Marcello Mondazzi. Via Crucis
Dal 16 Luglio 2015 al 11 Settembre 2015
Milano
Luogo: Galleria San Fedele
Indirizzo: piazza San Fedele 4
Orari: da lunedì a venerdì 16-19; chiuso sabato, festivi e dal 25 luglio al 31 agosto compresi
Curatori: Andrea Dall'Asta SJ, Nicoletta Cardano
Telefono per informazioni: +39 02 86352233
E-Mail info: sanfedelearte@sanfedele.net
Sito ufficiale: http://www.centrosanfedele.net
Nei testi biblici, la storia dell’uomo inizia con il racconto di un omicidio: Abele è assassinato dal proprio fratello Caino. È qui drammaticamente annunciato come il futuro dell’uomo sarà segnato dall'ineluttabilità della violenza, dalla tragica presenza di continui conflitti, di lotte fratricide. Di fatto, tutta la storia umana sarà costellata da racconti di genocidi, stermini, massacri. Anche in questo tempo di Expo, durante questa internazionale kermesse sul cibo, pensiamo semplicemente a quanto sta oggi accadendo nel nostro mondo cosiddetto «civilizzato»: dalla guerra in Medio Oriente, alle inarrestabili stragi in Africa, alle migrazioni di popoli in fuga dalle loro terre, tutto parla di caos, di dolore, d’impossibilità di vivere nella pace. Da dove nasce questo desiderio dell’uomo di sopprimere il proprio fratello, di volerlo dominare, schiacciare? Nel Nuovo Testamento, la morte di Cristo sulla Croce è ancora al centro della storia umana, come a ripetere l’assassinio di Abele.
In un momento di così forti tensioni politiche, sociali e religiose, per la cui risoluzione non s’intravedono vie d’uscita, la Galleria San Fedele intende riflettere sull'insensatezza della violenza, attraverso la presentazione di un’intensa Via Crucis, realizzata dall'artista Marcello Mondazzi, realizzata come immagini tra scultura e pittura. Sono le 14 stazioni della via dolorosa che Cristo compie per essere crocifisso sul Golgota, alle porte di Gerusalemme, fuori dalla città santa. È un percorso di dolore, ma al tempo stesso di speranza. Nelle diverse tavole, il corpo di Cristo, raffigurato attraverso particolari, si presenta nella sua bellezza discreta, silenziosa, anche nei momenti di maggior dolore, come se nel Cristo della Passione, potessimo già riconoscere il Cristo della Gloria. Quell'uomo è stato tanto amato dal Padre, che non può conoscere la corruzione del sepolcro. È questo un invito rivolto a ciascun uomo, perché possa vivere nella fiducia nel Dio della vita, anche nelle situazioni più drammatiche e oscure. Anche in quelle di oggi… Particolarmente articolata è l’analisi delle singole stazioni, da interpretarsi come appunti, lacerti di quel viaggio di morte. L’intento non è semplicemente illustrativo o didascalico. Tutto è suggerito per frammenti, dettagli, come se le narrazioni dovessero essere ricostruite di volta in volta. Tutto è mostrato con profonda discrezione e anche i volti compaiono raramente. Quando questo accade, si tratta per lo più di autoritratti dell’artista: identificandosi nei diversi personaggi, l’autore sembra così farsi lui stesso protagonista di una Via Crucis intima, personale, da rivivere sulla propria pelle. Grande attenzione è data all'uso dei materiali: le potenzialità espressive dell’intero ciclo, infatti, risiedono nell'effetto della materia plastica - metacrilato - trasformata attraverso l’impiego di oli, petroli e fuoco. La materia, attraverso la combustione e la corrosione del fuoco, diventa lei stessa metafora di un mondo che compie una conversione, un sofferto passaggio, come se partecipasse a una passione, a un dolore. La luce occupa un ruolo fondamentale. La Via Crucis sembra infatti “scritta” con una luce che, attraversando la corrosione della materia, trasforma le superfici opache in luoghi di silenzi, in forme che chiedono riscatto e liberazione.
L’opera è stata realizzata per la chiesa di San Giuseppe Lavoratore di Ponte Taro, nei pressi di Parma, e commissionata dalla famiglia Paladini, con la consulenza teologica di don Valerio Cagna. Dopo la mostra, la Via Crucis sarà collocata in maniera permanente nella chiesa parmense.
In un momento di così forti tensioni politiche, sociali e religiose, per la cui risoluzione non s’intravedono vie d’uscita, la Galleria San Fedele intende riflettere sull'insensatezza della violenza, attraverso la presentazione di un’intensa Via Crucis, realizzata dall'artista Marcello Mondazzi, realizzata come immagini tra scultura e pittura. Sono le 14 stazioni della via dolorosa che Cristo compie per essere crocifisso sul Golgota, alle porte di Gerusalemme, fuori dalla città santa. È un percorso di dolore, ma al tempo stesso di speranza. Nelle diverse tavole, il corpo di Cristo, raffigurato attraverso particolari, si presenta nella sua bellezza discreta, silenziosa, anche nei momenti di maggior dolore, come se nel Cristo della Passione, potessimo già riconoscere il Cristo della Gloria. Quell'uomo è stato tanto amato dal Padre, che non può conoscere la corruzione del sepolcro. È questo un invito rivolto a ciascun uomo, perché possa vivere nella fiducia nel Dio della vita, anche nelle situazioni più drammatiche e oscure. Anche in quelle di oggi… Particolarmente articolata è l’analisi delle singole stazioni, da interpretarsi come appunti, lacerti di quel viaggio di morte. L’intento non è semplicemente illustrativo o didascalico. Tutto è suggerito per frammenti, dettagli, come se le narrazioni dovessero essere ricostruite di volta in volta. Tutto è mostrato con profonda discrezione e anche i volti compaiono raramente. Quando questo accade, si tratta per lo più di autoritratti dell’artista: identificandosi nei diversi personaggi, l’autore sembra così farsi lui stesso protagonista di una Via Crucis intima, personale, da rivivere sulla propria pelle. Grande attenzione è data all'uso dei materiali: le potenzialità espressive dell’intero ciclo, infatti, risiedono nell'effetto della materia plastica - metacrilato - trasformata attraverso l’impiego di oli, petroli e fuoco. La materia, attraverso la combustione e la corrosione del fuoco, diventa lei stessa metafora di un mondo che compie una conversione, un sofferto passaggio, come se partecipasse a una passione, a un dolore. La luce occupa un ruolo fondamentale. La Via Crucis sembra infatti “scritta” con una luce che, attraversando la corrosione della materia, trasforma le superfici opache in luoghi di silenzi, in forme che chiedono riscatto e liberazione.
L’opera è stata realizzata per la chiesa di San Giuseppe Lavoratore di Ponte Taro, nei pressi di Parma, e commissionata dalla famiglia Paladini, con la consulenza teologica di don Valerio Cagna. Dopo la mostra, la Via Crucis sarà collocata in maniera permanente nella chiesa parmense.
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