Fame di Terra

© courtesy Amy d Arte Spazio | Federico Unia (Omer TDK), Il piu furbo
Federico Unia (Omer TDK), Il piu furbo, pittura su parete, m 3x3, 2012, Fame di Terra, Amy d arte_spazio, Milano
Dal 07 Giugno 2012 al 21 Luglio 2012
Milano
Luogo: Amy d arte_spazio
Indirizzo: via Lovanio 6
Orari: da lunedì a venerdì 9-12/ 14.30-18.30
Telefono per informazioni: +39 02 654872/ 348 0306211
E-Mail info: info@amyd.it
Sito ufficiale: http://www.amyd.it
La piattaforma ideologica economART ci introdurrà al tema della “Permacultura” cultura permanente, evoluzione della “Permacoltura” (agricoltura permanente).
Lo scienziato Bill Mollison scriveva: “Avevo capito che l’intero sistema agricolo mondiale non era concepito per produrre cibo, ma soldi e che la permacultura era la vera soluzione alla fame nel mondo”.
Cosa hanno in comune ALAMAR (la rivoluzione verde cubana), IL MOVIMENTO DELLE PATATE di Volos (Grecia) e l’italiano GAT (gruppo acquisto terreni)?
La necessità di tornare alla terra.
Queste asserzioni alla luce del famigerato “Land Grabbing” (appropriazione di terreno)
come nuova forma di colonialismo ci inoltra nella tematica al centro del nostro progetto artistico “FAME DI TERRA” di AMY D arte spazio.
Ha iniziato l’Arabia Saudita con l’acquisto di terreni in Etiopia e locazione di terreni in Zambia e in Tanzania, seguita dalla Cina sempre in cerca di risorse alimentari, dall’India che a parte l’Africa rastrella in Argentina, Malesia e Madagascar, Corea del Sud e Libia.
Questo sistema non incide minimamente nello sviluppo dei paesi dove viene praticato, in quanto cinesi e indiani impiegano e usano loro connazionali per il lavoro della terra arrivando ad usare come nel caso della Cina decine di migliaia di carcerati.
I prodotti coltivati o estratti vengono immediatamente “assimilati” dai mercati interni cinesi e indiani.
In Etiopia l’ettaro è valutato dai 3 ai dieci dollari, La Corea ne ha acquistati 2,3 milioni di ettari, Pechino ne possiede 2,1 milioni, l’Arabia Saudita 1,6 milioni Gli Emirati 1,3 milioni.
Nel nord del Sudan la terra è affittata a due, tre dollari l’anno.
Questi sono i nuovi imperi in nome dell’agrobusiness; la terra si svende come l’anima grazie alla “soft power“: strategia politica di persuasione per la penetrazione in Africa.
Esiste ancora in arte la capacità di un pensiero politico sociale?
Esempi come quello dell’artista Renzo Martens che con il suo lavoro (Episode 3 Enjoy Powerty del 2009) ci ha offerto una traccia da percorrere e un neon (il suo) per vedere.
Vedere oltre, come l’arte sa fare.
La selezione ha premiato i lavori di artisti che investigano la tematica in modo sistemico tale da stabilire un dialogo tra le varie opere e il pubblico.
La ricerca di Emanuele Magri tratta la manipolazione genetica; le installazioni di Valentina De’ Mathà sono strutture cellulari, simbiosi tra Uomo-Natura_Mutamento; il murales di Federico Unia rimanda al primate; la scultura di Daniele Salvalai alla dicotomia uomo-predatore; Lisa van Bommel con la sua Falling into nothingness evidenzia i vincoli tra uomo e natura; l’artista polacco Cyryl fa una scommessa intelligente sul futuro della Terra; Antonio Piga ci svela la dimensione famelica della nuova colonizzazione; Alberto Gianfreda riflette sul lavoro e territorio, mentre la cinese Ren Ri, assolutamente coerente con la sua identità etnica, parla della operosità nazionale, con un’alta e invalicabile muraglia… quella dei confini geografici.
