Andrea Chisesi. Eteria
Dal 16 Giugno 2022 al 16 Ottobre 2022
Catania
Luogo: Palazzo della Cultura
Indirizzo: Via Vittorio Emanuele II, 121
Orari: tutti i giorni 9-19
Curatori: Marcella Damigella e Giuseppe Stagnitta
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Come scrisse Papa Giovanni Paolo II nella Lettera agli artisti del 1999, «per trasmettere il messaggio affidatole da Cristo, la Chiesa ha bisogno dell’arte. Essa deve infatti rendere percettibile e, anzi, per quanto possibile, affascinante il mondo dello spirito, dell’invisibile, di Dio».
Va collocata in quest’ottica Eteria, la mostra di Andrea Chisesi promossa dal Comune di Catania con la collaborazione di Materiarte, che si inaugura al Palazzo della Cultura della città etnea giovedì 16 giugno 2022, alle ore 12 (apertura al pubblico ore 16), con la volontà di reinterpretare in chiave contemporanea le figure di alcuni tra i più noti Santi e martiri venerati in Sicilia: da Santa Lucia a Sant’Agata, da Santa Rosalia a San Sebastiano, tanto per citarne alcuni.
Curata da Marcella Damigella e Giuseppe Stagnitta, la mostra propone immagini iconografiche di Santi legati a culti religiosi siciliani, restando visibile fino al prossimo 16 ottobre 2022, dal lunedì alla domenica dalle 9 alle 19, con ingresso libero; nell’esposizione le opere vengono rielaborate dall’artista con il suo linguaggio pop, che si concretizza attraverso vari passaggi e livelli, in un incrocio continuo di strappi e scatti fotografici.
Di diretta derivazione dal greco antico, Eteria significa “associazione di compagni che agisce per un bene più grande, al di sopra della volontà altrui”. In tal senso Chisesi ha concepito una serie di opere dedicate alla “fabbrica dei santi” - come la definisce il curatore Giuseppe Stagnitta - che vengono rappresentati iconicamente attraverso la loro immagine stampata e cioè i “Santini”.
L’artista ripercorre le immaginette votive e, pur rimanendo fedele alle secolari simbologie di ogni icona, rielabora le loro immagini utilizzando i segni della nuova società contemporanea, per darne una visione più critica e realistica; per esempio le sante sono tutte adolescenti del nostro tempo, come afferma Chisesi, «..erano bambine ribelli, ma proprio il dissenso dovuto agli ideali di cui sono state portatrici, è costata loro la vita».
Si tratta di un lungo percorso che parla di patriarcato, di violenza, di diritti negati, di mancanza di sentimenti, di vite delle figlie che diventano solo merce di scambio per l’arricchimento del patrimonio, un’Eteria appunto.
Non a caso, infatti, il percorso espositivo si conclude con un’opera estremamente significativa e attuale, che spingerà il visitatore a riflettere sul martirio come fenomeno non solo religioso, ma anche sociale: il caso della giovane Saman Abbas, ragazza pakistana scomparsa nel reggiano. L’artista infatti ha scelto di rappresentarla con una pala e un paio sneakers in mano, simbolo di emancipazione e di integrazione sociale.
«I santini come immagine stampata per diffondere e comunicare la vita dei martiri e dei Santi, a uso e consumo della devozione popolare - continua il curatore Giuseppe Stagnitta - ricordano i manifesti che l’artista utilizza per la realizzazione degli sfondi (preparazioni) delle sue opere. Il manifesto pubblicitario è in strada per comunicare, attraverso immagini iconiche, prodotti di consumo; il santino è invece immagine intima, tascabile e non condivisa».
Da parte sua, la curatrice Marcella Damigella fa riferimento alla cultura popolare e al folclore siciliano, che vengono così catapultati nel XXI secolo come memoria mai perduta, la quale diventa contemporanea attraverso le contaminazioni di Chisesi: «l’artista dipinge le sue Icone con i simboli della nuova società, nel pieno rispetto della tradizione che trae le sue origini dalla sua terra. Di padre palermitano, infatti, Chisesi apprende le usanze siciliane tramandate dai nonni, ricordi di un’infanzia piena di credenze e riti propiziatori, di sarmatiche suggestioni e, con il bisogno di rendere sempre vivi nella memoria i luoghi di un tempo passato, rinnova il culto attraverso la ‘preghiera’ del Pop».
