore dettato dall’impossibilità di vedere, quindi conoscere e infine di capire. La terza parte della trilogia della decadenza “Interiors” (2007-2012) riprende il tema della fragilità e della solitudine che trova come sbocco finale il senso di ossessione. Ossessione resa metaforicamente attraverso l’ambiente della galleria stradale. Il presupposto del ciclo è quello d’imporre un punto di vista che richiami una dimensione intima ed incombente. Qui l’attenzione si focalizza esclusivamente su un ”interno” isolato, senza nessun legame con l’esterno. Il tunnel viene quindi inteso, non come luogo di transizione, bensì come spazio chiuso, senza uscita, angusto, simbolicamente teatro dei travagli interiori dell’uomo.
La forza espressiva delle immagini trova come elemento estetico funzionale, la natura informale delle pareti delle gallerie ritratte; lo sguardo è posto al centro della sede stradale e va a ricercare tutti quegli elementi o segni che dilaniano queste pareti, con l’intento di rappresentare una sorta di conflitto intestino, viscerale ed esistenziale. In sostanza una specie di trasposizione di ciò che si consuma, anche inconsciamente, nel fisico e nell’animo umano.
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