Un set alla moda. Un secolo di cinema italiano tra fotografie e costumi
Dal 15 Aprile 2022 al 30 Giugno 2022
Alessandria
Luogo: Palazzo Cuttica
Indirizzo: Via Parma 1
Curatori: Domenico De Gaetano
Enti promotori:
- Fondazione Artea
- Regione Piemonte
Costo del biglietto: intero 5 euro, ridotto 3 euro
Sito ufficiale: http://www.visitalessandria.it/
Alessandria e Palazzo Cuttica aprono le loro porte giovedì 14 aprile alle ore 17.30 per l’inaugurazione della mostra “Un set alla moda. Un secolo di cinema italiano tra fotografie e costumi” a cura di Domenico De Gaetano direttore del Museo Nazionale del Cinema di Torino.
L’anima più autentica del cinema italiano: la storia, le fotografie e gli abiti degli intramontabili divi del grande cinema tornano in scena nella mostra Un set alla moda, a cura di Domenico De Gaetano direttore del Museo Nazionale del Cinema di Torino. Diciassette costumi e settanta suggestive fotografie di set realizzate dal «fotografo delle dive» Angelo Frontoni (Roma, 1929-2002) si intrecciano in un percorso espositivo che è un viaggio a ritroso che parte dal cinema muto di inizio Novecento, quando Torino era la Hollywood italiana ed erano gli stessi registi a supervisionare i costumi, per poi approdare al cinema sonoro e all’epoca d’oro di Cinecittà, delle pellicole d’autore di Luchino Visconti e Pier Paolo Pasolini e della commedia all’italiana, da Dino Risi a Roberto Benigni.
Le foto di scena traghettano il visitatore dentro il set, alla scoperta del lavoro che sta dietro ad un ciak, agli accessori e ai dettagli che hanno contribuito a creare la fortuna, ad esempio, del kolossal Cabiria negli anni dieci del Novecento, così come, in tempi più recenti, il fascino di dive intramontabili come Claudia Cardinale, Sophia Loren e Silvana Mangano.
Gli abiti in mostra raccontano il cinema italiano, l’attenzione al dettaglio e la creatività di costumisti ormai entrati nel Pantheon del cinema internazionale: da Pietro Tosi a Marcel Escoffier, da Danilo Donati a Maurizio Chiari, da Nicoletta Ercole ad Aldo Buti. Sotto i riflettori anche le due prestigiose sartorie Devalle e Annamode a testimonianza di due luoghi, ancora una volta tra Torino e Roma, dove i bozzetti prendevano corpo, trasformandosi in capi unici e dove - allora come oggi - si imparava e tramandava il mestiere.
Palazzo Cuttica è una sede espositiva prestigiosa in Alessandria. Oltre a essere un palazzo storico di pregio per la sua architettura, è riccamente decorato negli interni e presenta una collezione di reperti archeologici, storici e artistici di grande rilievo. La mostra UN SET ALLA MODA sarà allestita per dialogare e integrarsi con la collezione permanente esposta.
I costumi L’allestimento della mostra prevede l’esposizione di 17 costumi e attrezzeria autentici del periodo 1900-1920, legati all’epopea del cinema muto e provenienti dalla Sartoria Teatrale Devalle di Torino. Per il cinema sonoro, invece, ci saranno abiti eleganti e preziosi indossati da grandi dive dell’epoca d’oro del cinema italianano in collaborazione con la Sartoria Annamode di Roma che, sin dagli anni ‘50, realizza con passione abiti che hanno reso i costumisti italiani famosi nel mondo. Non poteva mancare nel percorso espositivo un omaggio dedicato alla creatività sartoriale di quegli anni che ha caratterizzato il nostro cinema e che ancora oggi è in grado di creare indubbie fascinazioni visive. I film da cui provengono gli abiti sono: Cabiria (1914), Il ponte dei sospiri (1921), La congiura di San Marco (1924), Le notti bianche (1957), La notte brava (1959), Adua e le compagne (1960), Operazione San Gennaro (1966), Le streghe (1967), La storia di Piera (1983), Il piccolo diavolo (1988) e La seconda moglie (1998).
Le fotografie La prima parte si compone di una selezione di immagini di grande effetto scenografico: le fotografie di scena di film muti come Gli ultimi giorni di Pompei, Spartaco, Salambò e, naturalmente, Cabiria, il celebre kolossal di Giovanni Pastrone girato a Torino. Sono immagini in cui i costumi e le imponenti scenografie restituiscono la dimensione spettacolare e l’impegno produttivo del cinema muto torinese. Il percorso prosegue poi con una scelta di foto di lavorazione che ritraggono alcuni tra i protagonisti dell’epoca d’oro dello straordinario cinema italiano tra gli anni ‘50 e gli anni ‘90. Queste immagini mostrano l’incredibile macchina produttiva del cinema, la sua evoluzione creativa, svelando aspetti inediti della vita sul set, oltre a offrire dettagli curiosi sui film e sui loro protagonisti nei quali tanto pubblico si è riconosciuto per anni.
