Massimo Giacon. The Pop Will Eat Himself
Dal 12 Febbraio 2013 al 31 Marzo 2013
Milano
Luogo: Triennale di Milano
Indirizzo: viale Alemagna 6
Orari: da martedì a domenica 10.30-20.30; giovedì fino alle 23
Costo del biglietto: € 2, mostra + Triennale Design Museum € 8
Telefono per informazioni: +39 02 72434241
E-Mail info: damiano.gulli@triennale.it
Sito ufficiale: http://www.triennale.org/it/
Triennale Design Museum presenta una selezione di sculture in ceramica di Massimo Giacon, edite da Superego editions: una “famiglia” di colorati, mostruosi e grotteschi personaggi scaturiti dalla fantasia dell’eclettico e poliedrico fumettista, illustratore, designer, artista e musicista di origini padovane.
Il progetto nasce da una mostra realizzata alla fine del 2006. Inizialmente i personaggi non erano pensati per essere delle ceramiche, ma semplici immagini bidimensionali che, partendo da schizzi e progetti, diventavano tridimensionali virtualmente, mediante un programma di modellazione 3D.
Giacon vuole rappresentare un mondo di personaggi malati, dei Toys che, a differenza di quelli che popolano l’universo di Toy Story, vivono un’esistenza infelice, deturpati da malattie, mutilati, umiliati da un mondo che non sa più cosa farsene, corrotti dal Pop, visto come un’entità triturante e senza coscienza, ben distante dalla pop art di Warhol.
Afferma Silvana Annicchiarico, direttore del Triennale Design Museum: “Le mostre al Triennale DesignCafé nascono con lo scopo di offrire sguardi inediti su progettisti, temi, materiali, tecniche e lavorazioni, con una particolare attenzione a dialoghi e scambi fra serialità e artigianato, contemporaneità e tradizione.
Confrontandosi con il medium tradizionale della ceramica, Massimo Giacon trasferisce elementi visivi tipici dei suoi fumetti e delle sue illustrazioni dalla bidimensionalità alla tridimensionalità.
Ne risultano opere all’apparenza gioiose e ironiche, ma in realtà profondamente meditative e tragiche. Una amara riflessione sulla perdita di innocenza di una società ormai inesorabilmente corrotta e malata”.
Racconta Massimo Giacon: “The Pop Will Eat Himself è un errore. Nel senso che, per chi conosce abbastanza bene l'inglese, la frase corretta sarebbe: The Pop Will Eat Itself, e la traduzione suona così: Il Pop Mangerà Se Stesso. Come mai questo errore? Se consideriamo al pop come a un'entità astratta it è la giusta definizione, ma se noi pensiamo al Pop come a una specie di divinità pagana moderna, him diventa un suffisso più calzante. Il perché di questo pedante cappello introduttivo è presto detto: nelle titolo è nascosto spesso il senso dell'opera, e le mie ceramiche Superego raggruppate sotto questo titolo nascono da lontano. In realtà all'inizio non dovevano nemmeno essere delle ceramiche, lo sono diventate per caso. All'inizio dovevano essere delle opere figurative aventi come soggetto dei giocattoli malati. Per intenderci anche qui esiste una sottigliezza linguistica, perché uno può prendere l'aggettivo "malato" come un giudizio qualitativo, stilistico, mentre in realtà intendevo costruire un universo parallelo di giocattoli "ammalati". Ammalati di cosa? E perché? I miei giocattoli sono ammalati di noi, come dei moderni martiri, subiscono la nostra corruzione e il nostro malessere, e ci guardano con aria dolente dai fogli delle mie stampe, dai miei disegni su carta, chiedendosi cosa mai è successo, e perché le cose sono andate così malamente. Sono personaggi pop, e allo stesso tempo sono anti-pop, e forse era destino che uscissero dai disegni bidimensionali per diventare degli oggetti tangibili, come se non riuscissero a rimanere confinati in un ambiente così angusto. Diventando oggetti perdono forse un po’ delle loro angosce, magari trovando dei collezionisti che li porteranno a casa e che li ameranno per quello che sono, nonostante quel che sono. Siete pronti a giocare con dei nuovi amichetti?”
Il progetto nasce da una mostra realizzata alla fine del 2006. Inizialmente i personaggi non erano pensati per essere delle ceramiche, ma semplici immagini bidimensionali che, partendo da schizzi e progetti, diventavano tridimensionali virtualmente, mediante un programma di modellazione 3D.
Giacon vuole rappresentare un mondo di personaggi malati, dei Toys che, a differenza di quelli che popolano l’universo di Toy Story, vivono un’esistenza infelice, deturpati da malattie, mutilati, umiliati da un mondo che non sa più cosa farsene, corrotti dal Pop, visto come un’entità triturante e senza coscienza, ben distante dalla pop art di Warhol.
Afferma Silvana Annicchiarico, direttore del Triennale Design Museum: “Le mostre al Triennale DesignCafé nascono con lo scopo di offrire sguardi inediti su progettisti, temi, materiali, tecniche e lavorazioni, con una particolare attenzione a dialoghi e scambi fra serialità e artigianato, contemporaneità e tradizione.
Confrontandosi con il medium tradizionale della ceramica, Massimo Giacon trasferisce elementi visivi tipici dei suoi fumetti e delle sue illustrazioni dalla bidimensionalità alla tridimensionalità.
Ne risultano opere all’apparenza gioiose e ironiche, ma in realtà profondamente meditative e tragiche. Una amara riflessione sulla perdita di innocenza di una società ormai inesorabilmente corrotta e malata”.
Racconta Massimo Giacon: “The Pop Will Eat Himself è un errore. Nel senso che, per chi conosce abbastanza bene l'inglese, la frase corretta sarebbe: The Pop Will Eat Itself, e la traduzione suona così: Il Pop Mangerà Se Stesso. Come mai questo errore? Se consideriamo al pop come a un'entità astratta it è la giusta definizione, ma se noi pensiamo al Pop come a una specie di divinità pagana moderna, him diventa un suffisso più calzante. Il perché di questo pedante cappello introduttivo è presto detto: nelle titolo è nascosto spesso il senso dell'opera, e le mie ceramiche Superego raggruppate sotto questo titolo nascono da lontano. In realtà all'inizio non dovevano nemmeno essere delle ceramiche, lo sono diventate per caso. All'inizio dovevano essere delle opere figurative aventi come soggetto dei giocattoli malati. Per intenderci anche qui esiste una sottigliezza linguistica, perché uno può prendere l'aggettivo "malato" come un giudizio qualitativo, stilistico, mentre in realtà intendevo costruire un universo parallelo di giocattoli "ammalati". Ammalati di cosa? E perché? I miei giocattoli sono ammalati di noi, come dei moderni martiri, subiscono la nostra corruzione e il nostro malessere, e ci guardano con aria dolente dai fogli delle mie stampe, dai miei disegni su carta, chiedendosi cosa mai è successo, e perché le cose sono andate così malamente. Sono personaggi pop, e allo stesso tempo sono anti-pop, e forse era destino che uscissero dai disegni bidimensionali per diventare degli oggetti tangibili, come se non riuscissero a rimanere confinati in un ambiente così angusto. Diventando oggetti perdono forse un po’ delle loro angosce, magari trovando dei collezionisti che li porteranno a casa e che li ameranno per quello che sono, nonostante quel che sono. Siete pronti a giocare con dei nuovi amichetti?”
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