Tesori dalle terre d’Etruria. La collezione dei conti Passerini, Patrizi di Firenze e Cortona
Dal 29 Ottobre 2020 al 30 Giugno 2021
Firenze
Luogo: Museo Archeologico Nazionale
Indirizzo: piazza Santissima Annunziata 9b
Orari: giovedì: 14-19 (ultimo ingresso 18,15); venerdì, sabato e prima domenica del mese: 8,30-14 (ultimo ingresso 13,15)
Enti promotori:
- MiBACT
- Direzione regionale musei della Toscana
Costo del biglietto: Intero € 8, ridotto € 2
Telefono per informazioni: +39 055 23575
E-Mail info: drm-tos.musarchnaz-fi@beniculturali.it
Sito ufficiale: http://www.polomusealetoscana.beniculturali.it
Completata la riapertura al pubblico di tutte le sue sedi nella regione, la Direzione regionale musei della Toscana inaugura giovedì 29 ottobre una nuova mostra al Museo archeologico nazionale di Firenze dal titolo “Tesori dalle terre d’Etruria. La collezione dei conti Passerini, Patrizi di Firenze e Cortona”
Per la prima volta dopo circa 150 anni sarà esposta al pubblico, interamente riunita nei suoi nuclei principali, la collezione archeologica che fu del conte Napoleone Passerini (1862-1951) e della sua famiglia, in gran parte conservata nei magazzini del Museo Archeologico Nazionale di Firenze, ora completata da 82 pregiate antichità prevalentemente etrusche e greche, consegnate da una generosa donatrice fiorentina nel 2016 al Comando Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale di Firenze.
Il conte di nobile di stirpe cortonese, figlio del facoltoso Pietro Passerini da Cortona, oltre ad essere agronomo di chiara fama, fondatore e proprietario dell'Istituto Agrario di Scandicci, e aver selezionato la razza Chianina nelle sue fattorie in Val di Chiana, fu appassionato collezionista e fin dall’adolescenza radunò la straordinaria raccolta, in parte ereditata dal padre, promuovendo scavi e acquistando capolavori.
I primi reperti provengono da una trentina di tombe etrusche con splendidi corredi, rinvenute nei suoi vasti possedimenti di Bettolle e di Sinalunga, e da una grande necropoli di 60 tombe della collina di Foiano della Chiana. Già nel 1877 la sua collezione annoverava almeno 400 vasi, senza contare ossi, avori, ferri, paste vitree, una ingente quantità di oggetti domestici e funerari in bronzo, suppellettili di ogni genere, vasi da dispensa e da commercio, orci da miele e vasi per derrate solide e liquide, molti dei quali con iscrizioni che contribuiscono in modo sostanziale ad accrescere le conoscenze sul lessico della lingua etrusca. Inoltre, il valore della collezione è straordinario perché proviene da un preciso e ben definito contesto territoriale e culturale, quello della Val di Chiana, da sempre cerniera fra i territori di Chiusi, Siena e Arezzo, del quale documenta aspetti di vita e cultura tra VII e I secolo a.C., in particolare quelli espressione dell'aristocrazia di Chiusi.
La mostra, curata da Mario Iozzo, direttore del Museo Archeologico Nazionale di Firenze e da Maria Rosaria Luberto, archeologa della Scuola Archeologica Italiana di Atene, con il coordinamento generale di Stefano Casciu, direttore regionale dei Musei della Toscana, espone ben 293 reperti, fra i quali spiccano vasi ateniesi di grande qualità, alcuni con iconografie rarissime, e uno dei più antichi e più importanti vasi etruschi dell’intera produzione a figure rosse, un grande vaso per mescolare l’acqua e il vino utilizzato nei simposi dell’aristocrazia etrusca dell’Ager Clusinus, il territorio dell’antica Chiusi.
A questo si affiancano 18 ricordi e cimeli di Napoleone Passerini, tra cui persino la sua pipa personale, gentilmente concessi in prestito dai pronipoti.
