Uomini che inseguono le donne. La non-immagine della violenza sulle donne sui vasi attici dalla necropoli etrusca di Spina
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Uomini che inseguono le donne. La non-immagine della violenza sulle donne sui vasi attici dalla necropoli etrusca di Spina
Dal 25 Novembre 2012 al 23 Aprile 2013
Ferrara
Luogo: Museo Archeologico Nazionale
Indirizzo: via XX Settembre 122
Orari: da martedì a domenica 9.30-17
Curatori: Mario Cesarano
Enti promotori:
- GAF (Gruppo Archeologico Ferrarese)
- Associazione Bal’danza
- Fondazione Monte di Bologna e Ravenna
Telefono per informazioni: +39 0532 66299
E-Mail info: sba-ero.museoarchferrara@beniculturali.it
Sito ufficiale: http://www.archeoferrara.beniculturali.it/
A margine dell'iniziativa "Donne nell’antichità. Le radici della civiltà del rispetto", che ha visto la Pinacoteca Nazionale di Bologna e i Musei Archeologici Nazionali di Parma e Ferrara ospitare eventi e dibattiti incentrati sul confronto tra l’antichità e il mondo contemporaneo, l'archeologo Mario Cesarano ha curato questa mostra selezionando, tra i reperti vascolari esposti nel museo, quelle raffigurazioni in grado di documentare, nel mondo etrusco, il riconoscimento di una dignità della donna non vilipesa come purtroppo sempre più spesso accade oggi.
Ne è nato un percorso suggestivo, che attraverso le immagini raffigurate su 19 vasi, mostra in vetrine tematiche, i sei argomenti fondamentali dell'esposizione: I modelli iconografici del mito, L’inseguimento amoroso, Cacciatori e prede, Teseo: l’efebo per eccellenza, Tutto per volontà degli dèi, La violenza come empietà
Al termine del percorso espositivo, l’immagine di una musa riafferma, attraverso la sua grazia e femminilità, i valori della dignità della donna.
Tra i vasi esposti, segnaliamo per il loro significato simbolico, la grande kylix con il rapimento di Ganimede da parte di Zeus del Pittore di Pentesilea (nella foto), il cratere a campana con il ratto delle Leucippidi, il cratere con la rara rappresentazione del rapimento di Elena da parte di Teseo, opera del Pittore di Boreas, e lo splendido cratere su piedistallo della tomba 136A di Valle Pega con Aiace che trascina via Cassandra nell’ultima notte di Troia.
Originale anche l'approccio del curatore al tema da trattare. Se l'oggetto è "la rappresentazione della violenza sulle donne nella ceramica attica" -si è chiesto Cesarano- possiamo tradurlo nella domanda "la violenza sulle donne viene rappresentata (e come) dai ceramografi attici?" E visto che, dopo quelle di caccia e di battaglia, le scene in cui uomini inseguono o rapiscono donne sono le più diffuse, dobbiamo interpretarle come scene di violenza oppure c’è altro dietro quelle immagini?
La ceramica cosiddetta attica (dalla regione greca in cui sorge Atene), la più diffusa tra le suppellettili recuperate nelle sepolture di Spina tra il V e il IV sec. a.C., testimonia il confronto tra le classi emergenti del centro etrusco-padano e i valori politico-culturali che erano alla base della cultura greco-ateniese e che trovavano la sintesi espressiva più felice nelle scene raffigurate sui vasi.
Quanto di quella cultura ateniese fosse condiviso dagli Etruschi di Spina, quanto le paradigmatiche immagini vascolari venissero da loro culturalmente rielaborate e adattate alle proprie esigenze è, e sarà per molto tempo ancora, argomento di studio e di ricerca.
Quel che è certo è che gli Spineti sapevano decifrare il significato delle immagini poste sui vasi attici in maniera immediata.
Noi invece dobbiamo osservarle attentamente e confrontarne tante prima di giungere a comprendere i messaggi che ogni singolo vaso poteva veicolare.
