Andrea Manzitti. Isole, Mappe e Portolani
Dal 04 Maggio 2021 al 25 Maggio 2021
Milano
Luogo: Spazio d’Arte Scoglio di Quarto
Indirizzo: Via Scoglio di Quarto 4
Orari: da martedì a venerdì dalle 17 alle 19 con obbligo di prenotazione; sabato e domenica solo su appuntamento
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 348 5630381
E-Mail info: info@galleriascogliodiquarto.com
Il viaggio come atto del pensiero che conduce alla conoscenza, l’arte come inclinazione della mente che permette un ampliamento dei propri orizzonti.
C’è tutto questo nelle opere di Andrea Manzitti che compongono la mostra “Isole, mappe e portolani”, a cura di Elisabetta Longari e aperta al pubblico dal 4 al 25 maggio allo Spazio d’Arte Scoglio di Quarto di Milano, a pochi passi dalla Darsena.
L’intera vicenda artistica di Andrea Manzitti, nato a Santa Margherita Ligure nel 1944 e che nel 2018 ha deciso di reinventare la propria vita iscrivendosi all’Accademia di Brera, ha nel viaggio il punto di snodo della propria espressività pittorica, così come suggerisce lo stesso titolo della mostra, che richiama alla reinterpretazione da parte dell’autore delle carte geografiche, delle mappe e dei portolani di una volta.
Sottolinea Elisabetta Longari nel suo testo critico: “La pittura di Andrea Manzitti rappresenta un viaggio nel colore, nei segni e nelle traiettorie secondo un codice cartografico sui generis”.
Ciò che colpisce da subito nelle 22 opere esposte, tra tele carte e libri, è come la materia pittorica sembra solo apparentemente sfuggire al controllo dell’artista, per poi ricomporsi grazie al tracciamento di rotte di navigazione e traiettorie che collegano uno all’altro territori immaginari.
In particolare, tele carte e libri presentano un dominatore comune, la polvere di pomice grezza che gioca un doppio ruolo fondamentale, nella lavorazione della materia pittorica così come nella stessa espressione poetica: da una parte assimilando bene i colori e risultando, una volta seccata, sufficientemente morbida e “plasmabile” attraverso un lento e paziente lavoro di levigatura della superficie; dall’altra, grazie a una capacità straordinaria di assorbimento e riflessione della luce, offrendo effetti materici sabbiosi particolarmente avvincenti, a richiamare le asperità di terre indefinite, forse di origine vulcanica, che affiorano sulla superficie come lava rappresa.
Precisa Elisabetta Longari: “La polvere di pomice grezza, mescolata con del colore, applicata e grattata crea meravigliosi effetti scabri che trattengono una strana memoria del colore che però sembra essersi annullato nella luce. Una materia che si pone a metà strada tra il ricordo della consistenza lunare di certe superfici di Turcato e quella più terrestre di Burri”.
Tuttavia, se le tele sono prima preparate con uno sfondo a olio e poi coperte di polvere di pomice, le carte di cotone dai bordi irregolari - realizzate a mano e scoperte dall’artista in un’antica cartiera di Amalfi - vengono direttamente “aggredite” con la pomice a colpi di spatola, poi colorata con pastelli ad olio e infine forgiata con gli stessi polpastrelli delle dita per distribuire in maniera più omogenea le tinte.
In questa interpretazione dell’atto artistico, le bande di colore che invadono lo spazio materico, acquistano forza e vitalità dando un senso alla trama e divenendo parte inseparabile di quelle terre che paiono osservate dall’alto, prive di descrizioni cartografiche e pronte da un momento all’altro a svanire tra le nuvole.
A volte completano il racconto su tela alcuni portolani incollati dall’artista, simboli planimetrici di possibili elementi naturali.
I libri, invece, sono tutti realizzati con carta Arches di cotone puro 640 grammi, esemplari unici firmati dall’artista, formati da dieci fogli rilegati a mano, dipinti con pomice naturale grezza e colori ad olio, con in copertina ideogrammi giapponesi.
Diari di viaggio che racchiudono carte geografiche immaginarie con rotte, tratteggiate, altrettanto immaginarie. Un invito a imparare a viaggiare in noi stessi, nel nostro essere più profondo e ineffabile, al di là del giudizio della mente.
Nato a Santa Margherita Ligure nel 1944, Andrea Manzitti si laurea in giurisprudenza all’università di Genova. Nel 1968 passa l’Appennino per gestire, da Milano, una società di famiglia di broker di riassicurazione.
Da sempre appassionato d’arte, non smette mai di frequentare artisti, gallerie e mostre, in Italia e all’estero. Autodidatta, nel corso degli anni si esercita saltuariamente con piccole tele e colori ad olio, sino ad iscriversi nel 2018 all’Accademia di Brera, e aprendo uno studio in Corso di Porta Ticinese.
Espone una prima volta nel giugno 2016 alla Galleria Fex, in val Fex (Engadina, CH), quindi nel 2018 a Milano con l’Associazione Artisti del Quartiere Garibaldi.
