A Postcard for Floyd. A Blind Sight Story
Dal 25 Maggio 2023 al 18 Giugno 2023
Milano
Luogo: Assab One
Indirizzo: Via Privata Assab 1
Orari: da mercoledì a domenica 11-19
Curatori: Luca Panaro, in collaborazione con Chiara Ferella Falda e Pier Paolo Pitacco
Costo del biglietto: Ingresso gratuito con tessera Assab One
Apre a Milano dal 25 maggio al 18 giugno 2023 negli spazi di Assab One la mostra “A Postcard for Floyd. A Blind Sight Story”, nata da un’idea di Giangiacomo Rocco di Torrepadula e a cura di Luca Panaro, in collaborazione con Chiara Ferella Falda e Pier Paolo Pitacco, realizzata con il contributo di Fondazione Cariplo. Un progetto di mail art partecipativo che parte da una riflessione sulle neuroscienze comportamentali per combattere il pregiudizio, in primis razziale, attivando attraverso l’arte e il processo creativo i canali del ragionamento.
Il 25 maggio 2023, data di inaugurazione della mostra, segna l’anniversario dei tre anni dalla morte di George Floyd, da quando un poliziotto bianco di Minneapolis lo uccise tenendolo a terra per nove interminabili minuti, soffocandolo con un ginocchio sul collo. “I can’t breathe” (“non riesco a respirare”), sono state le sue ultime parole. Quella morte così ingiusta e disumana, filmata e fotografata da testimoni che ne hanno diffuso le immagini sul web, ha risvegliato l’indignazione e la consapevolezza popolare, dando il via a quello che può essere il più grande movimento sociale di protesta nella storia degli Stati Uniti, Black Lives Matter.
Proprio vedendo quelle immagini, Giangiacomo Rocco di Torrepadula ha istintivamente scattato una sequenza fotografica di una candela privata della sua fiamma: 9 fotografie per ciascuno di quei drammatici minuti. Una fiamma che si spegne gradualmente; prima rimane il fumo a disegnare una traccia di quella presenza, poi tutto scompare nel nero profondo dell’immagine, a rappresentare uno stato d’animo legato all’episodio della morte di Floyd che qui diventa universale.
A partire da questo lavoro fotografico, con lo scopo di generare una riflessione corale sul problema del razzismo, l’artista ha quindi avviato un più ampio progetto di mail art partecipativo spedendo circa 600 cartoline, che da un lato mostrano uno scatto della sequenza della candela, e chiedendo ai destinatari di restituirgli una frase, un disegno, un’immagine, qualunque idea o emozione che quella fotografia potesse suggerire loro.
La reazione è stata sorprendente, hanno risposto all’appello centinaia di persone: personaggi famosi, creativi affermati, artisti, nomi del mondo dell’arte e della cultura, poeti, scrittori, esponenti di punta della comunità nera e gente comune. Sono tornate in risposta circa 400 cartoline piene di sentimenti, pensieri, riflessioni intime, disegni, segni grafici, collage con stralci di poesie e fotografie, persino QR code che rimandano a composizioni musicali e video, realizzate con una varietà di mezzi espressivi differenti. Una rappresentazione delle emozioni e dell’animo della collettività, riunita sotto il segno della consapevolezza. Un archivio di piccole grandi opere d’arte dedicate a George Floyd e a ciò che la sua morte ha rappresentato, tutte esposte per la prima volta in mostra ad Assab One e raccolte in un volume edito da Skira, di contestuale pubblicazione, entrambi a cura di Luca Panaro, in collaborazione con Chiara Ferella Falda e Pier Paolo Pitacco.
