Antonio Freiles. Quadri quadrati
Dal 10 Febbraio 2013 al 09 Marzo 2013
Catania
Luogo: Palazzo Manganelli
Indirizzo: piazza Manganelli 16
Orari: da lunedìven 10-13/ 16-18 su appuntamento
Telefono per informazioni: +39 095 321038
E-Mail info: katiavespertino@yahoo.it
Nulla, nel corso della sua silente ed operosa ricerca, sembra aver distolto Antonio Freiles (Messina 1943) dal radicamento entro un registro tutto privato di tensioni e trasalimenti, elevazioni e cadute, all’interno del quale, da più di trent’anni, l’artista messinese va inseguendo e, al tempo stesso edificando, la sua pittura astratta che, accostata con quanto attorno a lui accade, rivela subito una inconfondibile originalità.
Da cosa nasce questa cifra al tutto personale, che pur si innesta e mette a profitto l’esperienza storica dell’astrazione internazionale?
Nasce da una condizione spirituale assolutamente autentica che da sempre ha condotto l’artista ad intraprendere un viaggio solitario verso le ragioni stesse dell’idea di “pittura” e lungo i territori interiori da esplorare e rivelare con gli strumenti del “far pittura”. Si prospettano così i due poli tra i quali si muove Freiles: il “fatto” (la pittura con le sue immagini illusorie e il suo codice strutturante) e il “fare”, che porta con sé il carico esistenziale di occasioni, sentimenti, pensieri, sensazioni, sogni e immaginazione: il “far pittura”, si deposita nella pittura, l’unica davvero legittimata a fingere, perché, proprio fingendo, riesce a svelare la realtà, quella metà che non si vede, ma esiste.
Nasce da un costante esercizio della mente che, tenendo ben saldi i piedi sulla terra e, quindi, lasciandosi impacciare dal suo carico di pena e di limitatezza, ambisce a percepire, ma soprattutto a far percepire, ciò che non è misurabile: l’assoluto, l’eterno, l’infinito. A tanto punta l’astrazione di Antonio Freiles che, affidata ad una razionalità controllante, ma sospinta dall’impeto di un’emozione, dunque da mano ferma ma anche da mano vibrante, si incarna e si dispiega poi in sottigliezze di impaginazioni, di ritmi, di bianchi e trasparenze colorate, di geometrie e di libertà.
E se la geometria strutturante incardina e struttura una composizione che costantemete tende alla costruzione architetturale, la libertà, come un soffio scardina il tutto, travolgendolo in una leggerezza impalpabile che combina il segno e il colore, quasi al di là della materia stessa di cui essi sono costituiti, cioè, per dir tutto, smaterializzandoli e rendendoli una pura idea, un pensiero, una visione, un ambiente che non è tanto da vedere con gli occhi ma da abitare con la mente.
Momento fisico e momento mentale interagiscono nella recente produzione dell’artista: le stesure di colore, che non è materia ma luce, ora come smorzata rispetto all’esultanza del passato, quasi venata da un’ombra di malinconia, tendono a diventare trasparenze luminose e velature taglienti che trasformano la superficie in atmosfera e lo spazio in campo percettivo, all’interno del quale il segno della grafite, presenza ed ombra di se stesso, va costruendo forme geometriche, spirali, volute ellittiche, passaggi e incroci, scarti e slittamenti che aprono all’improvviso spazi di sosta e di avventura.
Tutto si tiene in questa pittura che non si mostra ma essa stessa accade, una pittura che raggiunge una lirica armonia ed un costruttivo equilibrio. E proprio nell’equilibrio, cromatico e segnico, sta la sua sostanza, il punto di incrocio tra concezione e percezione. L’equilibrio è per definizione fragile: può rompersi da un istante all’altro, ma nel suo esser raggiunto ci mostra cosa sia o possa essere l’altra faccia della fralezza, cioè mostra una diversa realtà non visibile, ma neppure misurabile con le povere armi del tempo e dello spazio. Ecco, l’astrazione di Antonio Freiles non spoglia la realtà ma, per via di fantasia e di rigore, ad essa aggiunge ciò che non ha nome; non procede per sottrazione ma per attrazione.
Lucio Barbera
Da cosa nasce questa cifra al tutto personale, che pur si innesta e mette a profitto l’esperienza storica dell’astrazione internazionale?
Nasce da una condizione spirituale assolutamente autentica che da sempre ha condotto l’artista ad intraprendere un viaggio solitario verso le ragioni stesse dell’idea di “pittura” e lungo i territori interiori da esplorare e rivelare con gli strumenti del “far pittura”. Si prospettano così i due poli tra i quali si muove Freiles: il “fatto” (la pittura con le sue immagini illusorie e il suo codice strutturante) e il “fare”, che porta con sé il carico esistenziale di occasioni, sentimenti, pensieri, sensazioni, sogni e immaginazione: il “far pittura”, si deposita nella pittura, l’unica davvero legittimata a fingere, perché, proprio fingendo, riesce a svelare la realtà, quella metà che non si vede, ma esiste.
Nasce da un costante esercizio della mente che, tenendo ben saldi i piedi sulla terra e, quindi, lasciandosi impacciare dal suo carico di pena e di limitatezza, ambisce a percepire, ma soprattutto a far percepire, ciò che non è misurabile: l’assoluto, l’eterno, l’infinito. A tanto punta l’astrazione di Antonio Freiles che, affidata ad una razionalità controllante, ma sospinta dall’impeto di un’emozione, dunque da mano ferma ma anche da mano vibrante, si incarna e si dispiega poi in sottigliezze di impaginazioni, di ritmi, di bianchi e trasparenze colorate, di geometrie e di libertà.
E se la geometria strutturante incardina e struttura una composizione che costantemete tende alla costruzione architetturale, la libertà, come un soffio scardina il tutto, travolgendolo in una leggerezza impalpabile che combina il segno e il colore, quasi al di là della materia stessa di cui essi sono costituiti, cioè, per dir tutto, smaterializzandoli e rendendoli una pura idea, un pensiero, una visione, un ambiente che non è tanto da vedere con gli occhi ma da abitare con la mente.
Momento fisico e momento mentale interagiscono nella recente produzione dell’artista: le stesure di colore, che non è materia ma luce, ora come smorzata rispetto all’esultanza del passato, quasi venata da un’ombra di malinconia, tendono a diventare trasparenze luminose e velature taglienti che trasformano la superficie in atmosfera e lo spazio in campo percettivo, all’interno del quale il segno della grafite, presenza ed ombra di se stesso, va costruendo forme geometriche, spirali, volute ellittiche, passaggi e incroci, scarti e slittamenti che aprono all’improvviso spazi di sosta e di avventura.
Tutto si tiene in questa pittura che non si mostra ma essa stessa accade, una pittura che raggiunge una lirica armonia ed un costruttivo equilibrio. E proprio nell’equilibrio, cromatico e segnico, sta la sua sostanza, il punto di incrocio tra concezione e percezione. L’equilibrio è per definizione fragile: può rompersi da un istante all’altro, ma nel suo esser raggiunto ci mostra cosa sia o possa essere l’altra faccia della fralezza, cioè mostra una diversa realtà non visibile, ma neppure misurabile con le povere armi del tempo e dello spazio. Ecco, l’astrazione di Antonio Freiles non spoglia la realtà ma, per via di fantasia e di rigore, ad essa aggiunge ciò che non ha nome; non procede per sottrazione ma per attrazione.
Lucio Barbera
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