Tito Mucci. Grume brumose

Tito Mucci, Opera astratta, Olio e tecnica mista polimaterica su carta Magnani, 30x40. Dicembre 2014

 

Dal 18 Gennaio 2015 al 11 Febbraio 2015

Forte dei Marmi | Lucca

Luogo: Museo Ugo Guidi

Indirizzo: via Civitali 33

Orari: su appuntamento

Curatori: Lodovico Gierut

Costo del biglietto: ingresso gratuito

Telefono per informazioni: +39 0585 348510

E-Mail info: museougoguidi@gmail.com

Sito ufficiale: http://www.ugoguidi.it


Il Museo Ugo Guidi e gli Amici del Museo Ugo Guidi Onlus presentano la mostra del pittore Tito Mucci dal titolo “Grume Brumose” a cura di Lodovico Gierut .
La mostra realizzata nel “Museo Ugo Guidi” – MUG - di Forte dei Marmi, via Civitali 33 sarà inaugurata domenica 18 gennaio 2015 alle ore 16:30  al Museo alla presenza dell’artista e del curatore ad ingresso libero.
Nell’occasione sarà presentato il catalogo delle opere “Grume Brumose” - Edizioni Museo Ugo Guidi a cura di Lodovico Gierut con testi dedicati dello stesso, di Marco Palamidessi e Luca Alinari. “Tito Mucci, “Grume brumose”, titolo odierno di un autonomo percorso.
Queste grume, forse partite dalle parole “grumi di colore” di Chiara Letta  – che, con altri, sta attentamente seguendo e analizzando l'attività di  questo creativo lucchese – riassumono un passato schiettamente figurativo lucchese, ovvero toscaneggiante, che s'è perentoriamente inserito in un fiume dai contorni variati e variopinti, cieli chiari e tempestosi, ferite, riflessioni che hanno oltrepassato taluni pur validi dati localistici. Tito Mucci s'è immesso, anche senza volere, in un pensiero diversificato, cioè a dire in quel respiro che dopo la scomparsa di P. B. Shelley ha unito – nel corso di molti decenni – una miriade di pittori nel racconto e nell'interpretazione degli spazi lucchesi, apuo­versiliesi e liguri, ricchi di forme, luminosità e poesia, andando però autonomamente oltre la fisicità territoriale.
Se qualcuno va, infatti, alla passata paesaggistica mucciana, potrà osservare (parlo degli anni Settanta/Ottanta) non solo l'esaltazione del bello inteso quale omaggio alla Natura, ma anche un'attenzione profonda per la luce, la luminosità, cosa che – nelle tappe successive, non prive di una certa attenzione per autori sia italiani, sia stranieri, s'è caratterizzata attingendo ad una purezza cromatica riversandosi in conclusioni materiche spatolate e, di poi, in una libertà gestuale controllata per cui non posso che fare il nome di Pollock, lo stesso autore di certi disegni michelangioleschi (fortunatamente fatti conoscere al grande pubblico anche in Italia con esaustive esposizioni) è passato ad una “visione altra”.
Ebbene, dopo tale fase il Nostro è arrivato alla “sua” Itaca (il porto così ben cantato dal poeta greco Costantino Kavafis) dove oggi sostano queste “Grume brumose”, onestissimo frutto di varie esperienze e ricerche interiori ed esterne che però continuano.
Molte delle sue composizioni si intitolano “Opera astratta”, cui fa seguito un numero che però non è un elenco; altre, invece, sono dedicate ai paesaggi della parte pianeggiante della sua Lucca, e poi ci sono le cave marmoree dell'Alta Versilia e del carrarese, ma non mancano marine, o il lago Massaciuccoli di pucciniana memoria, o diari di viaggi europei.
Mucci è persona che ha sempre evitato i voli pindarici, né ha accettato mezzi termini di sorta, né s'è accostato ad altrui astruse mode (oggi sempre più ricorrenti e confusionarie) ma, padrone assoluto del disegno, è riuscito e riesce con costante autorevolezza a definirsi non narcisisticamente, dipingendo come e cosa vuole, usando quelle forme/colore qui definite, appunto, grume, nelle quali l'intensità pittorica convive con la spiritualità, con la poesia, con l'amore che ha nei confronti della propria famiglia e il rispetto dedicato ad amici, a conoscenti e ad altri.
L'Opera finita – mi riferisco a ciascuna delle sue “creature” (come le chiama), giunge alla cosiddetta “conquista della sintesi” a tappe, nel senso che da un'iniziale idea i mezzi espressivi (colori, masse, volumi) finalizzano l'immagine per indicare ogni scelta del suo libero e disciplinato idealismo che si innesta – come da concetti anche altrui – nello spirito del vivere, unendo la logica dell'atto con quello della fede.
Penso, ora, alle parole di Franco Miele (1924­1983) – purtroppo né io né Mucci l'abbiamo conosciuto direttamente – stilate negli anni Sessanta e fortemente attuali, dove si evidenzia che la disciplina è necessaria all'arte(..) “per superare ogni posizione di passività ed immettersi validamente in nuovi spazi reali ed ideali ad un tempo e quindi umanamente razionali, nei quali possa concretamente qualificarsi. E questi spazi non sono mere astrazioni verbali o pure finzioni concettuali, ma le vere dimensioni, dove i simboli umani non hanno alcunché di vagamente allusivo, ma risultano interamente innestati nella realtà della vita”.
I dipinti di Tito Mucci sono veri e propri sedimenti e strati di memoria, confluenti tutti nel vivere quotidiano.
La tavola e la tela e il foglio di carta (da anni usa solo la Magnani, delle storiche cartiere pesciatine) ne condensano l'“Io”, tant'è che dopo il segno inciso o fluente da cui pulsano echi figurali, la spatola o il pennello – catturando, ogni tanto, volute rimembranze cartacee o plastiche o vitree (segni poetici, o di cronaca tagliati e sminuzzati, reticolati trinciati e altro)
– impinguano il rettangolo o il quadrato del supporto con più pigmenti (rossi, verdi, neri e marroni, bianchi, grigi, azzurri...) i quali, dopo la sosta affinché si raggrumino in un'ora o in alcuni giorni, ne accolgono altri a velatura o a sgocciolatura, ma donando al tutto una forte e densa carica materica. Ecco che si assiste alla piena soluzione del tema primariamente pensato...,così nasce la sua Opera!” Lodovico Gierut  

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