Tra i nomi noti che hanno partecipato i fotografi Oliviero Toscani, Maurizio Galimberti, Mario Cresci, Francesco Cito; gli attori Cristiana Capotondi, Giuseppe Cederna; i musicisti Max Casacci (Subsonica), Andy (Bluvertigo); i giornalisti Gad Lerner, Carlo Verdelli, Michele Buono; i curatori Denis Curti, Fortunato D’Amico, Roberto Mutti; lo scrittore Maurizio De Giovanni; gli artisti Ercole Pignatelli, Max Marra e Fondazione Pistoletto; il rapper Amir Issaa e il writer Flycat; gli architetti Giulio Cappellini, Italo e Margherita Rota, Ilaria Marelli; il direttore d’orchestra Riccardo Chailly; gli illustratori Emilio Giannelli, Beppe Giacobbe, Sandro Fabbri e tanti altri ancora. A corredo delle cartoline sono inoltre presenti i saggi di alcuni attivisti ed esponenti di punta della comunità nera quali Luisa Wizzy Casagrande (Metissage Sangue Misto founder), Rahma Nur (poetessa), Angelica Pesarini (University of Toronto), Adama Sanneh (CEO Moleskine Foundation).
La genesi del progetto
Il progetto di Giangiacomo Rocco di Torrepadula scaturisce artisticamente con la sequenza di fotografie scattate a seguito della drammatica morte di Floyd, ma nasce tuttavia da un’intima riflessione già in atto dell’autore che, scoprendosi con un atteggiamento inaspettatamente razzista in occasione di un incontro casuale con un homeless nero a San Francisco, ha deciso di iniziare un’indagine su sé stesso.
“Chiariamolo subito: questo è un progetto che parte da uno spunto egoistico, per ritrovare la mia libertà. E non è un progetto per le persone nere, è per quelle come me, bianche (e italiane)”, afferma coraggiosamente Giangiacomo Rocco di Torrepadula nel suo testo introduttivo al libro.
E ancora: “Esiste una strana malattia. Si chiama Blind Sight. Accade quando la parte del cervello deputata alla decodifica del segnale visivo si lesiona e non riesce più a elaborare le informazioni che l’occhio continua a inviare. Si diventa ciechi, almeno in apparenza. Perché in realtà si mantiene una capacità visiva inconscia. Il cervello continua a registrare i segnali che l’occhio invia. Ad esempio, si evitano ostacoli, o si individuano oggetti che si spostano. Ma in modo del tutto incosciente. Lo si fa senza saperlo di fare, né ricordarsi di averlo fatto. La Blind Sight, è dunque una cecità mentale, della coscienza. Un’incredibile analogia con il razzismo e con i pregiudizi.
Ogni pregiudizio, ogni razzismo, non è altro che il risultato di paure che agiscono mettendoci in guardia contro quello che ci hanno insegnato a vedere come “diverso”. Ma troppo spesso lo fanno a livello inconscio. Sono paure che agiscono senza che ne siamo consapevoli, rendendoci meno liberi di fare scelte “nostre” e più condizionati dal costrutto sociale. Pregiudizi e razzismo sono la nostra Blind Sight rispetto alle nostre paure. O per lo meno di certo la mia”.
Avendo quindi lavorato per vent’anni nel mondo della salute prima di dedicarsi esclusivamente all’arte, Giangiacomo Rocco di Torrepadula decide di cominciare a studiare le neuroscienze comportamentali per capire dove nascono le paure nel nostro cervello, come si forma il pregiudizio, e come possa sfociare nel razzismo. Nasce da qui una ricerca inedita che va successivamente a incontrare la forma dell’arte per esprimere in maniera multidisciplinare una più ampia e articolata riflessione sul razzismo.
