Milano mai vista. La città e il suo inconscio architettonico
![Milano mai vista. La città e il suo inconscio architettonico, Triennale di Milano Milano mai vista. La città e il suo inconscio architettonico, Triennale di Milano](http://www.arte.it/foto/600x450/3d/27967-02_Portaluppi_Semenza.jpg)
Milano mai vista. La città e il suo inconscio architettonico, Triennale di Milano
Dal 27 Gennaio 2015 al 22 Febbraio 2015
Milano
Luogo: Triennale di Milano
Indirizzo: via Alemagna 6
Curatori: Fulvio Irace, Gabriele Neri
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02 724341
E-Mail info: info@triennale.org
Sito ufficiale: http://www.triennale.org
La mostra “Milano Mai Vista. La città e il suo inconscio architettonico” vuole presentare una vasta selezione di progetti pensati per la città di Milano e mai realizzati.
Attraverso una serie di filmati, realizzati utilizzando materiale grafico proveniente da svariati archivi di architetti, istituzioni pubbliche e privati, è infatti possibile assemblare un patrimonio di sguardi e prospettive progettuali che risultano di estremo interesse sia per l’analisi del passato della città sia per il suo futuro. Anche mancando la concreta realizzazione, il progetto di architettura – in quanto forma espressiva fatta di rappresentazioni grafiche e testuali codificate – conserva infatti vivo la sua originaria forza di immaginare un’alternativa al presente, puntando – per parafrasare la celebre definizione di Edoardo Persico – a dare sostanza alle cose sperate. In questo senso il percorso della mostra corrisponde a un’indagine retroattiva sull’inconscio architettonico e urbanistico di Milano, capace di far affiorare un “rimosso” denso di opportunità e offrirlo alla reinterpretazione con gli occhi del presente e le richieste del futuro.
Il risultato è un mosaico trasversale di una Milano “altra” rispetto a quella attuale: una città invisibile ma comunque presente nella memoria collettiva e costruita. Consegnati alla storia, questi progetti sono stati infatti assorbiti in diversa maniera dalla cultura architettonica coeva e successiva, servendo da modello di riferimento – in modo più o meno consapevole – per architetti, pianificatori, politici, etc., riaffiorando spesso a distanza di tempo sotto forme inedite. È il caso dei progetti di Giuseppe Terragni, di Aldo Rossi, Franco Albini, BBPR, Luciano Baldessari, ecc...
Un gruppo di immagini presenta inoltre le versioni alternative, poi “scartate”, di alcuni progetti effettivamente realizzati, che formano oggi l’immagine consolidata della città attuale. In questo caso non si tratta di “progetti irrealizzati”, ma di percorsi alternativi.
Uno degli esempi più eclatanti è quello della Torre Velasca: le prime ipotesi tracciate dai BBPR svelano una facciata completamente vetrata che, se realizzata, avrebbe donato un carattere molto diverso a questo edificio e al contesto circostante, con effetti profondi anche sul dibattito architettonico internazionale (si pensi alla nota polemica tra Reyner Banham e Ernesto N. Rogers).
Frutto di un lungo lavoro di ricerca e selezione dei materiali, la mostra è pensata interamente su supporto digitale: i risultati della ricerca archivistica sono infatti montati insieme in maniera da comporre una narrazione visiva proiettata sulle diverse pareti che costituiscono l’allestimento.
L’allestimento è pensato come una “black box” completamente rivestita di schermi LED (50x50 cm) da attivare alla presenza del visitatore.
Il risultato è una video?installazione lunga circa 10-15 minuti in cui le diverse prospettive offerte coinvolgono il visitatore-spettatore in una dimensione virtuale corrispondente a una Milano mai vista, una città alternativa rispetto a quella attuale.
Attraverso una serie di filmati, realizzati utilizzando materiale grafico proveniente da svariati archivi di architetti, istituzioni pubbliche e privati, è infatti possibile assemblare un patrimonio di sguardi e prospettive progettuali che risultano di estremo interesse sia per l’analisi del passato della città sia per il suo futuro. Anche mancando la concreta realizzazione, il progetto di architettura – in quanto forma espressiva fatta di rappresentazioni grafiche e testuali codificate – conserva infatti vivo la sua originaria forza di immaginare un’alternativa al presente, puntando – per parafrasare la celebre definizione di Edoardo Persico – a dare sostanza alle cose sperate. In questo senso il percorso della mostra corrisponde a un’indagine retroattiva sull’inconscio architettonico e urbanistico di Milano, capace di far affiorare un “rimosso” denso di opportunità e offrirlo alla reinterpretazione con gli occhi del presente e le richieste del futuro.
Il risultato è un mosaico trasversale di una Milano “altra” rispetto a quella attuale: una città invisibile ma comunque presente nella memoria collettiva e costruita. Consegnati alla storia, questi progetti sono stati infatti assorbiti in diversa maniera dalla cultura architettonica coeva e successiva, servendo da modello di riferimento – in modo più o meno consapevole – per architetti, pianificatori, politici, etc., riaffiorando spesso a distanza di tempo sotto forme inedite. È il caso dei progetti di Giuseppe Terragni, di Aldo Rossi, Franco Albini, BBPR, Luciano Baldessari, ecc...
Un gruppo di immagini presenta inoltre le versioni alternative, poi “scartate”, di alcuni progetti effettivamente realizzati, che formano oggi l’immagine consolidata della città attuale. In questo caso non si tratta di “progetti irrealizzati”, ma di percorsi alternativi.
Uno degli esempi più eclatanti è quello della Torre Velasca: le prime ipotesi tracciate dai BBPR svelano una facciata completamente vetrata che, se realizzata, avrebbe donato un carattere molto diverso a questo edificio e al contesto circostante, con effetti profondi anche sul dibattito architettonico internazionale (si pensi alla nota polemica tra Reyner Banham e Ernesto N. Rogers).
Frutto di un lungo lavoro di ricerca e selezione dei materiali, la mostra è pensata interamente su supporto digitale: i risultati della ricerca archivistica sono infatti montati insieme in maniera da comporre una narrazione visiva proiettata sulle diverse pareti che costituiscono l’allestimento.
L’allestimento è pensato come una “black box” completamente rivestita di schermi LED (50x50 cm) da attivare alla presenza del visitatore.
Il risultato è una video?installazione lunga circa 10-15 minuti in cui le diverse prospettive offerte coinvolgono il visitatore-spettatore in una dimensione virtuale corrispondente a una Milano mai vista, una città alternativa rispetto a quella attuale.
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