WHITE CARRARA023. STILL LIV(F)E. Le forme della scultura
Dal 17 Giugno 2023 al 01 Ottobre 2023
Carrara | Massa-Carrara
Luogo: Sedi varie
Indirizzo: Sedi varie
Costo del biglietto: Ingresso gratuito
Sito ufficiale: http://www.whitecarrara.it
Esce dai musei, entra nelle piazze, percorre le strade, abita i palazzi, dialoga con i monumenti… Ma soprattutto contamina e mette a confronto sensibilità, tecniche, visioni, materie e linguaggi spesso anche molto diversi tra loro.
La settima edizione di WHITE CARRARA023. STILL LIV(F)E. Le forme della scultura è così: un dialogo aperto, un dibattito pubblico, una mostra diffusa che si snoda nel contesto urbano carrarese. Uno sguardo trasversale che, indagando sotto diverse angolature la contemporaneità della scultura, ne vuol restituire un’immagine istantanea certo non esaustiva ma comunque interessante abbastanza per innescare in chi osserva quesiti, dibattiti e molteplici spunti di riflessione su questo linguaggio in continua evoluzione, oggi più che mai in bilico tra tradizione e innovazione, purezza e contaminazione.
«Quanto è cambiato il concetto di scultura con l’introduzione della tecnologia? Quanto i canoni classici sono stati stravolti dall’utilizzo di nuovi materiali, che esulano dal marmo, intervenendo sull’arte plastica con supporti video, fotografici o robotici? Dove termina la definizione di scultura e comincia quella d’installazione?». Sono queste le domande che il direttore artistico Claudio Composti – fondatore di mc2gallery a Milano e curatore indipendente di progetti artistici – pone come chiave di lettura della sua idea di White Carrara.
Nella progettualità della manifestazione, Carrara – la città del marmo bianco, delle Alpi Apuane, dei laboratori artistici, delle maestranze iper specializzate – diviene così contenitore e insieme attore. Le opere sono messe in dialogo serrato con gli spazi in cui sono installate, innescando riletture inedite per riscoprire una città interessante, con la sua temperatura emotiva, le sue case e strade costruite con la stessa materia di cui sono fatte le montagne, i laboratori, l’Accademia, la gente che l’ha plasmata negli anni (il 30%, sono artisti), rendendola quel che oggi è.
Il percorso è costellato da 8 tappe per 15 artisti (8 scultori, 5 fotografi, 2 videoartisti) indicati puntualmente sulla cartina della città; ma l’idea è quella di lasciare al visitatore la libertà di una fruizione e lettura personale, per comporre in autonomia il senso di ciò che vedrà.
Partiamo per esempio dal mudaC │ Museo delle Arti Carrara, dove tra le tante opere scultoree in mostra permanente (tra cui un’installazione scultorea di Jannis Kounellis e Ahgalla, la barca di marmo di Fabio Viale) è proiettato il corto di Yuri Ancarani intitolato Il capo (2010), il primo capitolo della Trilogia La Malattia del Ferro, con cui il videoartista esplora il rapporto tra uomo e macchina adottando un’inquadratura rigorosa e uno sguardo imparziale. Nello scenario accecante e surreale di una cava di marmo, il capo cavatore a torso nudo dirige i lavori senza parlare, esprimendosi come in una sorta di ritualità attraverso gesti e segni, per superare la barriera del rumore assordante delle gru e il fragore dei bancali che si staccano dalla montagna.
Fuori, poco lontano dal museo, la riflessione si sposta sul rapporto tra arte e tecnologia robotica con la scultura di Quayola, artista romano classe 1982, uno dei più interessanti esponenti della media art a livello internazionale. Per Quayola la tecnologia è un collaboratore, ma è pure il tema centrale della sua ricerca. Il suo Hercules & Nessus è una scultura in marmo di Carrara scolpita da un braccio robotico guidato da algoritmi. Quel che interessa all’artista non è la possibilità di riprodurre fedelmente la scultura di riferimento (l’Ercole e il centauro Nesso di Giambologna) ma la complessa geometria finale che nasce dal lavoro asettico del braccio robotico, guidato da un sofisticato processo algoritmico programmato per riprodurre l’effetto non finito. Si tratta di una sorta di ricodificazione dei capolavori del passato, per creare nuove estetiche e linguaggi.
