Divisionismo e Futurismo. L’arte italiana consegnata alla modernità
Dal 05 Ottobre 2013 al 04 Novembre 2013
Firenze
Luogo: Galleria Frediano Farsetti
Indirizzo: lungarno Guicciardini 21/r
Orari: 10-13/ 14.30-19.30
Telefono per informazioni: +39 055 210107
E-Mail info: info@galleriafredianofarsetti.it
Sito ufficiale: http://www.galleriafredianofarsetti.it
Il percorso espositivo è stato ideato per mostrare ai visitatori le complesse e radicali trasformazioni stilistiche ed estetiche che tra il 1910 ed il 1920 hanno permesso il rinnovamento dell’arte italiana, parallelamente allo sviluppo delle principali avanguardie internazionali.
Come scrive Marco Fagioli, “La mostra documenta in modo esatto tale passaggio, dal Balla divisionista, con Campagna romana, 1902 ca., lo splendido Germogli primaverili (Paesaggio di Villa Borghese), 1906, Ritratto di signora, 1907, Nel prato, 1908 ca., tutti dipinti che avvisano l’imminente arrivo della rivoluzione formale futurista.
Di Boccioni le tre opere presenti, tutti momenti elevati del suo lavoro, rendono giustizia piena: il Pagliaio al sole, 1908, un tripudio di luce e di colore che attesta un legame non solo tematico con la serie famosa dei Meules, 1891, di Claude Monet (il vero iniziatore del plein-air, “l’impressionista all’avanguardia” più di ogni altro), il paesaggio con le ciminiere di Crepuscolo, 1909, e il Nudo disteso, femminile, vero e proprio manifesto di quel linguaggio “simultaneo” cubo-futurista che solo in Boccioni trovò i suoi esiti perfetti.
Il Futurismo, nella sua pienezza di rivoluzione spaziale nella concezione della forma, appare anche nel
Paesaggio toscano, 1912, di Severini, in Ritmi e linee, 1912, di Carlo Carrà, ne La ballerina del San Martino, 1915, e nel collage L’Arlecchino, 1915, di Mario Sironi; vengono in mente allora alcuni punti del Manifesto del 1909: “La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno […] Non v’è più bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro […] Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie […] Il Tempo e lo Spazio morirono ieri […] È dall’Italia, che noi lanciamo pel mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria, col quale fondiamo oggi il Futurismo […]”.
Di Ottone Rosai, più giovane di quindici anni degli altri futuristi, che è stato alla fine il vero “frutto puro” della pittura fiorentina, la mostra rende tre piccoli capolavori: il magico Follie estive, 1918-19, in cui una visione di assoluto candore del teatrino sull’Arno diviene elegia scompositiva di linee, volumi e colori, come in un Braque, e Serenata, 1919-20, in cui le potenti e primitive figure della sua Firenze popolana assumono l’incanto lirico della pittura del Trecento.
Rimarrebbe ancora da parlare di quella singolare Composizione futurista, 1929-30, di Lorenzo Viani, pittore e scrittore apuano ribelle, un dipinto a tempera e collage che sembra anticipare profeticamente certi esiti della successiva arte surrealista.
E ancora di Fortunato Depero, nativo della Val di Non, autodidatta che si fece futurista a Roma nel 1914, partecipando al gruppo che esponeva presso la Galleria Sprovieri: il suo dipinto è un esempio canonico di “simultaneità” visiva”.
