Il nostro futuro immaginato: La visione immaginata e dipinta, di un futuro (quasi) perfetto
Dal 20 Ottobre 2012 al 17 Novembre 2012
Lecce
Luogo: Primo Piano LivinGallery
Indirizzo: viale G. Marconi 4
Orari: 10-13/ 16-19
Curatori: Dores Sacquegna
Enti promotori:
- Primo Piano LivinGallery
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 0832 304014
E-Mail info: primopianofficepress@gmail.com
Sito ufficiale: http://www.primopianogallery.com
L’Arte muore senza immaginazione. Passato, presente e futuro hanno interessato da sempre artisti di tutti i tempi e questa mostra mette in luce una visione sistematica di possibili scenari di un futuro quasi perfetto, in cui c’è da chiedersi, parafrasando J.Maddox: “Che cosa resta da scoprire?”. Di certo, la storia del futuro non è ancora stata scritta e il nostro presente è certamente diverso dal futuro immaginato fino a meno di mezzo secolo fa. Sia il Cinema che la letteratura, hanno spesso fatto teorie sul futuro. Nella fantascienza la storia del futuro inizia nel 2019 con il film "Blade Runner”, tratto dal romanzo di Philip Dick, che racconta di una megalopoli multietnica, popolata da un'umanità errante, un mondo governato dai codici dell'informatica e dalla bioingegneria. Oggi la realtà supera la fantasia, e possiamo immaginare che le cose impossibili si possano realizzare prima o poi. Sul futuro del pianeta il video “Welcome Aboard”di Sarah Ciracì in cui coinvolge due studiosi: Vincenzo Balzani, chimico e professore emeritoall’Alma Mater, e Nicola Armaroli, ricercatoredel Cnr di Bologna, entrambifirmatari dell’appello degli scienziati contro il nucleare. Laura Victore presenta in mostra una installazione dal titolo “A beautiful Demise” che riguarda lo scenario di un possibile pianeta terrestre, creato con la combinazione di immagini prese dal satellite, vedute aeree e reliquie tridimensionali.
Con “Senso plurimo”, Alessandro Passaro (Mesagne, Brindisi, 1974) crea textures cromatiche sulla superficie della tela, giocando sui contrasti e sulle forme ibride, così che la distinzione tra interno ed esterno si svuota di senso, ma si carica di profondi significati simbolici, enigmatici, magici. E nel groviglio di texture, Passaro, cerca la pelle stessa dell’opera, un organo che sia permeabile e impermeabile, rigeneratore e isolante, come un tessuto che si imbeve degli umori velenosi del nostro quotidiano per arrivare al labirinto della psiche.
Con “Quand la couleur sera plus forte que le langage, le Monde fera entendre sa musique en pleine lumière”, le opere del Quator di Catherine Drouin Goutal sui cambiamenti climatici. Aliza Morell riflette sul significato della vita di ogni giorno, mentreChristine Cézanne-Thauss immagina un futuro con più consapevolezza, quella necessaria per “ritornare alla proprie origini” per ritrovare il senso di quello che abbiamo perso nel supermercato tecnologico e nella dispersione del mondo urbano, nel segno della pace e dell’amore. Sulle città e l’inquinamento acustico la serie di opere di Paolo Cervino nelle sue morfologie di confine. L’uso dei colori primari, l’arcaicità e la solitudine del paesaggio senza barriere, nelle opere di Judith Donaghy nella bidimensionalità della superficie e nella tridimensionalità dello spazio. Opere aperte all’ascolto di sé, le fotografie di Danilo De Mitri che con poesia e lirismo evoca una sorta di paradiso terrestre, un ritorno alle origini, nel mondo delle fate. Tra messa a fuoco e dissolvenza, l’artista si muove sui diversi piani del colore, del segno, dello spazio, dei valori plastici col risultato finale di una intrigante pluridimensionalità.