“L’artista avrebbe potuto rielaborare parti del filmato che mostra Floyd immobilizzato dall’agente di polizia, invece decide di muoversi diversamente, ritiene opportuno lavorare sull’assenza, realizza immagini che rasentano l’astrazione, sceglie la strada della metafora. La fotografia che solitamente adempie alla funzione di informare, qui suggerisce invece uno stato d’animo, il riferimento a Floyd è diretto ma non esplicito, perché l’arte contemporanea può permettersi di comunicare in modo metaforico, questa è la sua forza e la funzione sociale che spesso trascuriamo. L’arte arriva alle persone in modo trasversale, provoca sensazioni che hanno luogo sotto il livello della coscienza; a volte sono troppo deboli per essere avvertite, ma sufficienti a influenzare l’inconscio e condizionare il comportamento di un individuo. Le nove fotografie installate all’interno dello spazio espositivo sono un’efficace introduzione al progetto, creano la giusta condizione d’animo per entrare nel tema, ma senza il rumore mediatico provocato dall’informazione. L’espressione artistica favorisce un’esperienza silente ma profonda, dove le parole sono rarefatte e l’immagine rimane l’indiscussa protagonista”, afferma il curatore Luca Panaro nel testo del libro.
Partendo dal presupposto che la parte pre-frontale del cervello va allenata per vincere sulla parte ancestrale, il progetto si basa infatti su tre cardini: l’uso dell’arte per indurre una riflessione attivando i canali del ragionamento; parlare di violenza senza mai mostrarla perché vedere la violenza attiva l’amigdala - che ha un ruolo chiave nella gestione delle ansie e delle paure - generando altra violenza; utilizzare un mezzo lento e riflessivo come la cartolina, che resta sul tavolo di chi la deve compilare, fisicamente presente, visibile, diventando un richiamo che spinge ad una riflessione intima e ragionata. Perché nessun modo virtuale avrebbe la stessa forza. Il tutto chiamando una riflessione corale, per ampliare la forza del messaggio.
L’ambizione complessiva del progetto di Giangiacomo Rocco di Torrepadula è quella di promuovere un movimento di consapevolezza e di azioni positive in ambito culturale, artistico e sociale sul tema del pregiudizio. Insieme alla mostra, tutti i contributi sono stati raccolti nel volume “A Postcard for Floyd. A Blind Sight Story” pubblicato da Skira, in inglese e italiano, a cura di Luca Panaro, con la direzione artistica di Pier Paolo Pitacco e il coordinamento di Chiara Ferella Falda. Il libro, in uscita in libreria e online a maggio 2023, è arricchito dai contributi di Luisa Wizzy Casagrande, Rahma Nur, Angelica Pesarini e Adama Sanneh, tra i più autorevoli attivisti internazionali della comunità nera.
Giangiacomo Rocco di Torrepadula (GG), nato a Napoli nel 1966, è un artista visuale e un fotografo. Il suo lavoro si focalizza principalmente sui temi dell’odio e del pregiudizio, in particolare razziale. Prima di dedicarsi pienamente all’attività di artista, Giangiacomo è stato uno startupper seriale nell’ambito della salute digitale. Ha vissuto a San Francisco, e proprio qui ha potuto vedere dal di dentro alcuni dei casi più noti che hanno dato vigore al movimento Black Lives Matter. Un’esperienza scioccante, che lo ha condotto a investigare questi problemi con il progetto “Blind Sight”, non solo sotto un profilo storico e sociologico, ma anche dal punto di vista delle neuroscienze, approccio inedito che sta svolgendo a livello internazionale, per esplorare i meccanismi che generano stereotipi e pregiudizi, e come questi possano addirittura portare a crimini di odio. Giangiacomo debutta nei primi anni 2000 con due personali a cura di Lanfranco Colombo, fra i massimi esponenti della storia e della diffusione della fotografia italiana. Philippe Daverio lo inserisce nel suo libro “13x17: 1000 artisti per un’indagine eccentrica sull’arte italiana” edito da Rizzoli (2007). Nel 2022 vince il prestigioso Premio New Post Photography di MIA - Milan Image Art Fair. Ha esposto a Centrale Festival 13 di Fano (2022) alla Rocca Malatestiana e alla Genova Design Week 2022 nell’antico convento di Santa Maria di Castello. Vive in Franciacorta, dove si trova il suo studio, e lavora in tutto il mondo.
