Baj at Marconi’s. Plastics 1967 - 1969
Dal 24 Novembre 2015 al 31 Gennaio 2016
Milano
Luogo: Giò Marconi
Indirizzo: via Tadino 20
Orari: da martedì a sabato 11-19
Telefono per informazioni: +39 02 29 404 373
E-Mail info: info@giomarconi.com
Sito ufficiale: http://www.giomarconi.com
Giò Marconi ha il piacere di annunciare la mostra Baj at Marconi’s. Plastics 1967 - 1969 che ha luogo contemporaneamente alla mostra di Enrico Baj ospitata da Luxembourg & Dayan a New York.
Contraddistinto da una grande passione per l’eccentrico e un forte impulso iconoclasta, Enrico Baj è una delle figure centrali della neoavanguardia italiana. I suoi scritti di arte e politica hanno giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo di movimenti influenti, dal recupero di Dada e Surrealismo fino all’Arte Informale, al gruppo Cobra e al Movimento dell’Arte Nucleare, da lui stesso fondato a Milano con Sergio Dangelo. Baj ha creato una sua iconografia peculiare. Partendo dall’astrazione gestuale della metà degli anni Cinquanta, ha affinato una tecnica pittorica che abbraccia la figurazione così come i simboli del kitsch, sovvertendo le convenzioni borghesi e autoritarie del “buon gusto”.
Verso la fine degli anni Sessanta la ricerca di Enrico Baj si focalizza sulle Plastics.
In questo periodo inizia a esplorare le possibilità estetiche offerte dai materiali plastici.
I primi passi alla scoperta del nuovo medium sono compiuti con i piccoli mattoncini Lego multicolori che Baj inserisce all’interno di collage realizzati con arazzi, conferendo a quelli che sarebbero solo degli anonimi sfondi tessili, un accento molto contemporaneo, vivace e pop.
Baj taglia, assembla, sovrappone l’intero spettro di possibilità offerto dai nuovi materiali industriali: PVC, Lego, polietilene, poliestere, creando una varietà illimitata di personaggi colorati, paesaggi e la sua ultima serie di imponenti cravatte multicolori.
Baj at Marconi’s. Plastics 1967 – 1969 fa riferimento alla mostra di Baj allo Studio Marconi del 1969 dove il pezzo clou era “La cravatta di Jackson Pollock” un monumentale lavoro in plastica, presentato insieme a diverse cravatte realizzate con lo stesso materiale.
Per questa occasione Baj aveva creato i multipli Baj at Marconi’s – borse per la spesa contenenti souvenirs delle sue diverse attività. Questo multiplo incarna l’approccio ironico e originale al nuovo medium e ai materiali prodotti industrialmente che lo conducono nel regno della Pop Art.
Da Giò Marconi sono in mostra diversi lavori in plastica realizzati negli anni Sessanta, tra cui un gruppo di ritratti luminosi e brillanti, decorati con dettagli floreali e bottoni multicolori.
Ogni lavoro è composto da diversi fogli colorati di plexiglass che sovrapponendosi generano variazioni di ombre e di tonalità cromatiche.
Insieme ai ritratti sono presentati lavori più complessi come “Passeggiata al Central Park”, dove un personaggio passeggia allegramente col bastone alzato verso l’alto in un giardino sgargiante di alberi e fiori.
Anche “Hay Tatta Eschige” (il cui titolo trae ispirazione dal Dada) aggiunge una componente narrativa alla mostra raccontando una scena che si svolge in un paesaggio ornamentale di colore verde da cui si dirama una strada in legno che giunge in primo piano.
Accanto ai ritratti multicolori in plexiglass è esposto un dittico composto da due enigmatici personaggi astratti realizzati con fogli di alluminio: un altro dei “nuovi” materiali che Baj era solito utilizzare.
Il focus principale della mostra è dedicato alle cravatte di Enrico Baj.
Questo appare già chiaro all’ingresso della galleria quando il visitatore viene accolto dalla gigantografia dell’immagine pubblicitaria della mostra del 1969 allo Studio Marconi raffigurante una vasca su cui fluttua una lunga cravatta bianca e nera.
