Ettore Frani. Le dimore del pittore. III capitolo
Dal 26 Giugno 2020 al 31 Luglio 2020
Bologna
Luogo: Raccolta Lercaro
Indirizzo: via Riva di Reno 57
Orari: Giovedì 14- 18; Venerdì 10-18. Su prenotazione. Per l’ingresso in orari o giornate diverse da quelle indicate chiamare o scrivere alla segreteria
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 051 6566210
E-Mail info: segreteria@raccoltalercaro.it
Sito ufficiale: http://www.raccoltalercaro.it
Dopo la temporanea sospensione dovuta all’emergenza sanitaria da Covid 19, la mostra Ettore Frani. Le dimore del pittore, prosegue con l’apertura del terzo e ultimo capitolo, che porta a compimento, nelle sale della Raccolta Lercaro, un progetto concepito da subito come work in progress per condividere col pubblico lo svolgersi della riflessione e dell’azione pittorica dell’artista.
Frani presenta oggi dodici nuove tavole di una bellezza straordinaria, il cui alfabeto cromatico, sempre giocato sul binomio bianco/nero, dà vita a una grammatica fatta di levità, di eleganza, di silenzi immensi abitati da suoni leggeri, di odori di terra, di olio, di elementi mescolati, bruciati. Non c’è nulla di disincarnato, ma tutto è trasformato, nella sostanza, dalle mani e dal gesto dell’artista così come il calore sprigionato dal fuoco continuo dell’Athanor – il forno alchemico – dà vita alla trasmutazione fisica della materia.
L’alchimia – parola chiave per questo terzo capitolo – è da intendersi come evoluzione, passaggio di stato da una condizione fisica a una nuova, scaturita dall’incontro, solo transitorio, con l’Infinito... con lo Spirito.
L’uomo che fa esperienza del Divino anche solo per un istante, ne ritorna trasformato.
Luce e buio si incontrano, danzano, insieme costruiscono una nuova realtà. Sempre corporea, mai completamente eterea, ma capace di mostrarsi nella sua essenza.
Così le mani che, nella prima tavola del dittico I desideranti – opera guida di questa terza fase di mostra – si sfiorano e narrano con gestualità lenta il desiderio del fare, del progettare, del creare insito nella natura umana, nella seconda tavola del dittico si fanno più corpose, concrete, capaci di azione. Concreta diventa la progettualità, espressa dal panno macchiato: non più la luce candida, immacolata dell’idea e del desiderio racchiusi nella mano sinistra del primo pannello, ma un lembo di tessuto che, agendo, si è trasformato diventando davvero ciò che era chiamato ad essere.
Luce e buio, carne e spirito, ideale e reale, femminile e maschile dialogano. La concavità dell’utero, simboleggiato dalla mano illuminata, aperta, accogliente della tavola di sinistra, trova il suo corrispettivo nella pienezza maschile della mano di destra, che conduce con sé qualcosa. Queste due tavole non potrebbero non stare insieme perché, insieme, rappresentano la vita.
La pittura di Frani è profondamente connessa alla realtà: ci ricorda che nelle cose di natura c’è sempre una ratio, un fine e che, per ciascuno di noi, il vero dimorare consiste nel sostare in ciò che ci porta a compimento e ha luogo nell’attimo in cui lo sguardo interiore mette a fuoco quel fine.
La strada per arrivarci non può essere né solo di luce né solo di buio.
Il vero lavoro alchemico a cui ciascuno di noi è chiamato è proprio questo: sperimentare senza sosta come e quanto la luce possa già esistere nel buio, dando identità alle cose. Con grazia.
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