Luca Panaro è critico d'arte, scrive libri e saggi sull’immagine contemporanea, cura mostre e cataloghi con un’attenzione particolare agli artisti che lavorano con la fotografia. Insegna nelle Accademie di Belle Arti e Istituti di Alta Formazione di varie città d’Italia. Ha fondato a Milano il progetto Chippendale Studio, l’archivio Dummy Photobook ed è direttore artistico di Centrale Festival.
Opening: giovedì 25 maggio, ore 18-21
Il 25 maggio 2023, data di inaugurazione della mostra, segna l’anniversario dei tre anni dalla morte di George Floyd, da quando un poliziotto bianco di Minneapolis lo uccise tenendolo a terra per nove interminabili minuti, soffocandolo con un ginocchio sul collo. “I can’t breathe” (“non riesco a respirare”), sono state le sue ultime parole. Quella morte così ingiusta e disumana, filmata e fotografata da testimoni che ne hanno diffuso le immagini sul web, ha risvegliato l’indignazione e la consapevolezza popolare, dando il via a quello che può essere il più grande movimento sociale di protesta nella storia degli Stati Uniti, Black Lives Matter.
Proprio vedendo quelle immagini, Giangiacomo Rocco di Torrepadula ha istintivamente scattato una sequenza fotografica di una candela privata della sua fiamma: 9 fotografie per ciascuno di quei drammatici minuti. Una fiamma che si spegne gradualmente; prima rimane il fumo a disegnare una traccia di quella presenza, poi tutto scompare nel nero profondo dell’immagine, a rappresentare uno stato d’animo legato all’episodio della morte di Floyd che qui diventa universale.
A partire da questo lavoro fotografico, con lo scopo di generare una riflessione corale sul problema del razzismo, l’artista ha quindi avviato un più ampio progetto di mail art partecipativo spedendo circa 600 cartoline, che da un lato mostrano uno scatto della sequenza della candela, e chiedendo ai destinatari di restituirgli una frase, un disegno, un’immagine, qualunque idea o emozione che quella fotografia potesse suggerire loro.
La reazione è stata sorprendente, hanno risposto all’appello centinaia di persone: personaggi famosi, creativi affermati, artisti, nomi del mondo dell’arte e della cultura, poeti, scrittori, esponenti di punta della comunità nera e gente comune. Sono tornate in risposta circa 400 cartoline piene di sentimenti, pensieri, riflessioni intime, disegni, segni grafici, collage con stralci di poesie e fotografie, persino QR code che rimandano a composizioni musicali e video, realizzate con una varietà di mezzi espressivi differenti. Una rappresentazione delle emozioni e dell’animo della collettività, riunita sotto il segno della consapevolezza. Un archivio di piccole grandi opere d’arte dedicate a George Floyd e a ciò che la sua morte ha rappresentato, tutte esposte per la prima volta in mostra ad Assab One e raccolte in un volume edito da Skira, di contestuale pubblicazione, entrambi a cura di Luca Panaro, in collaborazione con Chiara Ferella Falda e Pier Paolo Pitacco.
Tra i nomi noti che hanno partecipato i fotografi Oliviero Toscani, Maurizio Galimberti, Mario Cresci, Francesco Cito; gli attori Cristiana Capotondi, Giuseppe Cederna; i musicisti Max Casacci (Subsonica), Andy (Bluvertigo); i giornalisti Gad Lerner, Carlo Verdelli, Michele Buono; i curatori Denis Curti, Fortunato D’Amico, Roberto Mutti; lo scrittore Maurizio De Giovanni; gli artisti Ercole Pignatelli, Max Marra e Fondazione Pistoletto; il rapper Amir Issaa e il writer Flycat; gli architetti Giulio Cappellini, Italo e Margherita Rota, Ilaria Marelli; il direttore d’orchestra Riccardo Chailly; gli illustratori Emilio Giannelli, Beppe Giacobbe, Sandro Fabbri e tanti altri ancora. A corredo delle cartoline sono inoltre presenti i saggi di alcuni attivisti ed esponenti di punta della comunità nera quali Luisa Wizzy Casagrande (Metissage Sangue Misto founder), Rahma Nur (poetessa), Angelica Pesarini (University of Toronto), Adama Sanneh (CEO Moleskine Foundation).
