Dennis Oppenheim. Sculture 1979 - 2006

Dennis Oppenheim. Sculture 1979 - 2006, Museo Pecci Milano
Dal 04 Ottobre 2013 al 23 Novembre 2013
Milano
Luogo: Museo Pecci Milano
Indirizzo: Ripa di Porta Ticinese 113
Orari: da martedì a sabato 15-19
Curatori: Alberto Fiz, Amy Oppenheim
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 0574 531828
E-Mail info: press@centropecci.it
Sito ufficiale: http://www.centropecci.it
Con questa mostra dedicata al produzione plastica dell’artista americano Dennis Oppenheim, scomparso nel 2011, che si inaugurerà negli spazi del Museo Pecci Milano il prossimo 3 ottobre (h.18) e che proseguirà fino al 23 novembre 2013, continua la collaborazione tra lo Spazioborgogno e la Galleria Fumagalli.
La rassegna, a cura di Alberto Fiz e Amy Oppenheim, moglie dell’artista, presenta un’ampia selezione di sculture che coprono un arco temporale di quasi un trentennio e spaziano da Tear Drop Room del 1979, una metaforica stanza che contiene una gigantesca lacrima, sino a Volcano del 2006 dove un vulcano, con i fumi che sembrano salire dal pavimento, modifica l’ambiente dello spazio espositivo.
Tra i più importanti artisti del dopoguerra, Oppenheim si è distinto per essere stato artefice di alcune esperienze basilari come la Land Art, la Body Art, L’Arte Ambientale e la Public Art. L’ipotesi rigenerativa e la continua metamorfosi all’interno di un universo precario e instabile sono alla base di tutta l’indagine dell’artista americano. Le sue sono opere destabilizzanti che sfidano costantemente i limiti e sviluppano una nuova percezione dello spazio fisico e psicologico dando vita ad un’imprevedibile ibridazione in grado di anticipare persino le nuove frontiere della scienza e della medicina dove la sostituzione degli organi con le protesi appare sempre più frequente.
Oppenheim sviluppa un universo molecolare dove si crea un dialogo rinnovato tra le forme artificiali e quelle naturali. Tutto, insomma, appare geneticamente modificato: “La sua vicenda artistica”, non è caratterizzata dalla semplice presenza dell’oggetto, bensì dalla sua trasformazione. Un processo entropico che amplia la sfera della conoscenza sviluppando una rinnovata percezione del contesto spazio-temporale. E’ l’esistenza della cosa in sé a subire un radicale cambiamento innestando un meccanismo di alterazione e di devianza. Ciò che appariva stabile, entra definitivamente in crisi sviluppando una precarietà consustanziale al suo stato in base ad un principio che tende ad una progressiva implicazione dell’essere e del paesaggio.”
La rassegna, a cura di Alberto Fiz e Amy Oppenheim, moglie dell’artista, presenta un’ampia selezione di sculture che coprono un arco temporale di quasi un trentennio e spaziano da Tear Drop Room del 1979, una metaforica stanza che contiene una gigantesca lacrima, sino a Volcano del 2006 dove un vulcano, con i fumi che sembrano salire dal pavimento, modifica l’ambiente dello spazio espositivo.
Tra i più importanti artisti del dopoguerra, Oppenheim si è distinto per essere stato artefice di alcune esperienze basilari come la Land Art, la Body Art, L’Arte Ambientale e la Public Art. L’ipotesi rigenerativa e la continua metamorfosi all’interno di un universo precario e instabile sono alla base di tutta l’indagine dell’artista americano. Le sue sono opere destabilizzanti che sfidano costantemente i limiti e sviluppano una nuova percezione dello spazio fisico e psicologico dando vita ad un’imprevedibile ibridazione in grado di anticipare persino le nuove frontiere della scienza e della medicina dove la sostituzione degli organi con le protesi appare sempre più frequente.
Oppenheim sviluppa un universo molecolare dove si crea un dialogo rinnovato tra le forme artificiali e quelle naturali. Tutto, insomma, appare geneticamente modificato: “La sua vicenda artistica”, non è caratterizzata dalla semplice presenza dell’oggetto, bensì dalla sua trasformazione. Un processo entropico che amplia la sfera della conoscenza sviluppando una rinnovata percezione del contesto spazio-temporale. E’ l’esistenza della cosa in sé a subire un radicale cambiamento innestando un meccanismo di alterazione e di devianza. Ciò che appariva stabile, entra definitivamente in crisi sviluppando una precarietà consustanziale al suo stato in base ad un principio che tende ad una progressiva implicazione dell’essere e del paesaggio.”
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