Attualmente è iscritto al terzo anno del corso di pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera.
Ha debiti artistici con Sandro Martini ed Emilio Isgrò.
Inaugurazione: martedì 4 maggio dalle 17 alle 20
C’è tutto questo nelle opere di Andrea Manzitti che compongono la mostra “Isole, mappe e portolani”, a cura di Elisabetta Longari e aperta al pubblico dal 4 al 25 maggio allo Spazio d’Arte Scoglio di Quarto di Milano, a pochi passi dalla Darsena.
L’intera vicenda artistica di Andrea Manzitti, nato a Santa Margherita Ligure nel 1944 e che nel 2018 ha deciso di reinventare la propria vita iscrivendosi all’Accademia di Brera, ha nel viaggio il punto di snodo della propria espressività pittorica, così come suggerisce lo stesso titolo della mostra, che richiama alla reinterpretazione da parte dell’autore delle carte geografiche, delle mappe e dei portolani di una volta.
Sottolinea Elisabetta Longari nel suo testo critico: “La pittura di Andrea Manzitti rappresenta un viaggio nel colore, nei segni e nelle traiettorie secondo un codice cartografico sui generis”.
Ciò che colpisce da subito nelle 22 opere esposte, tra tele carte e libri, è come la materia pittorica sembra solo apparentemente sfuggire al controllo dell’artista, per poi ricomporsi grazie al tracciamento di rotte di navigazione e traiettorie che collegano uno all’altro territori immaginari.
In particolare, tele carte e libri presentano un dominatore comune, la polvere di pomice grezza che gioca un doppio ruolo fondamentale, nella lavorazione della materia pittorica così come nella stessa espressione poetica: da una parte assimilando bene i colori e risultando, una volta seccata, sufficientemente morbida e “plasmabile” attraverso un lento e paziente lavoro di levigatura della superficie; dall’altra, grazie a una capacità straordinaria di assorbimento e riflessione della luce, offrendo effetti materici sabbiosi particolarmente avvincenti, a richiamare le asperità di terre indefinite, forse di origine vulcanica, che affiorano sulla superficie come lava rappresa.
Precisa Elisabetta Longari: “La polvere di pomice grezza, mescolata con del colore, applicata e grattata crea meravigliosi effetti scabri che trattengono una strana memoria del colore che però sembra essersi annullato nella luce. Una materia che si pone a metà strada tra il ricordo della consistenza lunare di certe superfici di Turcato e quella più terrestre di Burri”.
Tuttavia, se le tele sono prima preparate con uno sfondo a olio e poi coperte di polvere di pomice, le carte di cotone dai bordi irregolari - realizzate a mano e scoperte dall’artista in un’antica cartiera di Amalfi - vengono direttamente “aggredite” con la pomice a colpi di spatola, poi colorata con pastelli ad olio e infine forgiata con gli stessi polpastrelli delle dita per distribuire in maniera più omogenea le tinte.
In questa interpretazione dell’atto artistico, le bande di colore che invadono lo spazio materico, acquistano forza e vitalità dando un senso alla trama e divenendo parte inseparabile di quelle terre che paiono osservate dall’alto, prive di descrizioni cartografiche e pronte da un momento all’altro a svanire tra le nuvole.
A volte completano il racconto su tela alcuni portolani incollati dall’artista, simboli planimetrici di possibili elementi naturali.
I libri, invece, sono tutti realizzati con carta Arches di cotone puro 640 grammi, esemplari unici firmati dall’artista, formati da dieci fogli rilegati a mano, dipinti con pomice naturale grezza e colori ad olio, con in copertina ideogrammi giapponesi.
Diari di viaggio che racchiudono carte geografiche immaginarie con rotte, tratteggiate, altrettanto immaginarie. Un invito a imparare a viaggiare in noi stessi, nel nostro essere più profondo e ineffabile, al di là del giudizio della mente.
Nato a Santa Margherita Ligure nel 1944, Andrea Manzitti si laurea in giurisprudenza all’università di Genova. Nel 1968 passa l’Appennino per gestire, da Milano, una società di famiglia di broker di riassicurazione.
Da sempre appassionato d’arte, non smette mai di frequentare artisti, gallerie e mostre, in Italia e all’estero. Autodidatta, nel corso degli anni si esercita saltuariamente con piccole tele e colori ad olio, sino ad iscriversi nel 2018 all’Accademia di Brera, e aprendo uno studio in Corso di Porta Ticinese.
Espone una prima volta nel giugno 2016 alla Galleria Fex, in val Fex (Engadina, CH), quindi nel 2018 a Milano con l’Associazione Artisti del Quartiere Garibaldi.
Attualmente è iscritto al terzo anno del corso di pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera.
Ha debiti artistici con Sandro Martini ed Emilio Isgrò.
Inaugurazione: martedì 4 maggio dalle 17 alle 20
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