La genesi del progetto
Il progetto di Giangiacomo Rocco di Torrepadula scaturisce artisticamente con la sequenza di fotografie scattate a seguito della drammatica morte di Floyd, ma nasce tuttavia da un’intima riflessione già in atto dell’autore che, scoprendosi con un atteggiamento inaspettatamente razzista in occasione di un incontro casuale con un homeless nero a San Francisco, ha deciso di iniziare un’indagine su sé stesso.
“Chiariamolo subito: questo è un progetto che parte da uno spunto egoistico, per ritrovare la mia libertà. E non è un progetto per le persone nere, è per quelle come me, bianche (e italiane)”, afferma coraggiosamente Giangiacomo Rocco di Torrepadula nel suo testo introduttivo al libro.
E ancora: “Esiste una strana malattia. Si chiama Blind Sight. Accade quando la parte del cervello deputata alla decodifica del segnale visivo si lesiona e non riesce più a elaborare le informazioni che l’occhio continua a inviare. Si diventa ciechi, almeno in apparenza. Perché in realtà si mantiene una capacità visiva inconscia. Il cervello continua a registrare i segnali che l’occhio invia. Ad esempio, si evitano ostacoli, o si individuano oggetti che si spostano. Ma in modo del tutto incosciente. Lo si fa senza saperlo di fare, né ricordarsi di averlo fatto. La Blind Sight, è dunque una cecità mentale, della coscienza. Un’incredibile analogia con il razzismo e con i pregiudizi.
Ogni pregiudizio, ogni razzismo, non è altro che il risultato di paure che agiscono mettendoci in guardia contro quello che ci hanno insegnato a vedere come “diverso”. Ma troppo spesso lo fanno a livello inconscio. Sono paure che agiscono senza che ne siamo consapevoli, rendendoci meno liberi di fare scelte “nostre” e più condizionati dal costrutto sociale. Pregiudizi e razzismo sono la nostra Blind Sight rispetto alle nostre paure. O per lo meno di certo la mia”.
Avendo quindi lavorato per vent’anni nel mondo della salute prima di dedicarsi esclusivamente all’arte, Giangiacomo Rocco di Torrepadula decide di cominciare a studiare le neuroscienze comportamentali per capire dove nascono le paure nel nostro cervello, come si forma il pregiudizio, e come possa sfociare nel razzismo. Nasce da qui una ricerca inedita che va successivamente a incontrare la forma dell’arte per esprimere in maniera multidisciplinare una più ampia e articolata riflessione sul razzismo.
“L’artista avrebbe potuto rielaborare parti del filmato che mostra Floyd immobilizzato dall’agente di polizia, invece decide di muoversi diversamente, ritiene opportuno lavorare sull’assenza, realizza immagini che rasentano l’astrazione, sceglie la strada della metafora. La fotografia che solitamente adempie alla funzione di informare, qui suggerisce invece uno stato d’animo, il riferimento a Floyd è diretto ma non esplicito, perché l’arte contemporanea può permettersi di comunicare in modo metaforico, questa è la sua forza e la funzione sociale che spesso trascuriamo. L’arte arriva alle persone in modo trasversale, provoca sensazioni che hanno luogo sotto il livello della coscienza; a volte sono troppo deboli per essere avvertite, ma sufficienti a influenzare l’inconscio e condizionare il comportamento di un individuo. Le nove fotografie installate all’interno dello spazio espositivo sono un’efficace introduzione al progetto, creano la giusta condizione d’animo per entrare nel tema, ma senza il rumore mediatico provocato dall’informazione. L’espressione artistica favorisce un’esperienza silente ma profonda, dove le parole sono rarefatte e l’immagine rimane l’indiscussa protagonista”, afferma il curatore Luca Panaro nel testo del libro.