Salendo lungo via Verdi, al numero 7, ecco Palazzo Binelli, dove fino al 16 luglio è allestita la mostra Visioni plastiche. Le forme della scultura (che dal 21 luglio sarà trasferita all’ex Ospedale San Giacomo). L’idea è quella di raccontare il linguaggio scultoreo per mezzo di un altro linguaggio, utilizzando quindi la visione personale di 5 fotografi. Ci sono Bruno Cattani, con i suoi scatti dedicati alle forme corporee nel mondo della statuaria, Giacomo Infantino con le installazioni luminose dai colori acidi che parlano del rapporto tra uomo e natura, Simon Roberts con le destabilizzanti foto scattate alle sculture incellofanate del Victoria and Albert Museum di Londra durante la pandemia Covid 19, Carolina Sandretto con le sue doppie stampe sovrapposte su carta e plexiglas e Dune Varela, che espone immagini fotografiche di dettagli scultorei stampati su marmo.
In mostra è presente anche un videoartista, Andrea Botto, che dal 2008 si dedica all’”estetica della distruzione” realizzando foto e video di esplosioni, ritraendo il paesaggio nel momento della sua dissoluzione, con un effetto ambiguo di affascinante disturbo. Proprio davanti alla foto che ritrae la demolizione di una casa popolare del quartiere Caina a Carrara, sono allestite le opere di Stefano Canto, unico scultore presente nelle stanze del palazzo, il quale riempie con il cemento armato i tronchi di alberi resi cavi dalla Carie, titolo dell’opera e nome di una malattia botanica che divora il tessuto vegetativo e svuota i tronchi nell’anima.
Usciti da Palazzo Binelli, proseguendo a piedi, si raggiunge Palazzo Cybo Malaspina, sede dell’Accademia di Belle Arti di Carrara. Tra studenti, artisti e cittadini, la piazza ora si popola anche della Folla Grande di Giò Pomodoro (1930-2002), una scultura storica, dei primi anni ’60, in marmo bianco statuario di Carrara, finemente levigato per sviluppare contenuti narrativi con un linguaggio astratto (una versione ridotta si trova anche in Piazza Alberica).
Virando verso via S. Maria, si apre la vivace Piazza delle Erbe, dominata dal murale Non abbandonate la città, realizzato nel 2013 dal duo artistico Orticanoodles. Una lapide ricorda il luglio 1944, quando la piazza fu teatro di una rivolta delle donne di Carrara, che manifestarono per quattro giorni consecutivi contro l’ordine di evacuazione della popolazione imposto dai nazifascisti. MOG, Morgana Orsetta Ghini, unica scultrice donna presente in mostra, espone qui – proprio nell’area corrispondente a quello che dovrebbe essere il più antico insediamento romano di Carrara – la sua opera Santa, realizzata per l’occasione. Si tratta di una scultura in marmo arabescato che astrae la forma concava dell’intimità femminile per farne un simbolo allegorico di fragilità e resistenza, lotta e sacralità della vita. Un lavoro potente e delicato al tempo stesso, che vuol essere un omaggio all’essere donna, toccando simbolicamente temi attuali e ancora irrisolti della condizione femminile.
Suggestive anche le opere di Mattia Bosco, innalzate come megaliti di fronte alla grandiosa facciata rivestita in marmo bianco lunense del Duomo di Carrara. Cavata dalla montagna, la pietra in marmo è in parte lasciata grezza, in parte levigata, mostrando al suo interno la foglia oro che illumina l’opera con un’atmosfera mistica e sacrale.
Altro spazio espositivo è Piazza Alberica, considerata la piazza più importante della città, abbracciata da palazzi di vari colori e coperta da una pavimentazione in marmo policromo delle Apuane. Qui troviamo Lassù di Michelangelo Galliani, scultore che domina ancora il marmo con i suoi attrezzi. In marmo nero marquina e acciaio inox, la scultura rappresenta un braccio proteso verso l’alto che, con il dito indice, punta al cielo, quasi a indicare là dove tutto inizia, nella convinzione che “la scultura è l’atto di un demiurgo”.
