Luca Cortese. Dissoluzioni
Dal 30 Giugno 2015 al 05 Luglio 2015
Portoferraio | Livorno
Luogo: Sala della Gran Guardia
Indirizzo: Porta a Mare
Curatori: Alice Betti
Enti promotori:
- Comune di Portoferraio - Assessorato alla Cultura e al Turismo
Telefono per informazioni: +39 0565 937111
E-Mail info: info@gtartphotoagency.com
Basta una fotografia. O forse ne occorrono due, o magari tre. Poi il viaggio comincia. Abbandonare lo sguardo alla sequenza “Dissoluzioni” composta da Luca Cortese innesca un processo istintivo di ricerca che sospinge involontariamente lontano con l’immaginazione. Il passato sembra fondersi nella materia avvolgendo di echi distanti l’attimo presente. Nello spazio apparentemente desolato della città post-industriale, ripopolato spontaneamente dalla natura e dall’acqua piovana, ingolfato dal vento e da un nuovo cielo incombente sopra i tetti divelti o le finestre rotte, andiamo in cerca di tracce o ricordi di vita, di ricomposti ingranaggi e macchinari immaginari liberamente riposizionati negli spazi sfruttando gli indizi di ciò che rimane, o lavorando sull’onda della fantasia o della memoria.
E ripensiamo masse indefinite di cemento, vetro e acciaio.Catene umane, ombre, rumori, fatica, forse vapori, e odori intensi, e persone intente a svolgere il proprio ruolo nel disegno sempre uguale di movimenti identici e ripetitivi perpetuati per ore, giorni e anni, in un tempo dilatato e molto diverso da questo.
Il paesaggio raccontato da Luca Cortese descrive una dissoluzione della materia che si è specchiata nel tempo nello sgretolamento dei vecchi equilibri e degli antichi meccanismi che reggevano l’economia di una diversa società, oggi profondamente modificata nell’essenza come nelle sue modalità di sostentamento, nelle abitudini e nelle forme di espressione.
Questo progetto fotografico, sul quale l’autore si concentra con dedizione da diversi anni, e del quale ci viene proposto un estratto, offre un documento straordinario cheracconta la nostra identità industriale e manifatturiera, delineando il non troppo lontano passato di un profilo economico-sociale che sta ostentando altrove la sua nuova giovinezza. Se la nuova economia sta favorendo il sorgere di modernissimi quartieri, e di palazzi e grattacieli sempre più alti che si offrono al cielo nei loro abiti scintillanti improntati al miglior design e all’high technology, qui, in questi luoghi di ieri ancorati alla terra, nel contesto dismesso delle fabbriche abbandonate e dei quartieri periferici, possiamo riscoprire nel silenzio le radici profonde del “nuovo mondo” e – grazie alla testimonianza dell’autore – abbiamo l’opportunitàdi respirare ancora per un po’ la nostra storia appena trascorsa.
E in ultimo (o per prima cosa) gli spazi dismessi che ci si aprono davanti con queste fotografie, i contrasti materici, il taglio severo del vetro rotto, i bulloni arrugginiti, l’invasione incontrollata del verde che si riappropria della terra, ogni più piccolo dettaglio di questo racconto ci ricorda lo spazio interiore che portiamo con noi ogni giorno, la strada percorsa, il senso di abbandono che talvolta sa prendere il sopravvento, le cose perdute che non possono ritornare, le ombre lunghe, le macerie, il silenzio positivo sul quale sentiamo il bisogno di ricostruire e di ricostruirci, i nuovi germogli che spuntano inaspettatamente, e il cielo che inesorabilmente ci sovrasta e ci sorprende in ogni dove promettendo nuove sfide e altra vita.
E ripensiamo masse indefinite di cemento, vetro e acciaio.Catene umane, ombre, rumori, fatica, forse vapori, e odori intensi, e persone intente a svolgere il proprio ruolo nel disegno sempre uguale di movimenti identici e ripetitivi perpetuati per ore, giorni e anni, in un tempo dilatato e molto diverso da questo.
Il paesaggio raccontato da Luca Cortese descrive una dissoluzione della materia che si è specchiata nel tempo nello sgretolamento dei vecchi equilibri e degli antichi meccanismi che reggevano l’economia di una diversa società, oggi profondamente modificata nell’essenza come nelle sue modalità di sostentamento, nelle abitudini e nelle forme di espressione.
Questo progetto fotografico, sul quale l’autore si concentra con dedizione da diversi anni, e del quale ci viene proposto un estratto, offre un documento straordinario cheracconta la nostra identità industriale e manifatturiera, delineando il non troppo lontano passato di un profilo economico-sociale che sta ostentando altrove la sua nuova giovinezza. Se la nuova economia sta favorendo il sorgere di modernissimi quartieri, e di palazzi e grattacieli sempre più alti che si offrono al cielo nei loro abiti scintillanti improntati al miglior design e all’high technology, qui, in questi luoghi di ieri ancorati alla terra, nel contesto dismesso delle fabbriche abbandonate e dei quartieri periferici, possiamo riscoprire nel silenzio le radici profonde del “nuovo mondo” e – grazie alla testimonianza dell’autore – abbiamo l’opportunitàdi respirare ancora per un po’ la nostra storia appena trascorsa.
E in ultimo (o per prima cosa) gli spazi dismessi che ci si aprono davanti con queste fotografie, i contrasti materici, il taglio severo del vetro rotto, i bulloni arrugginiti, l’invasione incontrollata del verde che si riappropria della terra, ogni più piccolo dettaglio di questo racconto ci ricorda lo spazio interiore che portiamo con noi ogni giorno, la strada percorsa, il senso di abbandono che talvolta sa prendere il sopravvento, le cose perdute che non possono ritornare, le ombre lunghe, le macerie, il silenzio positivo sul quale sentiamo il bisogno di ricostruire e di ricostruirci, i nuovi germogli che spuntano inaspettatamente, e il cielo che inesorabilmente ci sovrasta e ci sorprende in ogni dove promettendo nuove sfide e altra vita.
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