Grandi pannelli iconografici presentano le immagini, con i relativi riferimenti, dei capolavori che tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento lasciarono la collezione e raggiunsero il Metropolitan Museum of Art di New York, l’allora Walters Art Gallery di Baltimora, il Museum of Fine Arts di Boston, il Bible Lands Museum di Gerusalemme, la collezione Silver di Los Angeles, inclusi alcuni pregevoli vasi che molto probabilmente transitarono dalla collezione Passerini prima di finire all’estero, fornendo così un quadro completo dell'insieme degli oggetti raccolti dal Passerini.
Il catalogo scientifico è a cura di Mario Iozzo e Maria Rosaria Luberto ed è edito da Sillabe (Livorno). Comprende non soltanto le schede approfondite di ogni singolo reperto, ma anche saggi nei quali viene ricostruita l’intricata filiera delle vicende degli scavi e della formazione della collezione che ne derivò, ma anche la dispersione dei capolavori all’estero e, non ultime, le trame familiari attraverso le quali la raccolta è arrivata a noi.
Giovedì 29 ottobre per l’inaugurazione la mostra sarà straordinariamente aperta al pubblico gratuitamente dalle 14 alle 22 con ingressi massimo di 80 persone ogni ora in gruppi contingentati nel rispetto delle norme di prevenzione del Covid-19.
Ad accogliere il pubblico ci sarà anche la nuova app del Museo Archeologico Nazionale di Firenze, già scaricabile gratuitamente dai più diffusi store online.
Il nuovo strumento messo a disposizione dei visitatori è stato realizzato grazie al sostegno e alla collaborazione di Fondazione CR Firenze: esso infatti è stato sviluppato nell’ambito di "Valore Museo", il programma della Fondazione volto al potenziamento delle competenze professionali innovative e manageriali sia degli operatori museali che di giovani professionisti del settore, al fine di favorire il rafforzamento del sistema museale e culturale locale, e realizzato grazie al contributo vinto nell’ambito di "Laboratori culturali", il bando tematico che la Fondazione dedica all’innovazione e al rafforzamento dell’identità digitale dei musei per favorire lo sviluppo di nuovi pubblici.
L'applicazione facilita e arricchisce la visita di un museo articolato e complesso come il Museo Archeologico Nazionale di Firenze proponendo due percorsi integrati dedicati ai Capolavori e alla Storia dell'edificio. Un viaggio digitale che si sviluppa in parallelo attraversando e raccontando la storia delle sale dello storico Palazzo della Crocetta, già dimora medicea, i contesti principali delle sue collezioni, e approfondisce gli straordinari dettagli dei suoi capolavori unici al mondo.
Tesori dalle terre d'Etruria: la collezione dei conti Passerini dalla Val di Chiana al Museo Archeologico Nazionale di Firenze
La famosa raccolta di antichità del conte Napoleone Passerini era nota dal 1875 e fu visitata anche da illustri studiosi dell'epoca. Ereditata in parte dal padre Pietro fu incrementata fin dall'adolescenza con scavi effettuati nei suoi vasti possedimenti di Bettolle e di altre località del territorio comunale di Sinalunga, dove i suoi contadini avevano scoperto una trentina di tombe etrusche con splendidi corredi.
A questo primo nucleo si aggiunsero pregevolissimi reperti, bellissimi vasi attici e bronzi etruschi che Napoleone acquistò dagli scavatori Giacomo Tempora di Cortona, e Giuseppe Cappannelli di Bettolle, che intorno al 1879 portarono alla luce una grande necropoli con almeno 60 tombe, anche a camera, sulla collina davanti alla chiesa di San Francesco, a Foiano della Chiana.
Appena diciassettenne, il Conte aveva suddiviso la propria collezione in due nuclei principali, uno nella sua Villa di Bettolle e uno in quella detta "Le Rondini", a Scandicci Alto, ma già nel 1890 aveva venduto al Regio Museo Archeologico di Firenze un gruppo di pregiate oreficerie etrusche (diciotto orecchini e pendenti) e probabilmente anche altro, come un bel diadema di foglie d'oro con pavoni a rilievo alle estremità, che arrivò al Museo nel 1898/1900 probabilmente dalla medesima collezione, ma tramite l'antiquario fiorentino Giuseppe Pacini.