Ritaglia invece uno scorcio sullo scenografico fondale delle montagne di marmo da cui la città ha preso vita la Stele di MOG mentre Sergi Barnils, pittore catalano nato in Guinea Equatoriale nel 1954, porta un’opera carica di spiritualità e graffiti primordiali, incisi sulla porosità del marmo travertino romano con l’antica tecnica encausto.
In prossimità del teatro cittadino degli Animosi trovano infine posto i poetici Legami dello scultore armeno Mikayel Ohanjanyan, Leone d’Oro alla 56° Biennale d’Arte di Venezia, Padiglione Nazionale dell’Armenia.
La scelta del materiale dei blocchi, la quarzite, non è casuale e rafforza l’aspetto concettuale dell’opera: la materia, infatti, proviene dal paese di origine dell’artista, mentre in Armenia esiste già una scultura di Ohanjanyan realizzata in marmo di Carrara. I blocchi sono tenuti insieme da cavi di acciaio in tensione che uniscono e segnano la materia, come legami durevoli tra persone. Una situazione di sforzo necessaria, un’eroica sfida per stare uniti pur restando blocchi distinti. I legami, per l’artista, sono lo strumento per scoprire l’altro e, andando oltre il perimetro della propria personalità, trovare sé stessi.
STILL LIV(F)E
Scultori: Sergi Barnils, Mattia Bosco, Stefano Canto, Michelangelo Galliani, MOG, Mikayel Ohanjanyan, Quayola, Giò Pomodoro
17 giugno – 1 ottobre 2023
Centro storico di Carrara (MS)
Visioni plastiche. Le forme della scultura
Fotografi: Bruno Cattani, Giacomo Infantino, Simon Roberts, Carolina Sandretto, Dune Varela
Video: Yuri Ancarani (in esposizione permanente al mudaC), Andrea Botto
17 giugno – 16 luglio 2023
Palazzo Binelli
Via Verdi 7, Carrara (MS)
21 luglio – 1 ottobre 2023
Ex Ospedale San Giacomo
Via Grazzano 1, Carrara (MS)
La settima edizione di WHITE CARRARA023. STILL LIV(F)E. Le forme della scultura è così: un dialogo aperto, un dibattito pubblico, una mostra diffusa che si snoda nel contesto urbano carrarese. Uno sguardo trasversale che, indagando sotto diverse angolature la contemporaneità della scultura, ne vuol restituire un’immagine istantanea certo non esaustiva ma comunque interessante abbastanza per innescare in chi osserva quesiti, dibattiti e molteplici spunti di riflessione su questo linguaggio in continua evoluzione, oggi più che mai in bilico tra tradizione e innovazione, purezza e contaminazione.
«Quanto è cambiato il concetto di scultura con l’introduzione della tecnologia? Quanto i canoni classici sono stati stravolti dall’utilizzo di nuovi materiali, che esulano dal marmo, intervenendo sull’arte plastica con supporti video, fotografici o robotici? Dove termina la definizione di scultura e comincia quella d’installazione?». Sono queste le domande che il direttore artistico Claudio Composti – fondatore di mc2gallery a Milano e curatore indipendente di progetti artistici – pone come chiave di lettura della sua idea di White Carrara.
Nella progettualità della manifestazione, Carrara – la città del marmo bianco, delle Alpi Apuane, dei laboratori artistici, delle maestranze iper specializzate – diviene così contenitore e insieme attore. Le opere sono messe in dialogo serrato con gli spazi in cui sono installate, innescando riletture inedite per riscoprire una città interessante, con la sua temperatura emotiva, le sue case e strade costruite con la stessa materia di cui sono fatte le montagne, i laboratori, l’Accademia, la gente che l’ha plasmata negli anni (il 30%, sono artisti), rendendola quel che oggi è.