Partendo dal presupposto che la parte pre-frontale del cervello va allenata per vincere sulla parte ancestrale, il progetto si basa infatti su tre cardini: l’uso dell’arte per indurre una riflessione attivando i canali del ragionamento; parlare di violenza senza mai mostrarla perché vedere la violenza attiva l’amigdala - che ha un ruolo chiave nella gestione delle ansie e delle paure - generando altra violenza; utilizzare un mezzo lento e riflessivo come la cartolina, che resta sul tavolo di chi la deve compilare, fisicamente presente, visibile, diventando un richiamo che spinge ad una riflessione intima e ragionata. Perché nessun modo virtuale avrebbe la stessa forza. Il tutto chiamando una riflessione corale, per ampliare la forza del messaggio.
L’ambizione complessiva del progetto di Giangiacomo Rocco di Torrepadula è quella di promuovere un movimento di consapevolezza e di azioni positive in ambito culturale, artistico e sociale sul tema del pregiudizio. Insieme alla mostra, tutti i contributi sono stati raccolti nel volume “A Postcard for Floyd. A Blind Sight Story” pubblicato da Skira, in inglese e italiano, a cura di Luca Panaro, con la direzione artistica di Pier Paolo Pitacco e il coordinamento di Chiara Ferella Falda. Il libro, in uscita in libreria e online a maggio 2023, è arricchito dai contributi di Luisa Wizzy Casagrande, Rahma Nur, Angelica Pesarini e Adama Sanneh, tra i più autorevoli attivisti internazionali della comunità nera.
Giangiacomo Rocco di Torrepadula (GG), nato a Napoli nel 1966, è un artista visuale e un fotografo. Il suo lavoro si focalizza principalmente sui temi dell’odio e del pregiudizio, in particolare razziale. Prima di dedicarsi pienamente all’attività di artista, Giangiacomo è stato uno startupper seriale nell’ambito della salute digitale. Ha vissuto a San Francisco, e proprio qui ha potuto vedere dal di dentro alcuni dei casi più noti che hanno dato vigore al movimento Black Lives Matter. Un’esperienza scioccante, che lo ha condotto a investigare questi problemi con il progetto “Blind Sight”, non solo sotto un profilo storico e sociologico, ma anche dal punto di vista delle neuroscienze, approccio inedito che sta svolgendo a livello internazionale, per esplorare i meccanismi che generano stereotipi e pregiudizi, e come questi possano addirittura portare a crimini di odio. Giangiacomo debutta nei primi anni 2000 con due personali a cura di Lanfranco Colombo, fra i massimi esponenti della storia e della diffusione della fotografia italiana. Philippe Daverio lo inserisce nel suo libro “13x17: 1000 artisti per un’indagine eccentrica sull’arte italiana” edito da Rizzoli (2007). Nel 2022 vince il prestigioso Premio New Post Photography di MIA - Milan Image Art Fair. Ha esposto a Centrale Festival 13 di Fano (2022) alla Rocca Malatestiana e alla Genova Design Week 2022 nell’antico convento di Santa Maria di Castello. Vive in Franciacorta, dove si trova il suo studio, e lavora in tutto il mondo.
Luca Panaro è critico d'arte, scrive libri e saggi sull’immagine contemporanea, cura mostre e cataloghi con un’attenzione particolare agli artisti che lavorano con la fotografia. Insegna nelle Accademie di Belle Arti e Istituti di Alta Formazione di varie città d’Italia. Ha fondato a Milano il progetto Chippendale Studio, l’archivio Dummy Photobook ed è direttore artistico di Centrale Festival.
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