Lino Mannocci. Recent works
Dal 27 Marzo 2015 al 03 Maggio 2015
Firenze
Luogo: Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti
Indirizzo: piazza dei Pitti 1
Orari: 8-15-18.30. Chiuso primo e ultimo lunedì del mese
Enti promotori:
- MiBACT
- Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti
- Maschietto Editore
Costo del biglietto: intero € 10, ridotto € 5 per i cittadini dell’U.E. tra i 18 e i 25 anni, gratuito per i minori di 18 anni e per i cittadini dell’U.E. sopra i 65 anni
Telefono per informazioni: +39 055 3693407
E-Mail info: firenzemusei@operalaboratori.com
Sito ufficiale: http://www.polomuseale.firenze.it
Si tratta di dodici opere inedite che sintetizzano gli ultimi quindici anni di attività dell’artista, confermandone il carattere onirico e visionario, oltre all’ascendenza metafisica e surreale che rimanda alle atmosfere esistenziali e agli abissali silenzi dei dipinti di De Chirico, Carrà, Sironi, Morandi.
Viareggino classe ‘45, pittore e grafico, Mannocci si muove da tempo in uno scenario internazionale anche grazie a lunghi soggiorni e studi londinesi, al punto che le sue opere sono patrimonio di importanti collezioni pubbliche in Stati Uniti, Svizzera, Inghilterra, British Museum compreso.
Diviso tra Londra e l’Italia, all’inizio degli anni Ottanta è con Sandro Luporini e il compianto Gianfranco Ferroni uno dei talentuosi toscani del gruppo Metacosa, la cui matrice figurativa si distingue per il particolare spessore poetico e per la ricerca pittorica precisa e calcolata. “Metacosa”, scrisse Philippe Daverio, “fu l’inizio di una riflessione artistica e politica nel frangente d’un paese che passava dalle certe incertezze degli anni di piombo alle incerte certezze d’un ritorno all’ordine, anche formale”.
Mannocci, ricorda nel catalogo l’ex soprintendente Cristina Acidini, “porta un bel disegno e una buona pittura, dove la matita sul foglio, la tela sul cavalletto e, a volte, la macchina fotografica indagatrice e curiosa…sono gli strumenti di una personalità d’artista che guarda negli occhi e senza soggezione l’infinita genealogia dei pittori di anni e di secoli fa”.
La sua rêverie, la sua mistica, la sua nostalgia si riflette nel natio mare versiliese, tradotto in mare post-metafisico, mare onirico per lo più in dimensioni verticali. Un mare muro, mare di pietra, come del resto alcune titoli delle opere apertamente dichiarano.
La cifra identitaria è invece la magica geometria del quadrato che Mannocci arriva a declinare spazialmente e cromaticamente come un’asimmetrica polifonia in 5 quarti. Spiega Acidini: “Ora la tela (o la carta) è spartita nei quattro rettangoli oppure quadrati di un campo diviso; ora l'immagine si concentra nel campo ristretto di un quadrato rigorosamente concentrico al supporto quadro, col bordo vuoto d’ampio respiro tutt’intorno; ora nel quadrato centrale soprastante a uno minore allineato alla mezzeria verticale, che Mannocci definisce con antico termine, mutuato dall'arte sacra, predella”.
Sono solo alcune delle combinazioni spaziali ricorrenti nelle opere dell’artista, nel suo incessante lavoro di scomporre e ricomporre, secondo un ordine segreto, la sfida sempiterna proposta in particolare dal quadrato: “Figura geometrica la cui soverchiante perfezione giace sepolta nel nostro DNA mediterraneo con l'efficiente forma del castrum romano e che, nella millenaria cultura cinese, è attributo del Cielo”.
Nel suo contributo al catalogo lo storico dell’arte Vincenzo Farinella sostiene che ciò che ancora oggi distingue Mannocci è un'idea del dipingere molto alta, ambiziosa e arrischiata: l’idea che la pittura non è divertimento intellettuale, virtuosismo tecnico, ornamento, né battuta ironica, sberleffo o provocazione, bensì una scommessa sulla vita. Ovvero la pittura come un rimettersi continuamente in gioco, rischio, avventura, confessione intorno a se stessi o come riflessione critica sull'uomo, sulla società e sulla storia
Per Mannocci, scrive Farinella, la pittura è “un guardare in profondità, uno strumento per comprendere il mondo, per indagare nei misteri dell'esistenza. Come uno scienziato o un filosofo, il pittore intraprende un cammino di conoscenza, ma senza conoscere la meta, senza speranza, forse, di poterla davvero raggiungere: lo sguardo non si ferma sulla superficie delle cose, penetra oltre le apparenze, va sempre più nel profondo, come suggeriva Cézanne, sfiora e rivela regioni ignote”.
La mostra è patrocinata dal Ministero dei Beni Culturali e dalla stessa Galleria d’Arte Moderna ed è organizzata con il sostegno di Cassa di Risparmio di Lucca, Pisa, Livorno / Gruppo Banco Popolare, Coopservice. Collaborano l’Azienda vitivinicola Giuseppe Rinaldi Barolo e la Galleria Ceribelli di Bergamo.
Lino Mannocci nasce a Viareggio nel 1945. Nel 1968 si trasferisce a Londra. Dal 1971 al 1976 studia alla Camberwell School of Art e alla Slade University. Nei due anni di frequenza alla Slade Unversity matura interesse per la grafica, sia dal punto di vista tecnico sia dal punto di vista accademico.
Nel 1976 inizia a trascorrere il periodo estivo a Montigiano, nell’entroterra versiliese. Nei primi anni Ottanta partecipa con entusiasmo alle mostre della Metacosa, un gruppo di artisti che lavorano insieme per alcuni anni dal 1979. Nel 1988 conclude una lunga ricerca dedicata alla grafica di Claude Lorrain e pubblica il catalogo ragionato per i tipi della Yale University Press.
Nel 2007 cura la mostra e il catalogo Gli amici pittori di Londra alla Galleria Ceribelli di Bergamo, un omaggio alla pittura e all’amicizia. Nel 2008, a seguito di un viaggio a Nuova Dehli e a Mumbai, dove nel 2006 aveva esposto i suoi lavori, pubblica Madre India-Padre Barbiere, un volume di fotografie con un suo testo introduttivo, per i tipi della casa editrice Skira.
Nel 2010 in occasione della sua mostra di monotipi al Museo Fitzwilliam di Cambridge, Clouds and Myths, cura un’esposizione di opere sull’Annunciazione: The Angel and the Virgin, A brief History of the Annunciation. Nel 2010, alla Estorick Collection di Londra, cura la mostra Another Country. London Painters in Dialogue with Modern Italia Art. Continua a dividere il suo tempo, il suo lavoro e i suoi affetti tra Londra e Montigiano.
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