Il nucleo di Bettolle rimase in quella Villa fin oltre la morte del conte Napoleone (1951) e dopo i vari passaggi ereditari. Nel 1999 fu riconosciuto di eccezionale interesse storico-artistico tanto che, nel 2006, su proposta di Mario Iozzo, allora funzionario della Soprintendenza e direttore del Museo Archeologico di Chiusi, fu acquistato dallo Stato e depositato nei magazzini dello stesso museo. Il nucleo di Scandicci, invece, subì una sorte differente. Pur riconosciuto di eccezionale interesse già nel 1910, passate le due guerre mondiali, la morte del titolare, la vendita della villa “Le Rondini” e altre varie vicende, se ne perdette totalmente notizia.
Inaspettatamente, il 15 dicembre 2016, una generosa donatrice fiorentina contattò il Comando Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale di Firenze per consegnare un nucleo di 82 importanti e pregiate antichità prevalentemente etrusche e greche (e una spatha longobarda), appartenuti a Napoleone Passerini e a lei arrivate per via ereditaria. Contattata la competente Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato, fu chiaro che la raccolta era proprio quella sottoposta a vincolo nel 1910 e da allora ritenuta perduta.
Consegnato al Museo Archeologico fiorentino, il nucleo Passerini proveniente dalla Villa di Scandicci fu ricongiunto con quello delle oreficerie che il Museo possedeva già dal 1890-1900, nel frattempo ritornato dal Museo di Cortona al quale era stato concesso in prestito temporaneo, e al nucleo di Chiusi, che si trovava nei depositi del museo.
Ci troviamo dunque davanti alla rarissima occasione di vedere riunificata una collezione storica (o almeno quanto di essa rimasto in Italia), e di poterla presentare al pubblico per la prima volta dopo quasi un secolo e mezzo, nella sua interezza nella mostra Tesori dalle terre d’Etruria.
Nel 1877 la collezione annoverava almeno 400 vasi, senza contare ossi, avori, ferri, paste vitree, una ingente quantità di oggetti domestici e funerari in bronzo, suppellettili di ogni genere, vasi da dispensa e da commercio, orci da miele e vasi per derrate solide e liquide, molti dei quali con iscrizioni che contribuiscono in modo sostanziale ad accrescere le nostre conoscenze sul lessico della lingua etrusca. Ancora una volta ci stupiamo davanti alla bellezza e alla finezza dell’artigianato antico, etrusco e greco, delle sue forme, dei suoi colori, delle sue raffigurazioni e di tutti quei valori che esso promulgava, al di là degli aspetti commerciali e produttivi e delle credenze religiose o degli sui quotidiani che esso sottintende.
Da segnalare che, a differenza della stragrande maggioranza delle collezioni private del nostro Paese, quella di Napoleone Passerini riveste un’importanza particolare, in quanto non fu il risultato di acquisti casuali dal mercato antiquario o di raccolte incontrollate, ma è con sufficiente certezza “contestualizzata” poiché tutta proveniente da un preciso e ben definito contesto territoriale e culturale, quello della Val di Chiana, da sempre cerniera fra i territori di Chiusi, Siena e Arezzo, del quale documenta aspetti di vita e cultura, in una data epoca storica (principalmente fra l’Orientalizzante e l’Ellenismo, VII-I secc. a.C.) e relativamente a un dato gruppo di Etruschi, quelli che gravitavano intorno al centro politicamente egemone di Chiusi, l’antica Camars di Livio (Ab Urbe condita X, 25) oppure la Clevsie- o Clevsin, nome documentato dalle moderne scoperte archeologiche.
E non è da trascurare, infine, il contributo che questa collezione fornisce alla storia dell’archeologia italiana (ed etrusca in particolare) durante la felice stagione archeologica del Regno sabaudo d’Italia, periodo d’oro per i musei etruschi - che furono allora fondati ex novo, incrementati o arricchiti - e del quale la storia della collezione Passerini offre uno spaccato indubbiamente significativo.
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