Ogni opera, si sa, è sempre metaforica. La geometria nel gioco di pieni e di vuoti, stabilizza, ordina, sublima il concetto del tempo come astrazione mentale nell’opera di Judith Duquemin. Ma resta ancora più difficile accettare che il tempo è una dimensione tutta nostra, umana e che l’universo, in realtà è senza tempo. Infatti la dimensione di migliaia di galassie per noi non è uno spazio ma una entità inimmaginabile. Per Lindsay Keys l’orizzonte è un luogo dove il fuori si incontra con il dentro, la vita con la morte, il razionale con l’irrazionale. Geografie emozionali per Ivan Rivera dove è il frammento ad emergere e ridefinire gli spazi e i volumi. Storie e tracce nelle iconografiche di Gerard Frances e Tom Ma. “Dentro le segrete cose” è il titolo di un video di Paolo Consorti ispirato alla Divina Commedia, e di cui l’artista ha ricreato un set coinvolgendo attori a posare per una storia surreale sull’Inferno dantesco. “Starless”, la fotografia in mostra è realizzata con inquadrature ed effetti speciali. Siamo nella terra dei nessuno; lo spazio è dilatato, è un luogo atemporale in cui Dario Manco nella purezza del bianco, mette a fuoco una serie di opere dedicate alle persone “invisibili”, i tanti clochard che popolano le nostre strade e diventano parte integrante di un paesaggio di precarietà e solitudine.
“Cura de Sueño” (o cura del sonno) è il titolo della video installazione di Mariana Thome che porta in mostra un possibile scenario di grande attualità. Con tecnica maniacale allestisce una asettica camera da letto con cerotti per ribadire che l’unica salvezza in questa sterile continuità, sta nella costante coscienza del dubbio, nella bipolarità, che di fatto è la scienza degli opposti. Jolanda Jensen usa il suo come medium di lavoro e di comunicazione, come oggetto e soggetto della rappresentazione, esplorando i limiti e la resistenza fisica, le tensioni, il movimento e lo spazio. Tematiche ricorrenti di Suus Baltussen sono la connessione e l’incontro. L’artista, infatti realizza grandi installazioni di legno e metallo, che diventano opere interdisciplinari per stabilire un contatto tra le persone attraverso il suono e la condivisione di spazi conviviali.
L’artista sa che la cultura e la storia non risolvono i nodi del tempo e il valore dell’opera sta nella traccia, nella matrice astratta del loro passaggio. L’arte, infatti, propone il gioco dell’eterna circolazione e della sospensione del tempo. L’analisi di tutte le opere in mostra ci offre una visione complessiva di un pensiero sul presente e sul futuro, attraverso riflessioni plurali e sinestetiche, che provengono da un sistema che si alimenta ogni giorno dal nuovo. E il futuro? Non è una verità assoluta. La verità del mondo sta nella dispersione, nella carica di energia che attraversa il mondo e proporre il mondo come scontro di polarità diverse. E per concludere: ogni artista deve, come dice Cadmo, offrire il dono agli uomini di un nuovo alfabeto, tessuto di segni con i quali interpretare la sostanza del mistero.
Con “Senso plurimo”, Alessandro Passaro (Mesagne, Brindisi, 1974) crea textures cromatiche sulla superficie della tela, giocando sui contrasti e sulle forme ibride, così che la distinzione tra interno ed esterno si svuota di senso, ma si carica di profondi significati simbolici, enigmatici, magici. E nel groviglio di texture, Passaro, cerca la pelle stessa dell’opera, un organo che sia permeabile e impermeabile, rigeneratore e isolante, come un tessuto che si imbeve degli umori velenosi del nostro quotidiano per arrivare al labirinto della psiche.