Man mano che avanziamo nella ricerca scopriamo che le scene sui vasi raccontano storie di déi e di eroi, e non fatti di cronaca. Ma scopriamo anche che déi ed eroi sono per immagini la sintesi narrativa del complesso intreccio culturale e sociologico a cui si aggancia la vita reale degli uomini e delle donne dell’antica Atene (e non solo di Atene), protagonisti di fatti di cronaca, che le immagini narrano senza mostrare.
Ecco il senso di quel “non-immagine” del titolo della mostra, che mette insieme una serie di vasi che pongono “sotto i nostri occhi” scene in cui, pur non comparendo esplicitamente la violenza sulle donne, è rivelata la condizione sociale da esse subita.
Ne è nato un percorso suggestivo, che attraverso le immagini raffigurate su 19 vasi, mostra in vetrine tematiche, i sei argomenti fondamentali dell'esposizione: I modelli iconografici del mito, L’inseguimento amoroso, Cacciatori e prede, Teseo: l’efebo per eccellenza, Tutto per volontà degli dèi, La violenza come empietà
Al termine del percorso espositivo, l’immagine di una musa riafferma, attraverso la sua grazia e femminilità, i valori della dignità della donna.
Tra i vasi esposti, segnaliamo per il loro significato simbolico, la grande kylix con il rapimento di Ganimede da parte di Zeus del Pittore di Pentesilea (nella foto), il cratere a campana con il ratto delle Leucippidi, il cratere con la rara rappresentazione del rapimento di Elena da parte di Teseo, opera del Pittore di Boreas, e lo splendido cratere su piedistallo della tomba 136A di Valle Pega con Aiace che trascina via Cassandra nell’ultima notte di Troia.
Originale anche l'approccio del curatore al tema da trattare. Se l'oggetto è "la rappresentazione della violenza sulle donne nella ceramica attica" -si è chiesto Cesarano- possiamo tradurlo nella domanda "la violenza sulle donne viene rappresentata (e come) dai ceramografi attici?" E visto che, dopo quelle di caccia e di battaglia, le scene in cui uomini inseguono o rapiscono donne sono le più diffuse, dobbiamo interpretarle come scene di violenza oppure c’è altro dietro quelle immagini?
La ceramica cosiddetta attica (dalla regione greca in cui sorge Atene), la più diffusa tra le suppellettili recuperate nelle sepolture di Spina tra il V e il IV sec. a.C., testimonia il confronto tra le classi emergenti del centro etrusco-padano e i valori politico-culturali che erano alla base della cultura greco-ateniese e che trovavano la sintesi espressiva più felice nelle scene raffigurate sui vasi.
Quanto di quella cultura ateniese fosse condiviso dagli Etruschi di Spina, quanto le paradigmatiche immagini vascolari venissero da loro culturalmente rielaborate e adattate alle proprie esigenze è, e sarà per molto tempo ancora, argomento di studio e di ricerca.
Quel che è certo è che gli Spineti sapevano decifrare il significato delle immagini poste sui vasi attici in maniera immediata.
Noi invece dobbiamo osservarle attentamente e confrontarne tante prima di giungere a comprendere i messaggi che ogni singolo vaso poteva veicolare.
Man mano che avanziamo nella ricerca scopriamo che le scene sui vasi raccontano storie di déi e di eroi, e non fatti di cronaca. Ma scopriamo anche che déi ed eroi sono per immagini la sintesi narrativa del complesso intreccio culturale e sociologico a cui si aggancia la vita reale degli uomini e delle donne dell’antica Atene (e non solo di Atene), protagonisti di fatti di cronaca, che le immagini narrano senza mostrare.
Ecco il senso di quel “non-immagine” del titolo della mostra, che mette insieme una serie di vasi che pongono “sotto i nostri occhi” scene in cui, pur non comparendo esplicitamente la violenza sulle donne, è rivelata la condizione sociale da esse subita.
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