Luigi Ghirri. Atelier Morandi
Dal 24 Aprile 2024 al 30 Giugno 2024
Bologna
Luogo: Palazzo Bentivoglio
Indirizzo: Bia del Borgo di San Pietro 1
Orari: sabato e domenica dalle 11 alle 18. Aperti anche il 24-25-26 aprile
In occasione del sessantesimo anniversario della morte di Giorgio Morandi, Palazzo Bentivoglio apre al pubblico i suoi spazi sotterranei presentando una piccola e preziosa mostra – in collaborazione con gli Eredi di Luigi Ghirri – dedicata agli scatti realizzati tra il 1989 e il 1990 in via Fondazza dal Maestro Luigi Ghirri nello studio del Maestro Giorgio Morandi.
La selezione di fotografie esposte, provenienti dalla collezione privata di Palazzo Bentivoglio e dall'Archivio dell'artista, arricchisce il racconto per immagini del libro dedicato all’Atelier Morandi con una serie di stampe che non furono pubblicate nel lavoroomonimo. Si tratta di un itinerario sentimentale all'interno di un'evocazione dello studio così come appariva prima che l'appartamento venisse musealizzato con l’intervento di Iosa Ghini Associati.
Come si legge nel testo di Tommaso Pasquali che accompagna l’esposizione «Il legame, ancor più che sentimentale o geografico, è formale. Dei molti fotografi entrati nello studio di via Fondazza, prima e dopo il 1964, nessuno riesce morandiano quanto Ghirri, la cui “poetica ricognizione del mondo di natura” – e sono parole di Roberto Longhi su Morandi – non poteva che nascere da una genealogia di precedenti artistici straordinariamente simile a quella del bolognese. Per entrambi, individuare la forma delle cose sotto una luce vera, e interrogarsi sulla sostanza stessa delle proprie immagini, è possibile solo appartenendo a quella discendenza che Ghirri dichiara schiettamente nelle interviste: parte da Pietro della Francesca, prosegue con Beato Angelico nel monastero di San Marco a Firenze, e passa poi d'obbligo attraverso l'opera di Cézanne. In coda all'attività di Ghirri, il lavoro approdato in Atelier Morandi cade in un momento necessario. Avvicinarsi alla lunga contemplazione di oggetti polverosi, di poco conto, ancora disposti secondo le ultime combinazioni studiate dal pittore, offre al fotografo un correttivo alla generale perdita di attenzione provocata dallo “sterminato emporio del moderno”».
La mostra inoltre permette di addentrarsi in un immaginario meno noto anche al grande e numeroso pubblico di appassionati dell’opera di Morandi attraverso una prospettiva intima e fortemente evocativa del paesaggio interiore e quotidiano del pittore, proprio grazie alla sintonia che lo sguardo di Ghirri riesce a intercettare e restituire.
Con intento ecologico e con la volontà di suggerire un’arte svincolata dal bisogno di novità a tutti i costi, che trovi stimolo nella possibilità di ripetersi, rinnovandosi, il display di Davide Trabucco recupera e riconfigura i materiali dell'allestimento pensato da Franco Raggi per la mostra Felicissimo Giani (Bologna, Palazzo Bentivoglio, 2 dicembre 2023 – 25 febbraio 2024), ospitata negli stessi spazi. Impilati al centro della stanza, i pannelli di spesso feltro azzurro disegnano a terra la pianta dell'atelier di Morandi – con le stesse dimensioni e proporzioni – realizzando una pedana rialzata che si ispira a sua volta a una serie di lavori (1993-1995) di Alberto Garutti, dove numerosi strati di moquette sovrapposte rendono concreta, tangibile, la planimetria degli spazi domestici dell'artista.
Al di sopra della pedana azzurra e accanto alle lunghe pareti dorate dello spazio espositivo, anche queste parte del progetto di Raggi, una serie di elementi modulari di legno sbiancato diventano i supporti, luminosi e opachi, delle fotografie di Ghirri. Le immagini del cortile, della finestra e della porta di accesso all'appartamento di via Fondazza segnano l'inizio e la fine di un'esplorazione di superfici e oggetti morandiani, che il visitatore può compiere camminando sui feltri, dove le foto di Ghirri sono state collocate da Trabucco in corrispondenza della posizione che i soggetti avevano all'interno della stanza nella sua disposizione originaria.
Avvolti da una luce lattiginosa, a Ghirri si rivelano i barattoli, le bottiglie dipinte di bianco, le opaline e i mazzetti di fiori di carta, ancora disposti su ripiani e tavolini, oppure accumulati per terra in un angolo. Si entra così in un ambiente dove uno straccio logoro appoggiato su un cavalletto è stato cristallizzato nel tempo dai residui di pittura; oppure, fissata sulla parete accanto alla porta, si intravede una cartolina del ponte George Washington accompagnata da una pagina strappata di un libro: illustra il rifornimento di un monoplano Blériot nel 1913. Aguzzando la vista nella penombra di una foto scattata da Ghirri sulla porta, forse prima di uscire, si intuisce anche la presenza di un'incisione del 1930 con un'affollata Natura morta (V. 73). Morandi la teneva appesa sopra il letto, di fianco a un orologio da tasca inchiodato al muro, e sotto una pagina miniata nella prima metà del Quattrocento da Bertolino de' Grossi, regalo di Luigi Magnani per il Natale 1958. Lontane da interpretazioni tortuose o eccedenti, le immagini antiretoriche di quegli oggetti sono “apparizioni naturali delle cose che sono nel mondo”, come dice Giorgio Messori – presente con Ghirri durante quelle sessioni fotografiche – nel video realizzato nel 2001 in occasione della mostra reggiana Luigi Ghirri. Antologica 1972-1992 e proiettato nella seconda stanza dei sotterranei (25'), che fornisce un efficace racconto di questo lavoro, affidato anche a Paola Borgonzoni Ghirri, Gianni Celati, Arrigo Ghi e Massimo Mussini.