A tal proposito proprio Chisesi racconta che «sin da piccolo sono stato attratto dalle immagini iconografiche. Mia madre mi regalò una scatola piena di santini; da quel momento cominciai a interessarmi di quelle immaginette di carta iniziando a collezionarle già a 18 anni. Allo stesso tempo mio padre, che era un grafico e studioso di icone sacre, in quel periodo scrisse un saggio sull’iconografia dei santi. Questa mia ricerca, che ha dato vita alla mostra, nasce proprio da questa sintesi familiare».
Il percorso espositivo e i “segni” La mostra Eteria si snoderà attraverso oltre 70 opere occupando tutti gli ampi spazi del piano terra di Palazzo della Cultura, a Catania, in un continuo rincorrersi di simboli del passato e segni evidenti del contemporaneo.
Un’attenzione di riguardo sarà per Sant’Agata, patrona della città che ospita la mostra di Chisesi; e proprio l’artista ha vissuto un’esperienza insolita durante la preparazione dell’opera dedicata alla santa. Un giorno, da un rigattiere, si trovò tra le mani una reliquia di Sant’Agata, un “pezzetto” di pelle della Santa; un oggetto sacro che l’artista interpretò come un segno; secondo Chisesi la sua mostra è stata benedetta dalla sua Patrona, e Catania è la città giusta per presentare la sua collezione.
All’interno del percorso espositivo, nella sala dedicata proprio a Sant’Agata, si troveranno anche dei fuochi d’artificio, traduzione pittorica ed emozionale dei giochi pirotecnici, che l’artista dipinge come inno alla vita.
Accompagna e completa la mostra il catalogo che, oltre le immagini delle opere in esposizione, reca i testi di S. E. Cardinale Angelo Comastri e dei due curatori, Marcella Damigella e Giuseppe Stagnitta, nonché le note relative ai Santi e ai Martiri trattati dall’artista.
La tecnica di Andrea Chisesi Con il suo progetto di ricerca, il curatore Stagnitta spiega che l’artista cerca di fermare il tempo con la magia dell’arte, salvando momenti autentici di vissuto metropolitano, che raccoglie nelle strade della città e porta in studio, strappandoli (letteralmente) al loro deterioramento.
Chisesi sottrae all’usura del tempo, incolla e ridipinge parti di manifesti presi dalla strada, ne utilizza gli strati come una tavolozza di colori, sostituisce le pennellate cromatiche con lembi di contemporaneità di strada, e poco importa ciò che viene propagandato attraverso i pannelli pubblicitari e comunicato alla città, perché ciò che conta è il risultato finale.
Il processo creativo dell’artista si concretizza già nella sua fase iniziale, cioè in quella dell’osservazione della città, del vissuto dei luoghi, dell’entrare nella storia attraverso l’analisi dei muri che la raccontano. Strati su strati, accumulati giorno dopo giorno, si rivelano come testimoni di un passato ancora vivo. Raccolta di tracce alla ricerca degli strati più vecchi e significativi, congelando istanti, frammenti destinati a essere erosi dallo scorrere della vita.
Accumulare momenti per assemblarli sulle tele e proteggerli dalla caducità. È un’unione di attimi che si incontrano per la prima volta sulla tela e iniziano a comunicare tra loro per diventare “altro”.
Nascono così le “fusioni”, termine con il quale Andrea Chisesi definisce la sua tecnica pittorica, che nasce nel 2004, come una sorta di collage tra immagini di opere pittoriche e le sue fotografie, ovvero quando l’artista decide di sovrapporre l’immagine sulla pittura attraverso le trasparenze, utilizzando la luce e l’ombra per aggiungere o sottrarre parti dell’opera.
