Rinascimento Marchigiano. Opere d’arte restaurate dai luoghi del sisma
Dal 15 Ottobre 2020 al 05 Aprile 2021
Senigallia | Ancona
Luogo: Palazzo del Duca
Indirizzo: piazza del Duca 1
Orari: dal mercoledì al venerdì dalle 15 alle 20; sabato, domenica, festivi e prefestivi dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 20
Curatori: Stefano Papetti e Pierluigi Moriconi
Enti promotori:
- MiBACT - Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Marche
- Regione Marche
- Anci Marche
- Pio Sodalizio dei Piceni
Prolungata: fino al 5 aprile 2021
Costo del biglietto: intero € 8; ridotto € 4 cittadini dell’Unione europea di età compresa tra i 18 e i 25 anni e ai docenti delle scuole statali con incarico a tempo indeterminato; ridotto € 6 soci FAI, Touring Club, Coop Alleanza 3.0, Archeoclub d’Italia, Pro Loco, CNA e Associazione Albanostra - Cassa Mutua G. Leopardi; ridotto € 4 per gruppi di visitatori con oltre venti paganti; gratuito i cittadini dell'Unione Europea, di età inferiore a 18 anni e per gli iscritti alla Libera Università per Adulti
E-Mail info: circuitomuseale@comune.senigallia.an.it
In collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche, sono state individuate per il recupero e il restauro un nucleo di 51 opere marchigiane di proprietà di 17 differenti Enti pubblici ed ecclesiastici delle province di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata.
A Senigallia la mostra si arricchisce, arrivando a 40 opere esposte e in particolare, per la prima volta dopo il sisma, viene ricomposto l’intero ciclo di Jacobello del Fiore con le Scene della vita di Santa Lucia proveniente dal Palazzo dei Priori di Fermo, presentato parzialmente nelle precedenti tappe. Si tratta di otto tavole realizzate tra il 1420 e il 1425 raffiguranti le storie di Santa Lucia dove la rappresentazione segue puntualmente il testo della Leggenda Aurea, importante fonte agiografica di Jacopo da Varazze. Partendo da Lucia, nobile siracusana, che si reca sulla tomba di Sant’Agata con la madre malata sperando di riceverne la guarigione, fino al violento martirio subito dalla giovane per essersi rifiutata di negare la fede cristiana, ogni scena è realizzata con grande dovizia di particolari e con un’attenzione alle strutture architettoniche che testimoniano l’adesione dell’artista al gotico cortese in voga nell’Italia Settentrionale, uno stile dove emerge la forza espressiva dei volti tipico di Jacobello.
I recenti restauri compiuti sul ciclo sono stati molto importanti poiché hanno permesso di affermare con certezza che si tratta di una pala ribaltabile, dove i pannelli si potevano all’occorrenza richiudere uno sull’altro per svelare le reliquie poste in una nicchia sul retro, e non di un dossale come ha sempre sostenuto la storiografia.
Un altro esemplare di grande valore culturale recuperato ed esposto in mostra è la campana databile al XIII secolo e molto probabilmente realizzata per la canonizzazione di San Francesco avvenuta nel 1228: si tratta della più antica campana francescana arrivata ai nostri giorni. Originariamente si trovava nella chiesa di San Francesco a Borgo, una frazione di Arquata del Tronto, e ora è conservata nei depositi del Forte Malatesta di Ascoli Piceno dopo che nel 2016 venne salvata grazie al coordinamento della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche e del Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale e all’intervento dei Vigili del Fuoco che si calarono da un elicottero tra le macerie. L’importanza di questa campana è tale che nel 2017 venne esposta nella mostra Facciamo presto. Marche 2016 – 2017: tesori salvati, tesori da salvare, realizzata dagli Uffizi per raccogliere fondi per il risanamento dei danni inferti dal sisma e per i restauri.
Di grande rilevanza storico-artistica sono anche una stauroteca, contenente un frammento della vera croce e una coppia di reliquiari, realizzati nel XVIII secolo dall’orafo argentiere Pietro Bracci, romano di origine, ma molto attivo nelle Marche. Sono esemplari che rappresentano l’eccellenza dell’oreficeria romana barocca, in origine proprietà della famiglia Sgariglia e ora confluiti nei beni del comune di Ascoli Piceno.
Le altre opere in mostra “vanno dal ‘400 al ‘700, alcune dall’alto valore devozionale e non storico-artistico ed altre invece dal grande valore storico-artistico”, come spiega il curatore Stefano Papetti. Tra queste crocifissi lignei e vesperbild di ambito tedesco, che ancora oggi si trovano all’interno delle chiese come oggetti di culto. Non mancano però altri nomi importanti come Cola dell’Amatrice, di cui spicca la Natività con i santi Gerolamo, Francesco, Antonio da Padova e Giacomo della Marca proveniente dalla sacrestia della Chiesa di San Francesco ad Ascoli Piceno. E ancora da Roma Giovanni Baglione e Giovanni Serodine che dalla Svizzera seguì nella capitale l’esempio di Caravaggio. Tutti autori di indubbia fama che nelle Marche sono nati o che vi hanno soggiornato e che hanno contribuito a modificare la geografia della Storia dell’Arte.
Gli interventi di restauro sono stati eseguiti da tecnici tutti marchigiani, in collaborazione con l’Università di Camerino e l’Università di Urbino e la direzione scientifica della Soprintendenza che, con innovative analisi diagnostiche hanno valutato lo stato di conservazione di ciascuna opera. Questi interventi non soltanto hanno consentito di porre rimedio ai danni subiti dalle opere, ma hanno permesso di effettuare nuove attribuzioni e di acquisire nuove conoscenze relative alla tecnica pittorica ed ai materiali usati dagli artisti, accrescendo le conoscenze che si avevano su questo patrimonio e aprendo la strada a nuovi studi. Per dare conto di queste nuove acquisizioni, il catalogo è stato realizzato affiancando alla scheda storico artistica dell’opera la relazione dell’intervento di restauro ed i risultati delle indagini diagnostiche che lo hanno preceduto.
La mostra itinerante Rinascimento marchigiano. Opere d’arte restaurate dai luoghi del sisma rappresenta un viaggio nella religiosità marchigiana attraverso un affascinante percorso stilistico e iconografico che era stato già definito da Federico Zeri e Pietro Zampetti cultura adriatica, ma fin dalla sua progettazione ha avuto un obiettivo più ampio, ossia quello di rendere fruibili in maniera permanente le opere restaurate, come spiega Pierluigi Moriconi della Soprintendenza dei Beni Architettonici delle Marche e curatore dell’esposizione: “Terminate le mostre, le opere che non potranno essere ricollocate nelle loro sedi originali perché crollate o non ancora restaurate, saranno collocate in 8 depositi e lì saranno sempre a disposizione del pubblico”.
Inaugurazione giovedì 15 ottobre ore 17.30
c/o sala conferenze Palazzetto Baviera
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