La selezione di fotografie esposte, provenienti dalla collezione privata di Palazzo Bentivoglio e dall'Archivio dell'artista, arricchisce il racconto per immagini del libro dedicato all’Atelier Morandi con una serie di stampe che non furono pubblicate nel lavoroomonimo. Si tratta di un itinerario sentimentale all'interno di un'evocazione dello studio così come appariva prima che l'appartamento venisse musealizzato con l’intervento di Iosa Ghini Associati.
Come si legge nel testo di Tommaso Pasquali che accompagna l’esposizione «Il legame, ancor più che sentimentale o geografico, è formale. Dei molti fotografi entrati nello studio di via Fondazza, prima e dopo il 1964, nessuno riesce morandiano quanto Ghirri, la cui “poetica ricognizione del mondo di natura” – e sono parole di Roberto Longhi su Morandi – non poteva che nascere da una genealogia di precedenti artistici straordinariamente simile a quella del bolognese. Per entrambi, individuare la forma delle cose sotto una luce vera, e interrogarsi sulla sostanza stessa delle proprie immagini, è possibile solo appartenendo a quella discendenza che Ghirri dichiara schiettamente nelle interviste: parte da Pietro della Francesca, prosegue con Beato Angelico nel monastero di San Marco a Firenze, e passa poi d'obbligo attraverso l'opera di Cézanne. In coda all'attività di Ghirri, il lavoro approdato in Atelier Morandi cade in un momento necessario. Avvicinarsi alla lunga contemplazione di oggetti polverosi, di poco conto, ancora disposti secondo le ultime combinazioni studiate dal pittore, offre al fotografo un correttivo alla generale perdita di attenzione provocata dallo “sterminato emporio del moderno”».
La mostra inoltre permette di addentrarsi in un immaginario meno noto anche al grande e numeroso pubblico di appassionati dell’opera di Morandi attraverso una prospettiva intima e fortemente evocativa del paesaggio interiore e quotidiano del pittore, proprio grazie alla sintonia che lo sguardo di Ghirri riesce a intercettare e restituire.
Con intento ecologico e con la volontà di suggerire un’arte svincolata dal bisogno di novità a tutti i costi, che trovi stimolo nella possibilità di ripetersi, rinnovandosi, il display di Davide Trabucco recupera e riconfigura i materiali dell'allestimento pensato da Franco Raggi per la mostra Felicissimo Giani (Bologna, Palazzo Bentivoglio, 2 dicembre 2023 – 25 febbraio 2024), ospitata negli stessi spazi. Impilati al centro della stanza, i pannelli di spesso feltro azzurro disegnano a terra la pianta dell'atelier di Morandi – con le stesse dimensioni e proporzioni – realizzando una pedana rialzata che si ispira a sua volta a una serie di lavori (1993-1995) di Alberto Garutti, dove numerosi strati di moquette sovrapposte rendono concreta, tangibile, la planimetria degli spazi domestici dell'artista.
Al di sopra della pedana azzurra e accanto alle lunghe pareti dorate dello spazio espositivo, anche queste parte del progetto di Raggi, una serie di elementi modulari di legno sbiancato diventano i supporti, luminosi e opachi, delle fotografie di Ghirri. Le immagini del cortile, della finestra e della porta di accesso all'appartamento di via Fondazza segnano l'inizio e la fine di un'esplorazione di superfici e oggetti morandiani, che il visitatore può compiere camminando sui feltri, dove le foto di Ghirri sono state collocate da Trabucco in corrispondenza della posizione che i soggetti avevano all'interno della stanza nella sua disposizione originaria.
Avvolti da una luce lattiginosa, a Ghirri si rivelano i barattoli, le bottiglie dipinte di bianco, le opaline e i mazzetti di fiori di carta, ancora disposti su ripiani e tavolini, oppure accumulati per terra in un angolo. Si entra così in un ambiente dove uno straccio logoro appoggiato su un cavalletto è stato cristallizzato nel tempo dai residui di pittura; oppure, fissata sulla parete accanto alla porta, si intravede una cartolina del ponte George Washington accompagnata da una pagina strappata di un libro: illustra il rifornimento di un monoplano Blériot nel 1913. Aguzzando la vista nella penombra di una foto scattata da Ghirri sulla porta, forse prima di uscire, si intuisce anche la presenza di un'incisione del 1930 con un'affollata Natura morta (V. 73). Morandi la teneva appesa sopra il letto, di fianco a un orologio da tasca inchiodato al muro, e sotto una pagina miniata nella prima metà del Quattrocento da Bertolino de' Grossi, regalo di Luigi Magnani per il Natale 1958. Lontane da interpretazioni tortuose o eccedenti, le immagini antiretoriche di quegli oggetti sono “apparizioni naturali delle cose che sono nel mondo”, come dice Giorgio Messori – presente con Ghirri durante quelle sessioni fotografiche – nel video realizzato nel 2001 in occasione della mostra reggiana Luigi Ghirri. Antologica 1972-1992 e proiettato nella seconda stanza dei sotterranei (25'), che fornisce un efficace racconto di questo lavoro, affidato anche a Paola Borgonzoni Ghirri, Gianni Celati, Arrigo Ghi e Massimo Mussini.
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