Baj sviluppa il motivo della cravatta dalle medaglie, a lungo indagate nelle sue serie dei generali.
Baj fa diventare questi oggetti del desiderio delle vere e proprie icone, disponendole su fondi plastici brillanti e multicolori o su scintillanti tessuti sintetici decorati con motivi astratti.
Nel 1970 il libro d’artista intitolato “La Cravate ne vaut pas une Medaille“ ha spiegato l’iconografia della
cravatta come la medaglia dell’uomo comune – un’onorificenza per la vita di tutti i giorni:
“La cravatta è la struttura minimale sulla quale mi sono focalizzato nel mio lavoro recente. La cravatta è la decorazione preferita dell’uomo moderno perché sostituisce interamente le medaglie e le decorazioni civili e militati. La cravatta è il miglior simbolo della cultura occidentale contemporanea.”.
Enrico Baj (1924-2003)
Nato a Milano, Enrico Baj (1924-2003) inizia a studiare all’Accademia di Brera nel 1938, per poi fuggire a Ginevra solo sei anni più tardi per evitare il reclutamento nell’esercito italiano sotto il regime fascista. Tornato in Italia dopo la guerra, Baj prosegue gli studi in Legge, abbandonati dopo pochi anni, e diviene negli anni cinquanta un pilastro della nuova scena artistica milanese. Baj fa il suo debutto artistico a New York nel 1960, partecipando all’Esposizione Internazionale del Surrealismo “Surrealist Intrusion in the Enchanters’ Domain”, curata da André Breton e Marcel Duchamp presso D’Arcy Galleries. L’anno seguente il suo lavoro viene incluso nella mostra Art of Assemblage (1961), curata da William Seitz al Museum of Modern Art di New York. Nel 1964 viene presentata alla 22° Biennale di Venezia una sala interamente dedicata al lavoro di Baj e nel 1971 seguono le tre importanti retrospettive ospitate da Palazzo Grassi, Venezia, dal Museum of Contemporary Art, Chicago e dal Musée de l’Athénée, Ginevra. Tra le mostre più recenti vi sono: 55 ° Biennale di Venezia (2013), Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano (2013), e Palazzo delle Esposizioni, Roma (2001-2002).
Inaugurazione 24 novembre ore 19.
Contraddistinto da una grande passione per l’eccentrico e un forte impulso iconoclasta, Enrico Baj è una delle figure centrali della neoavanguardia italiana. I suoi scritti di arte e politica hanno giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo di movimenti influenti, dal recupero di Dada e Surrealismo fino all’Arte Informale, al gruppo Cobra e al Movimento dell’Arte Nucleare, da lui stesso fondato a Milano con Sergio Dangelo. Baj ha creato una sua iconografia peculiare. Partendo dall’astrazione gestuale della metà degli anni Cinquanta, ha affinato una tecnica pittorica che abbraccia la figurazione così come i simboli del kitsch, sovvertendo le convenzioni borghesi e autoritarie del “buon gusto”.
Verso la fine degli anni Sessanta la ricerca di Enrico Baj si focalizza sulle Plastics.
In questo periodo inizia a esplorare le possibilità estetiche offerte dai materiali plastici.
I primi passi alla scoperta del nuovo medium sono compiuti con i piccoli mattoncini Lego multicolori che Baj inserisce all’interno di collage realizzati con arazzi, conferendo a quelli che sarebbero solo degli anonimi sfondi tessili, un accento molto contemporaneo, vivace e pop.
Baj taglia, assembla, sovrappone l’intero spettro di possibilità offerto dai nuovi materiali industriali: PVC, Lego, polietilene, poliestere, creando una varietà illimitata di personaggi colorati, paesaggi e la sua ultima serie di imponenti cravatte multicolori.
Baj at Marconi’s. Plastics 1967 – 1969 fa riferimento alla mostra di Baj allo Studio Marconi del 1969 dove il pezzo clou era “La cravatta di Jackson Pollock” un monumentale lavoro in plastica, presentato insieme a diverse cravatte realizzate con lo stesso materiale.