Le sezioni della mostra:
IL CINEMA MUTO Scenografie imponenti e costumi di grande impatto visivo, curati nei minimi dettagli, dal gusto quasi barocco: sono alcuni degli ingredienti dei film del cinema muto italiano. Nel primo ventennio del Novecento Torino è il centro nevralgico e produttivo del cinema italiano, fucina di successi internazionali, come Gli ultimi giorni di Pompei (1908), Spartaco (1913) e naturalmente Cabiria di Giovanni Pastrone (1914), primo kolossal della storia del cinema - con didascalie scritte da Gabriele D’Annunzio in persona ed effetti speciali all’avanguardia per allora - che fece il giro degli schermi mondiali. Si narra che lo stesso Pastrone avesse un occhio molto attento ai costumi, a cui lavorò insieme allo scenografo Camillo Innocenti e a ben 18 disegnatori, seguendone persino la realizzazione. In mostra, accanto alle scene dei film e ad immagini di scena, che restituiscono la dimensione spettacolare e le imponenti scenografie del cinema delle origini, ci sono il costume di Massinissa, uno dei personaggi terribili di Cabiria, costituito da una corazzetta in pelle con scaglie metalliche con fregi e completato da un elmo, che riporta fregi e coda nera di simil cavallo, ma anche la corazzetta in fustagno con borchie, mantello e pelli del conquistatore Annibale. I costumi, custoditi dalla sartoria Devalle, evocano una cura quasi maniacale del regista per i particolari, impegnato a ricreare “un insieme magnifico e ipnotizzante”, come definì Martin Scorsese il film Cabiria.
DEVALLE A TORINO All’inizio del Novecento, in Torino operavano alcuni sarti, fornitori di costumi per i teatri cittadini e per le compagnie teatrali. Uno dei più attivi era sicuramente Giovanni Devalle che, all’attività di sarto e costumista, affiancava quella di attore. Prima della guerra fonda un sodalizio con il collega e amico Piero Coris. Il possesso di una buona quantità di costumi li agevola nell’essere scritturati nei teatri torinesi. Dopo la guerra prendono la gestione del teatrino Silvio Pellico, in Via delle Rosine 16. Nel 1925 vengono messi in vendita costumi e attrezzerie delle case di produzione torinesi come la ltala, l’Ambrosio e la Pasquali, ormai confluite nell’UCI (Unione Cinematografica Italiana). Viene trovato, acquistato e portato in via delle Rosine materiale di notevole fattura che era stato usato per girare film di grande successo come il capolavoro Cabiria e altri successi: Il ponte dei sospiri, Gli ultimi giorni di Pompei, La congiura di San Marco. Quella di Giovanni Devalle e Piero Coris è un’operazione di grande spessore culturale e di salvaguardia della memoria del cinema torinese del periodo del muto. Pur seguendo con passione l’attività del padre, il giovane Roberto decide di trasferirsi a Milano e fare una proficua esperienza nella sartoria del teatro alla Scala. Ereditata dal padre l’attività della sartoria, ora in Via degli Artisti, Roberto Devalle consolida un forte impulso all’attività anche grazie all’acquisizione del materiale della prestigiosa Casa d’Arte Caramba di Roma, del piemontese Luigi Sapelli, in arte Caramba. La sartoria, dagli anni cinquanta, collabora con i più grandi e prestigiosi Teatri Stabili italiani e con i più famosi costumisti, dedicandosi alla scrupolosa ricerca dei materiali e allo studio del tessuto. Collabora con la Rai, Mediaset, Televisione Svizzera Italiana. Anche il cinema e la pubblicità lo vedono impegnato, con il figlio Andrea, alla collaborazione con registi e case di produzione di primaria importanza.
IL CINEMA SONORO Gli scatti sui set firmati da Angelo Frontoni, “il fotografo delle dive”, e alcuni iconici abiti indossati da attrici del calibro di Silvana Mangano e Senta Berger come evidenziano le sequenze cinematografiche sui monitor: è tra questi due fili che si dipana la seconda parte della mostra, che vede protagonisti alcuni dei maestri del costume, con un ruolo di primo piano nel cinema italiano e nel panorama internazionale. Sotto i riflettori il sodalizio artistico tra Luchino Visconti e il costumista premio Oscar alla carriera Piero Tosi, simboleggiato dall’abito indossato da Maria Schell ne Le notti bianche (1957). Firmati da Tosi sono anche gli abiti in mostra, indossati da Silvana Mangano nell’episodio La terra vista dalla luna di Pier Paolo Pasolini e da Clara Calamai e Véronique Vendell nell’episodio La strega bruciata viva di Luchino Visconti, all’interno del film collettivo Le streghe (1967). Marcel Escoffier, maestro nelle ambientazioni d’epoca, è presente con una chicca: un abito contemporaneo, quasi un’eccezione nella sua carriera, che realizzò per La notte brava (1959) di Mauro Bolognini. Altro premio Oscar, nel 1969 per Romeo e Giulietta di Zeffirelli e nel 1977 per Il Casanova di Fellini, è Danilo Donati rappresentato dal tailleur cucito per Emmanuelle Riva in Adua e le compagne (1960) di Antonio Pietrangeli. Rimaniamo negli anni sessanta con il vestito verde della sexy ladra Senta Berger in Operazione San Gennaro (1966) di Dino Risi, uscito dalla matita di Maurizio Chiari, che fu anche scenografo. Dalla moda proviene invece Nicoletta Ercole, storica costumista di Marco Ferreri, che ha vestito Isabelle Huppert ne La storia di Piera (1983). Chiude la selezione di costumi, tutti realizzati dall’atelier Annamode, Aldo Buti, allievo di Tosi. In mostra i suoi lavori per Il piccolo diavolo (1988) di Roberto Benigni.