Chisesi utilizza vari tipi di supporti, tele, cartelli stradali e cartone che vengono preparati con gesso di Bologna, acrilici, giornali o manifesti strappati dalla strada, stratificazioni di pitture e foglia oro, con l’obiettivo di creare una texture capace di accogliere l’immagine fotografica che sceglie di fondere solo dopo aver completato quella che definisce preparazione.
Vedi anche:
• FOTO - Eteria
Va collocata in quest’ottica Eteria, la mostra di Andrea Chisesi promossa dal Comune di Catania con la collaborazione di Materiarte, che si inaugura al Palazzo della Cultura della città etnea giovedì 16 giugno 2022, alle ore 12 (apertura al pubblico ore 16), con la volontà di reinterpretare in chiave contemporanea le figure di alcuni tra i più noti Santi e martiri venerati in Sicilia: da Santa Lucia a Sant’Agata, da Santa Rosalia a San Sebastiano, tanto per citarne alcuni.
Curata da Marcella Damigella e Giuseppe Stagnitta, la mostra propone immagini iconografiche di Santi legati a culti religiosi siciliani, restando visibile fino al prossimo 16 ottobre 2022, dal lunedì alla domenica dalle 9 alle 19, con ingresso libero; nell’esposizione le opere vengono rielaborate dall’artista con il suo linguaggio pop, che si concretizza attraverso vari passaggi e livelli, in un incrocio continuo di strappi e scatti fotografici.
Di diretta derivazione dal greco antico, Eteria significa “associazione di compagni che agisce per un bene più grande, al di sopra della volontà altrui”. In tal senso Chisesi ha concepito una serie di opere dedicate alla “fabbrica dei santi” - come la definisce il curatore Giuseppe Stagnitta - che vengono rappresentati iconicamente attraverso la loro immagine stampata e cioè i “Santini”.
L’artista ripercorre le immaginette votive e, pur rimanendo fedele alle secolari simbologie di ogni icona, rielabora le loro immagini utilizzando i segni della nuova società contemporanea, per darne una visione più critica e realistica; per esempio le sante sono tutte adolescenti del nostro tempo, come afferma Chisesi, «..erano bambine ribelli, ma proprio il dissenso dovuto agli ideali di cui sono state portatrici, è costata loro la vita».
Si tratta di un lungo percorso che parla di patriarcato, di violenza, di diritti negati, di mancanza di sentimenti, di vite delle figlie che diventano solo merce di scambio per l’arricchimento del patrimonio, un’Eteria appunto.
Non a caso, infatti, il percorso espositivo si conclude con un’opera estremamente significativa e attuale, che spingerà il visitatore a riflettere sul martirio come fenomeno non solo religioso, ma anche sociale: il caso della giovane Saman Abbas, ragazza pakistana scomparsa nel reggiano. L’artista infatti ha scelto di rappresentarla con una pala e un paio sneakers in mano, simbolo di emancipazione e di integrazione sociale.
«I santini come immagine stampata per diffondere e comunicare la vita dei martiri e dei Santi, a uso e consumo della devozione popolare - continua il curatore Giuseppe Stagnitta - ricordano i manifesti che l’artista utilizza per la realizzazione degli sfondi (preparazioni) delle sue opere. Il manifesto pubblicitario è in strada per comunicare, attraverso immagini iconiche, prodotti di consumo; il santino è invece immagine intima, tascabile e non condivisa».
Da parte sua, la curatrice Marcella Damigella fa riferimento alla cultura popolare e al folclore siciliano, che vengono così catapultati nel XXI secolo come memoria mai perduta, la quale diventa contemporanea attraverso le contaminazioni di Chisesi: «l’artista dipinge le sue Icone con i simboli della nuova società, nel pieno rispetto della tradizione che trae le sue origini dalla sua terra. Di padre palermitano, infatti, Chisesi apprende le usanze siciliane tramandate dai nonni, ricordi di un’infanzia piena di credenze e riti propiziatori, di sarmatiche suggestioni e, con il bisogno di rendere sempre vivi nella memoria i luoghi di un tempo passato, rinnova il culto attraverso la ‘preghiera’ del Pop».