Per questa occasione Baj aveva creato i multipli Baj at Marconi’s – borse per la spesa contenenti souvenirs delle sue diverse attività. Questo multiplo incarna l’approccio ironico e originale al nuovo medium e ai materiali prodotti industrialmente che lo conducono nel regno della Pop Art.
Da Giò Marconi sono in mostra diversi lavori in plastica realizzati negli anni Sessanta, tra cui un gruppo di ritratti luminosi e brillanti, decorati con dettagli floreali e bottoni multicolori.
Ogni lavoro è composto da diversi fogli colorati di plexiglass che sovrapponendosi generano variazioni di ombre e di tonalità cromatiche.
Insieme ai ritratti sono presentati lavori più complessi come “Passeggiata al Central Park”, dove un personaggio passeggia allegramente col bastone alzato verso l’alto in un giardino sgargiante di alberi e fiori.
Anche “Hay Tatta Eschige” (il cui titolo trae ispirazione dal Dada) aggiunge una componente narrativa alla mostra raccontando una scena che si svolge in un paesaggio ornamentale di colore verde da cui si dirama una strada in legno che giunge in primo piano.
Accanto ai ritratti multicolori in plexiglass è esposto un dittico composto da due enigmatici personaggi astratti realizzati con fogli di alluminio: un altro dei “nuovi” materiali che Baj era solito utilizzare.
Il focus principale della mostra è dedicato alle cravatte di Enrico Baj.
Questo appare già chiaro all’ingresso della galleria quando il visitatore viene accolto dalla gigantografia dell’immagine pubblicitaria della mostra del 1969 allo Studio Marconi raffigurante una vasca su cui fluttua una lunga cravatta bianca e nera.
Baj sviluppa il motivo della cravatta dalle medaglie, a lungo indagate nelle sue serie dei generali.
Baj fa diventare questi oggetti del desiderio delle vere e proprie icone, disponendole su fondi plastici brillanti e multicolori o su scintillanti tessuti sintetici decorati con motivi astratti.
Nel 1970 il libro d’artista intitolato “La Cravate ne vaut pas une Medaille“ ha spiegato l’iconografia della
cravatta come la medaglia dell’uomo comune – un’onorificenza per la vita di tutti i giorni:
“La cravatta è la struttura minimale sulla quale mi sono focalizzato nel mio lavoro recente. La cravatta è la decorazione preferita dell’uomo moderno perché sostituisce interamente le medaglie e le decorazioni civili e militati. La cravatta è il miglior simbolo della cultura occidentale contemporanea.”.
Enrico Baj (1924-2003)
Nato a Milano, Enrico Baj (1924-2003) inizia a studiare all’Accademia di Brera nel 1938, per poi fuggire a Ginevra solo sei anni più tardi per evitare il reclutamento nell’esercito italiano sotto il regime fascista. Tornato in Italia dopo la guerra, Baj prosegue gli studi in Legge, abbandonati dopo pochi anni, e diviene negli anni cinquanta un pilastro della nuova scena artistica milanese. Baj fa il suo debutto artistico a New York nel 1960, partecipando all’Esposizione Internazionale del Surrealismo “Surrealist Intrusion in the Enchanters’ Domain”, curata da André Breton e Marcel Duchamp presso D’Arcy Galleries. L’anno seguente il suo lavoro viene incluso nella mostra Art of Assemblage (1961), curata da William Seitz al Museum of Modern Art di New York. Nel 1964 viene presentata alla 22° Biennale di Venezia una sala interamente dedicata al lavoro di Baj e nel 1971 seguono le tre importanti retrospettive ospitate da Palazzo Grassi, Venezia, dal Museum of Contemporary Art, Chicago e dal Musée de l’Athénée, Ginevra. Tra le mostre più recenti vi sono: 55 ° Biennale di Venezia (2013), Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano (2013), e Palazzo delle Esposizioni, Roma (2001-2002).
Inaugurazione 24 novembre ore 19.
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