Gli artisti partecipanti diventano così veri guerrieri urbani con le loro piccole–grandi rivoluzioni creative, veicolo della più complessa “rivoluzione economico/sociale” culminata in questi giorni nell’occupazione a Milano di Torre Galfa da parte del Collettivo “I lavoratori dell’arte”.
L’estetica e la scelta dei materiali per “Fame di terra” di Amy d arte_spazio sono finalizzate ad aumentare l’esperienza emotiva umana legata alla terra in quanto luogo di riflessione non solo produttivo: vero Hortus conclusus.
Lo scienziato Bill Mollison scriveva: “Avevo capito che l’intero sistema agricolo mondiale non era concepito per produrre cibo, ma soldi e che la permacultura era la vera soluzione alla fame nel mondo”.
Cosa hanno in comune ALAMAR (la rivoluzione verde cubana), IL MOVIMENTO DELLE PATATE di Volos (Grecia) e l’italiano GAT (gruppo acquisto terreni)?
La necessità di tornare alla terra.
Queste asserzioni alla luce del famigerato “Land Grabbing” (appropriazione di terreno)
come nuova forma di colonialismo ci inoltra nella tematica al centro del nostro progetto artistico “FAME DI TERRA” di AMY D arte spazio.
Ha iniziato l’Arabia Saudita con l’acquisto di terreni in Etiopia e locazione di terreni in Zambia e in Tanzania, seguita dalla Cina sempre in cerca di risorse alimentari, dall’India che a parte l’Africa rastrella in Argentina, Malesia e Madagascar, Corea del Sud e Libia.
Questo sistema non incide minimamente nello sviluppo dei paesi dove viene praticato, in quanto cinesi e indiani impiegano e usano loro connazionali per il lavoro della terra arrivando ad usare come nel caso della Cina decine di migliaia di carcerati.
I prodotti coltivati o estratti vengono immediatamente “assimilati” dai mercati interni cinesi e indiani.
In Etiopia l’ettaro è valutato dai 3 ai dieci dollari, La Corea ne ha acquistati 2,3 milioni di ettari, Pechino ne possiede 2,1 milioni, l’Arabia Saudita 1,6 milioni Gli Emirati 1,3 milioni.
Nel nord del Sudan la terra è affittata a due, tre dollari l’anno.
Questi sono i nuovi imperi in nome dell’agrobusiness; la terra si svende come l’anima grazie alla “soft power“: strategia politica di persuasione per la penetrazione in Africa.
Esiste ancora in arte la capacità di un pensiero politico sociale?
Esempi come quello dell’artista Renzo Martens che con il suo lavoro (Episode 3 Enjoy Powerty del 2009) ci ha offerto una traccia da percorrere e un neon (il suo) per vedere.
Vedere oltre, come l’arte sa fare.
La selezione ha premiato i lavori di artisti che investigano la tematica in modo sistemico tale da stabilire un dialogo tra le varie opere e il pubblico.
La ricerca di Emanuele Magri tratta la manipolazione genetica; le installazioni di Valentina De’ Mathà sono strutture cellulari, simbiosi tra Uomo-Natura_Mutamento; il murales di Federico Unia rimanda al primate; la scultura di Daniele Salvalai alla dicotomia uomo-predatore; Lisa van Bommel con la sua Falling into nothingness evidenzia i vincoli tra uomo e natura; l’artista polacco Cyryl fa una scommessa intelligente sul futuro della Terra; Antonio Piga ci svela la dimensione famelica della nuova colonizzazione; Alberto Gianfreda riflette sul lavoro e territorio, mentre la cinese Ren Ri, assolutamente coerente con la sua identità etnica, parla della operosità nazionale, con un’alta e invalicabile muraglia… quella dei confini geografici.
Gli artisti partecipanti diventano così veri guerrieri urbani con le loro piccole–grandi rivoluzioni creative, veicolo della più complessa “rivoluzione economico/sociale” culminata in questi giorni nell’occupazione a Milano di Torre Galfa da parte del Collettivo “I lavoratori dell’arte”.
L’estetica e la scelta dei materiali per “Fame di terra” di Amy d arte_spazio sono finalizzate ad aumentare l’esperienza emotiva umana legata alla terra in quanto luogo di riflessione non solo produttivo: vero Hortus conclusus.
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