A tal proposito proprio Chisesi racconta che «sin da piccolo sono stato attratto dalle immagini iconografiche. Mia madre mi regalò una scatola piena di santini; da quel momento cominciai a interessarmi di quelle immaginette di carta iniziando a collezionarle già a 18 anni. Allo stesso tempo mio padre, che era un grafico e studioso di icone sacre, in quel periodo scrisse un saggio sull’iconografia dei santi. Questa mia ricerca, che ha dato vita alla mostra, nasce proprio da questa sintesi familiare».
Il percorso espositivo e i “segni” La mostra Eteria si snoderà attraverso oltre 70 opere occupando tutti gli ampi spazi del piano terra di Palazzo della Cultura, a Catania, in un continuo rincorrersi di simboli del passato e segni evidenti del contemporaneo.
Un’attenzione di riguardo sarà per Sant’Agata, patrona della città che ospita la mostra di Chisesi; e proprio l’artista ha vissuto un’esperienza insolita durante la preparazione dell’opera dedicata alla santa. Un giorno, da un rigattiere, si trovò tra le mani una reliquia di Sant’Agata, un “pezzetto” di pelle della Santa; un oggetto sacro che l’artista interpretò come un segno; secondo Chisesi la sua mostra è stata benedetta dalla sua Patrona, e Catania è la città giusta per presentare la sua collezione.
All’interno del percorso espositivo, nella sala dedicata proprio a Sant’Agata, si troveranno anche dei fuochi d’artificio, traduzione pittorica ed emozionale dei giochi pirotecnici, che l’artista dipinge come inno alla vita.
Accompagna e completa la mostra il catalogo che, oltre le immagini delle opere in esposizione, reca i testi di S. E. Cardinale Angelo Comastri e dei due curatori, Marcella Damigella e Giuseppe Stagnitta, nonché le note relative ai Santi e ai Martiri trattati dall’artista.
La tecnica di Andrea Chisesi Con il suo progetto di ricerca, il curatore Stagnitta spiega che l’artista cerca di fermare il tempo con la magia dell’arte, salvando momenti autentici di vissuto metropolitano, che raccoglie nelle strade della città e porta in studio, strappandoli (letteralmente) al loro deterioramento.
Chisesi sottrae all’usura del tempo, incolla e ridipinge parti di manifesti presi dalla strada, ne utilizza gli strati come una tavolozza di colori, sostituisce le pennellate cromatiche con lembi di contemporaneità di strada, e poco importa ciò che viene propagandato attraverso i pannelli pubblicitari e comunicato alla città, perché ciò che conta è il risultato finale.
Il processo creativo dell’artista si concretizza già nella sua fase iniziale, cioè in quella dell’osservazione della città, del vissuto dei luoghi, dell’entrare nella storia attraverso l’analisi dei muri che la raccontano. Strati su strati, accumulati giorno dopo giorno, si rivelano come testimoni di un passato ancora vivo. Raccolta di tracce alla ricerca degli strati più vecchi e significativi, congelando istanti, frammenti destinati a essere erosi dallo scorrere della vita.
Accumulare momenti per assemblarli sulle tele e proteggerli dalla caducità. È un’unione di attimi che si incontrano per la prima volta sulla tela e iniziano a comunicare tra loro per diventare “altro”.
Nascono così le “fusioni”, termine con il quale Andrea Chisesi definisce la sua tecnica pittorica, che nasce nel 2004, come una sorta di collage tra immagini di opere pittoriche e le sue fotografie, ovvero quando l’artista decide di sovrapporre l’immagine sulla pittura attraverso le trasparenze, utilizzando la luce e l’ombra per aggiungere o sottrarre parti dell’opera.
Chisesi utilizza vari tipi di supporti, tele, cartelli stradali e cartone che vengono preparati con gesso di Bologna, acrilici, giornali o manifesti strappati dalla strada, stratificazioni di pitture e foglia oro, con l’obiettivo di creare una texture capace di accogliere l’immagine fotografica che sceglie di fondere solo dopo aver completato quella che definisce preparazione.
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