Il percorso è costellato da 8 tappe per 15 artisti (8 scultori, 5 fotografi, 2 videoartisti) indicati puntualmente sulla cartina della città; ma l’idea è quella di lasciare al visitatore la libertà di una fruizione e lettura personale, per comporre in autonomia il senso di ciò che vedrà.
Partiamo per esempio dal mudaC │ Museo delle Arti Carrara, dove tra le tante opere scultoree in mostra permanente (tra cui un’installazione scultorea di Jannis Kounellis e Ahgalla, la barca di marmo di Fabio Viale) è proiettato il corto di Yuri Ancarani intitolato Il capo (2010), il primo capitolo della Trilogia La Malattia del Ferro, con cui il videoartista esplora il rapporto tra uomo e macchina adottando un’inquadratura rigorosa e uno sguardo imparziale. Nello scenario accecante e surreale di una cava di marmo, il capo cavatore a torso nudo dirige i lavori senza parlare, esprimendosi come in una sorta di ritualità attraverso gesti e segni, per superare la barriera del rumore assordante delle gru e il fragore dei bancali che si staccano dalla montagna.
Fuori, poco lontano dal museo, la riflessione si sposta sul rapporto tra arte e tecnologia robotica con la scultura di Quayola, artista romano classe 1982, uno dei più interessanti esponenti della media art a livello internazionale. Per Quayola la tecnologia è un collaboratore, ma è pure il tema centrale della sua ricerca. Il suo Hercules & Nessus è una scultura in marmo di Carrara scolpita da un braccio robotico guidato da algoritmi. Quel che interessa all’artista non è la possibilità di riprodurre fedelmente la scultura di riferimento (l’Ercole e il centauro Nesso di Giambologna) ma la complessa geometria finale che nasce dal lavoro asettico del braccio robotico, guidato da un sofisticato processo algoritmico programmato per riprodurre l’effetto non finito. Si tratta di una sorta di ricodificazione dei capolavori del passato, per creare nuove estetiche e linguaggi.
Salendo lungo via Verdi, al numero 7, ecco Palazzo Binelli, dove fino al 16 luglio è allestita la mostra Visioni plastiche. Le forme della scultura (che dal 21 luglio sarà trasferita all’ex Ospedale San Giacomo). L’idea è quella di raccontare il linguaggio scultoreo per mezzo di un altro linguaggio, utilizzando quindi la visione personale di 5 fotografi. Ci sono Bruno Cattani, con i suoi scatti dedicati alle forme corporee nel mondo della statuaria, Giacomo Infantino con le installazioni luminose dai colori acidi che parlano del rapporto tra uomo e natura, Simon Roberts con le destabilizzanti foto scattate alle sculture incellofanate del Victoria and Albert Museum di Londra durante la pandemia Covid 19, Carolina Sandretto con le sue doppie stampe sovrapposte su carta e plexiglas e Dune Varela, che espone immagini fotografiche di dettagli scultorei stampati su marmo.
In mostra è presente anche un videoartista, Andrea Botto, che dal 2008 si dedica all’”estetica della distruzione” realizzando foto e video di esplosioni, ritraendo il paesaggio nel momento della sua dissoluzione, con un effetto ambiguo di affascinante disturbo. Proprio davanti alla foto che ritrae la demolizione di una casa popolare del quartiere Caina a Carrara, sono allestite le opere di Stefano Canto, unico scultore presente nelle stanze del palazzo, il quale riempie con il cemento armato i tronchi di alberi resi cavi dalla Carie, titolo dell’opera e nome di una malattia botanica che divora il tessuto vegetativo e svuota i tronchi nell’anima.
Usciti da Palazzo Binelli, proseguendo a piedi, si raggiunge Palazzo Cybo Malaspina, sede dell’Accademia di Belle Arti di Carrara. Tra studenti, artisti e cittadini, la piazza ora si popola anche della Folla Grande di Giò Pomodoro (1930-2002), una scultura storica, dei primi anni ’60, in marmo bianco statuario di Carrara, finemente levigato per sviluppare contenuti narrativi con un linguaggio astratto (una versione ridotta si trova anche in Piazza Alberica).
