Splendori dal Medioevo. L’abbazia di San Vincenzo al Volturno al tempo di Carlo Magno
Splendori dal Medioevo. L’abbazia di San Vincenzo al Volturno al tempo di Carlo Magno. Museo Archeologico di Venafro
Dal 22 Gennaio 2012 al 04 Novembre 2012
Venafro | Isernia
Luogo: Museo Archeologico, ex Convento di Santa Chiara
Indirizzo: Corso Garibaldi
Orari: 9-19; domenica: 13,30-19,30; chiuso il lunedì
Costo del biglietto: € 2,00; riduzioni come da normativa vigente
Telefono per informazioni: +39 0865 900742
E-Mail info: sba-mol@beniculturali.it
La Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise ha ritenuto particolarmente importante illustrare, in una mostra nel Museo Archeologico di Venafro, l’arte, la vita e gli elevati valori spirituali che attraverso il cenobio benedettino di San Vincenzo al Volturno si sono diffusi nel Medioevo in vasti territori dell’Italia centro-meridionale. Si è voluta fissare l’inaugurazione, in modo simbolico, il 22 gennaio 2012 data coincidente con la festività di San Vincenzo martire di Saragozza.
La mostra si articola in sei sezioni nelle quali viene ripercorso il cammino storico dell’Abbazia attraverso i reperti e le fonti storiche, iniziando dalle fasi più antiche (La fondazione del monastero e il luogo sacro), che ha tra i reperti più importanti l’altare affrescato di tardo VIII secolo proveniente dalla Chiesa Sud. Si prosegue con La rinascita carolingia, che presenta l’abbazia al massimo del suo splendore: già celebre in età longobarda; il monastero di San Vincenzo, alla fine dell’VIII secolo, si trovò al confine delle terre italiane conquistate da Carlo Magno e, in virtù di ciò, venne incluso dal sovrano franco nel novero delle abbazie direttamente poste sotto la sua protezione.
Durante il IX secolo il monastero raggiunge la sua massima espansione: gli abati Giosué, Talarico ed Epifanio trasformano il cenobio in una vera e propria città monastica avviando imponenti progetti di costruzione. L’abate Giosuè (792-817) che, secondo il Chronicon Vulturnense (XII secolo d.C.), era imparentato con la famiglia regnante carolingia, trasformò San Vincenzo in uno dei più grandi monasteri d’Europa. Le ingenti risorse economiche a disposizione accrebbero lo splendore dell’abbazia, che giunse ad annoverare, a metà del IX secolo, ben nove chiese, tra cui la basilica maior, una colossale costruzione di oltre sessanta metri di lunghezza e quasi trenta di larghezza, con trenta colonne di granito egizio, in grado di gareggiare con le più splendide chiese abbaziali dell’Europa carolingia. Di questa fase verranno esposte le vetrate multicolori, le suppellettili in vetro di cui si illustreranno le tecniche di produzione.
Degli splendidi affreschi originali sarà esposta la sequenza dei profeti, dei santi, degli abati. Si prosegue con l’illustrazione dei modelli pittorici e delle scuole di provenienza degli artisti, con le sculture e con i pavimenti in opus sectile. L’epilogo: dopo il saccheggio dell’abbazia da parte di predoni arabi nell’881, la comunità dei monaci fu costretta a trasferirsi ma alla fine del X secolo il monastero ebbe una fase di rinascita, con la ricostruzione della basilica maggiore e il recupero di altri edifici del grande chiostro carolingio. Alla fine dell’XI secolo però, di fronte alla comparsa dei Normanni, la comunità decise di trasferirsi a poche centinaia di metri di distanza, sulla riva opposta del Volturno, per edificare un monastero interamente nuovo e fortificato.
Si conclude con la VI sezione: La presenza araba a Venafro e in Molise tra IX e X secolo. Il gioco degli scacchi e la simbologia, che approfondisce la fase tra IX e XI secolo nel territorio dell’Alto Volturno. Testimonianza significativa del periodo sono gli scacchi rinvenuti nel 1932 in una sepoltura di Venafro. Saranno esposti per la prima volta in Molise, prestati per l’occasione dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
La mostra si articola in sei sezioni nelle quali viene ripercorso il cammino storico dell’Abbazia attraverso i reperti e le fonti storiche, iniziando dalle fasi più antiche (La fondazione del monastero e il luogo sacro), che ha tra i reperti più importanti l’altare affrescato di tardo VIII secolo proveniente dalla Chiesa Sud. Si prosegue con La rinascita carolingia, che presenta l’abbazia al massimo del suo splendore: già celebre in età longobarda; il monastero di San Vincenzo, alla fine dell’VIII secolo, si trovò al confine delle terre italiane conquistate da Carlo Magno e, in virtù di ciò, venne incluso dal sovrano franco nel novero delle abbazie direttamente poste sotto la sua protezione.
Durante il IX secolo il monastero raggiunge la sua massima espansione: gli abati Giosué, Talarico ed Epifanio trasformano il cenobio in una vera e propria città monastica avviando imponenti progetti di costruzione. L’abate Giosuè (792-817) che, secondo il Chronicon Vulturnense (XII secolo d.C.), era imparentato con la famiglia regnante carolingia, trasformò San Vincenzo in uno dei più grandi monasteri d’Europa. Le ingenti risorse economiche a disposizione accrebbero lo splendore dell’abbazia, che giunse ad annoverare, a metà del IX secolo, ben nove chiese, tra cui la basilica maior, una colossale costruzione di oltre sessanta metri di lunghezza e quasi trenta di larghezza, con trenta colonne di granito egizio, in grado di gareggiare con le più splendide chiese abbaziali dell’Europa carolingia. Di questa fase verranno esposte le vetrate multicolori, le suppellettili in vetro di cui si illustreranno le tecniche di produzione.
Degli splendidi affreschi originali sarà esposta la sequenza dei profeti, dei santi, degli abati. Si prosegue con l’illustrazione dei modelli pittorici e delle scuole di provenienza degli artisti, con le sculture e con i pavimenti in opus sectile. L’epilogo: dopo il saccheggio dell’abbazia da parte di predoni arabi nell’881, la comunità dei monaci fu costretta a trasferirsi ma alla fine del X secolo il monastero ebbe una fase di rinascita, con la ricostruzione della basilica maggiore e il recupero di altri edifici del grande chiostro carolingio. Alla fine dell’XI secolo però, di fronte alla comparsa dei Normanni, la comunità decise di trasferirsi a poche centinaia di metri di distanza, sulla riva opposta del Volturno, per edificare un monastero interamente nuovo e fortificato.
Si conclude con la VI sezione: La presenza araba a Venafro e in Molise tra IX e X secolo. Il gioco degli scacchi e la simbologia, che approfondisce la fase tra IX e XI secolo nel territorio dell’Alto Volturno. Testimonianza significativa del periodo sono gli scacchi rinvenuti nel 1932 in una sepoltura di Venafro. Saranno esposti per la prima volta in Molise, prestati per l’occasione dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
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