Con “Quand la couleur sera plus forte que le langage, le Monde fera entendre sa musique en pleine lumière”, le opere del Quator di Catherine Drouin Goutal sui cambiamenti climatici. Aliza Morell riflette sul significato della vita di ogni giorno, mentreChristine Cézanne-Thauss immagina un futuro con più consapevolezza, quella necessaria per “ritornare alla proprie origini” per ritrovare il senso di quello che abbiamo perso nel supermercato tecnologico e nella dispersione del mondo urbano, nel segno della pace e dell’amore. Sulle città e l’inquinamento acustico la serie di opere di Paolo Cervino nelle sue morfologie di confine. L’uso dei colori primari, l’arcaicità e la solitudine del paesaggio senza barriere, nelle opere di Judith Donaghy nella bidimensionalità della superficie e nella tridimensionalità dello spazio. Opere aperte all’ascolto di sé, le fotografie di Danilo De Mitri che con poesia e lirismo evoca una sorta di paradiso terrestre, un ritorno alle origini, nel mondo delle fate. Tra messa a fuoco e dissolvenza, l’artista si muove sui diversi piani del colore, del segno, dello spazio, dei valori plastici col risultato finale di una intrigante pluridimensionalità.
Ogni opera, si sa, è sempre metaforica. La geometria nel gioco di pieni e di vuoti, stabilizza, ordina, sublima il concetto del tempo come astrazione mentale nell’opera di Judith Duquemin. Ma resta ancora più difficile accettare che il tempo è una dimensione tutta nostra, umana e che l’universo, in realtà è senza tempo. Infatti la dimensione di migliaia di galassie per noi non è uno spazio ma una entità inimmaginabile. Per Lindsay Keys l’orizzonte è un luogo dove il fuori si incontra con il dentro, la vita con la morte, il razionale con l’irrazionale. Geografie emozionali per Ivan Rivera dove è il frammento ad emergere e ridefinire gli spazi e i volumi. Storie e tracce nelle iconografiche di Gerard Frances e Tom Ma. “Dentro le segrete cose” è il titolo di un video di Paolo Consorti ispirato alla Divina Commedia, e di cui l’artista ha ricreato un set coinvolgendo attori a posare per una storia surreale sull’Inferno dantesco. “Starless”, la fotografia in mostra è realizzata con inquadrature ed effetti speciali. Siamo nella terra dei nessuno; lo spazio è dilatato, è un luogo atemporale in cui Dario Manco nella purezza del bianco, mette a fuoco una serie di opere dedicate alle persone “invisibili”, i tanti clochard che popolano le nostre strade e diventano parte integrante di un paesaggio di precarietà e solitudine.
“Cura de Sueño” (o cura del sonno) è il titolo della video installazione di Mariana Thome che porta in mostra un possibile scenario di grande attualità. Con tecnica maniacale allestisce una asettica camera da letto con cerotti per ribadire che l’unica salvezza in questa sterile continuità, sta nella costante coscienza del dubbio, nella bipolarità, che di fatto è la scienza degli opposti. Jolanda Jensen usa il suo come medium di lavoro e di comunicazione, come oggetto e soggetto della rappresentazione, esplorando i limiti e la resistenza fisica, le tensioni, il movimento e lo spazio. Tematiche ricorrenti di Suus Baltussen sono la connessione e l’incontro. L’artista, infatti realizza grandi installazioni di legno e metallo, che diventano opere interdisciplinari per stabilire un contatto tra le persone attraverso il suono e la condivisione di spazi conviviali.
L’artista sa che la cultura e la storia non risolvono i nodi del tempo e il valore dell’opera sta nella traccia, nella matrice astratta del loro passaggio. L’arte, infatti, propone il gioco dell’eterna circolazione e della sospensione del tempo. L’analisi di tutte le opere in mostra ci offre una visione complessiva di un pensiero sul presente e sul futuro, attraverso riflessioni plurali e sinestetiche, che provengono da un sistema che si alimenta ogni giorno dal nuovo. E il futuro? Non è una verità assoluta. La verità del mondo sta nella dispersione, nella carica di energia che attraversa il mondo e proporre il mondo come scontro di polarità diverse. E per concludere: ogni artista deve, come dice Cadmo, offrire il dono agli uomini di un nuovo alfabeto, tessuto di segni con i quali interpretare la sostanza del mistero.
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