Virando verso via S. Maria, si apre la vivace Piazza delle Erbe, dominata dal murale Non abbandonate la città, realizzato nel 2013 dal duo artistico Orticanoodles. Una lapide ricorda il luglio 1944, quando la piazza fu teatro di una rivolta delle donne di Carrara, che manifestarono per quattro giorni consecutivi contro l’ordine di evacuazione della popolazione imposto dai nazifascisti. MOG, Morgana Orsetta Ghini, unica scultrice donna presente in mostra, espone qui – proprio nell’area corrispondente a quello che dovrebbe essere il più antico insediamento romano di Carrara – la sua opera Santa, realizzata per l’occasione. Si tratta di una scultura in marmo arabescato che astrae la forma concava dell’intimità femminile per farne un simbolo allegorico di fragilità e resistenza, lotta e sacralità della vita. Un lavoro potente e delicato al tempo stesso, che vuol essere un omaggio all’essere donna, toccando simbolicamente temi attuali e ancora irrisolti della condizione femminile.
Suggestive anche le opere di Mattia Bosco, innalzate come megaliti di fronte alla grandiosa facciata rivestita in marmo bianco lunense del Duomo di Carrara. Cavata dalla montagna, la pietra in marmo è in parte lasciata grezza, in parte levigata, mostrando al suo interno la foglia oro che illumina l’opera con un’atmosfera mistica e sacrale.
Altro spazio espositivo è Piazza Alberica, considerata la piazza più importante della città, abbracciata da palazzi di vari colori e coperta da una pavimentazione in marmo policromo delle Apuane. Qui troviamo Lassù di Michelangelo Galliani, scultore che domina ancora il marmo con i suoi attrezzi. In marmo nero marquina e acciaio inox, la scultura rappresenta un braccio proteso verso l’alto che, con il dito indice, punta al cielo, quasi a indicare là dove tutto inizia, nella convinzione che “la scultura è l’atto di un demiurgo”.
Ritaglia invece uno scorcio sullo scenografico fondale delle montagne di marmo da cui la città ha preso vita la Stele di MOG mentre Sergi Barnils, pittore catalano nato in Guinea Equatoriale nel 1954, porta un’opera carica di spiritualità e graffiti primordiali, incisi sulla porosità del marmo travertino romano con l’antica tecnica encausto.
In prossimità del teatro cittadino degli Animosi trovano infine posto i poetici Legami dello scultore armeno Mikayel Ohanjanyan, Leone d’Oro alla 56° Biennale d’Arte di Venezia, Padiglione Nazionale dell’Armenia.
La scelta del materiale dei blocchi, la quarzite, non è casuale e rafforza l’aspetto concettuale dell’opera: la materia, infatti, proviene dal paese di origine dell’artista, mentre in Armenia esiste già una scultura di Ohanjanyan realizzata in marmo di Carrara. I blocchi sono tenuti insieme da cavi di acciaio in tensione che uniscono e segnano la materia, come legami durevoli tra persone. Una situazione di sforzo necessaria, un’eroica sfida per stare uniti pur restando blocchi distinti. I legami, per l’artista, sono lo strumento per scoprire l’altro e, andando oltre il perimetro della propria personalità, trovare sé stessi.
STILL LIV(F)E
Scultori: Sergi Barnils, Mattia Bosco, Stefano Canto, Michelangelo Galliani, MOG, Mikayel Ohanjanyan, Quayola, Giò Pomodoro
17 giugno – 1 ottobre 2023
Centro storico di Carrara (MS)
Visioni plastiche. Le forme della scultura
Fotografi: Bruno Cattani, Giacomo Infantino, Simon Roberts, Carolina Sandretto, Dune Varela
Video: Yuri Ancarani (in esposizione permanente al mudaC), Andrea Botto
17 giugno – 16 luglio 2023
Palazzo Binelli
Via Verdi 7, Carrara (MS)
21 luglio – 1 ottobre 2023
Ex Ospedale San Giacomo
Via Grazzano 1, Carrara (MS)
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