Alcune delle opere esposte
Giacomo Balla, Linee-Forza del pugno di Boccioni II, 1915/1955, scultura in ottone verniciato, cm 75,5x25,5x80,5
Umberto Boccioni, Crepuscolo, 1909, olio su tela, cm 90x120
Umberto Boccioni, Nudo disteso, olio su carta, cm 30,5x40,5
Carlo Carrà, La ballerina del San Martino, 1915, tempera su carta, cm 59x43,5
Ottone Rosai, Serenata, 1919/1920, olio su tela, cm 68x44
Ottone Rosai, Bottiglia e ciotola, 1919, olio su tela, cm 30,2x40,4
Gino Severini, Femme assise, 1914, pastello e carboncino su cartoncino, cm 26,2x26,2
Gino Severini, Paesaggio toscano (Equivalente plastico di un paesaggio), 1912, olio su tela, cm 65x50
Mario Sironi, Figura futurista (Antigrazioso), 1913/1914, olio su tela, cm 84,5x59,5
Ardengo Soffici, Natura morta (Parafuoco), 1940, olio su tela, cm 55x49,5
Come scrive Marco Fagioli, “La mostra documenta in modo esatto tale passaggio, dal Balla divisionista, con Campagna romana, 1902 ca., lo splendido Germogli primaverili (Paesaggio di Villa Borghese), 1906, Ritratto di signora, 1907, Nel prato, 1908 ca., tutti dipinti che avvisano l’imminente arrivo della rivoluzione formale futurista.
Di Boccioni le tre opere presenti, tutti momenti elevati del suo lavoro, rendono giustizia piena: il Pagliaio al sole, 1908, un tripudio di luce e di colore che attesta un legame non solo tematico con la serie famosa dei Meules, 1891, di Claude Monet (il vero iniziatore del plein-air, “l’impressionista all’avanguardia” più di ogni altro), il paesaggio con le ciminiere di Crepuscolo, 1909, e il Nudo disteso, femminile, vero e proprio manifesto di quel linguaggio “simultaneo” cubo-futurista che solo in Boccioni trovò i suoi esiti perfetti.
Il Futurismo, nella sua pienezza di rivoluzione spaziale nella concezione della forma, appare anche nel
Paesaggio toscano, 1912, di Severini, in Ritmi e linee, 1912, di Carlo Carrà, ne La ballerina del San Martino, 1915, e nel collage L’Arlecchino, 1915, di Mario Sironi; vengono in mente allora alcuni punti del Manifesto del 1909: “La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno […] Non v’è più bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro […] Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie […] Il Tempo e lo Spazio morirono ieri […] È dall’Italia, che noi lanciamo pel mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria, col quale fondiamo oggi il Futurismo […]”.
Di Ottone Rosai, più giovane di quindici anni degli altri futuristi, che è stato alla fine il vero “frutto puro” della pittura fiorentina, la mostra rende tre piccoli capolavori: il magico Follie estive, 1918-19, in cui una visione di assoluto candore del teatrino sull’Arno diviene elegia scompositiva di linee, volumi e colori, come in un Braque, e Serenata, 1919-20, in cui le potenti e primitive figure della sua Firenze popolana assumono l’incanto lirico della pittura del Trecento.
Rimarrebbe ancora da parlare di quella singolare Composizione futurista, 1929-30, di Lorenzo Viani, pittore e scrittore apuano ribelle, un dipinto a tempera e collage che sembra anticipare profeticamente certi esiti della successiva arte surrealista.
E ancora di Fortunato Depero, nativo della Val di Non, autodidatta che si fece futurista a Roma nel 1914, partecipando al gruppo che esponeva presso la Galleria Sprovieri: il suo dipinto è un esempio canonico di “simultaneità” visiva”.
Alcune delle opere esposte
Giacomo Balla, Linee-Forza del pugno di Boccioni II, 1915/1955, scultura in ottone verniciato, cm 75,5x25,5x80,5
Umberto Boccioni, Crepuscolo, 1909, olio su tela, cm 90x120
Umberto Boccioni, Nudo disteso, olio su carta, cm 30,5x40,5
Carlo Carrà, La ballerina del San Martino, 1915, tempera su carta, cm 59x43,5
Ottone Rosai, Serenata, 1919/1920, olio su tela, cm 68x44
Ottone Rosai, Bottiglia e ciotola, 1919, olio su tela, cm 30,2x40,4
Gino Severini, Femme assise, 1914, pastello e carboncino su cartoncino, cm 26,2x26,2
Gino Severini, Paesaggio toscano (Equivalente plastico di un paesaggio), 1912, olio su tela, cm 65x50
Mario Sironi, Figura futurista (Antigrazioso), 1913/1914, olio su tela, cm 84,5x59,5
Ardengo Soffici, Natura morta (Parafuoco), 1940, olio su tela, cm 55x49,5
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