ANNAMODE A ROMA Nata nel lontano 1946 a Roma in Via Borgognona come boutique con piccolo laboratorio per iniziativa di Anna Allegri – la ditta si crea presto una buona clientela grazie anche alla simpatia tutta toscana della proprietaria, cui si aggiunge in un secondo momento quella della sorella Maria Teresa. Nel clima euforico della ripresa, Annamode contribuiva al rifiorire dello spettacolo e della moda a partire dal Neorealismo, a quello che da lì a poco sarebbe stata la grande stagione del cinema italiano. Dopo i film in abiti moderni degli inizi, la sartoria ha dedicato via via sempre più spazio e interesse alle produzioni in costume. L’abilità tecnica del rapporto teatrale si perfeziona sempre più così come la ricerca della fedeltà storica; tutto questo anche grazie ai consigli e all’assistenza di costumisti di grande livello. Attraverso il costume, Annamode rappresenta oggi settant’anni della storia dello spettacolo e si afferma come una delle più valide sartorie teatrali e cinematografiche anche in campo internazionale. Annamode continuamente investe in ricerca e sviluppo per garantire ai costumisti, produttori e registi, la massima qualità. Il nuovo processo produttivo e l’innovativo catalogo on line “eCostumes” uniscono le più tradizionali tecniche sartoriali alle più avanzate tecnologie. Oggi guidata da Simone Bessi, Marina Ridofli e Fausto Pallottini è un’industria famosa nel mondo che ha saputo ricreare con talento e abilità venti secoli di storia.
L’anima più autentica del cinema italiano: la storia, le fotografie e gli abiti degli intramontabili divi del grande cinema tornano in scena nella mostra Un set alla moda, a cura di Domenico De Gaetano direttore del Museo Nazionale del Cinema di Torino. Diciassette costumi e settanta suggestive fotografie di set realizzate dal «fotografo delle dive» Angelo Frontoni (Roma, 1929-2002) si intrecciano in un percorso espositivo che è un viaggio a ritroso che parte dal cinema muto di inizio Novecento, quando Torino era la Hollywood italiana ed erano gli stessi registi a supervisionare i costumi, per poi approdare al cinema sonoro e all’epoca d’oro di Cinecittà, delle pellicole d’autore di Luchino Visconti e Pier Paolo Pasolini e della commedia all’italiana, da Dino Risi a Roberto Benigni.
Le foto di scena traghettano il visitatore dentro il set, alla scoperta del lavoro che sta dietro ad un ciak, agli accessori e ai dettagli che hanno contribuito a creare la fortuna, ad esempio, del kolossal Cabiria negli anni dieci del Novecento, così come, in tempi più recenti, il fascino di dive intramontabili come Claudia Cardinale, Sophia Loren e Silvana Mangano.
Gli abiti in mostra raccontano il cinema italiano, l’attenzione al dettaglio e la creatività di costumisti ormai entrati nel Pantheon del cinema internazionale: da Pietro Tosi a Marcel Escoffier, da Danilo Donati a Maurizio Chiari, da Nicoletta Ercole ad Aldo Buti. Sotto i riflettori anche le due prestigiose sartorie Devalle e Annamode a testimonianza di due luoghi, ancora una volta tra Torino e Roma, dove i bozzetti prendevano corpo, trasformandosi in capi unici e dove - allora come oggi - si imparava e tramandava il mestiere.
Palazzo Cuttica è una sede espositiva prestigiosa in Alessandria. Oltre a essere un palazzo storico di pregio per la sua architettura, è riccamente decorato negli interni e presenta una collezione di reperti archeologici, storici e artistici di grande rilievo. La mostra UN SET ALLA MODA sarà allestita per dialogare e integrarsi con la collezione permanente esposta.
I costumi L’allestimento della mostra prevede l’esposizione di 17 costumi e attrezzeria autentici del periodo 1900-1920, legati all’epopea del cinema muto e provenienti dalla Sartoria Teatrale Devalle di Torino. Per il cinema sonoro, invece, ci saranno abiti eleganti e preziosi indossati da grandi dive dell’epoca d’oro del cinema italianano in collaborazione con la Sartoria Annamode di Roma che, sin dagli anni ‘50, realizza con passione abiti che hanno reso i costumisti italiani famosi nel mondo. Non poteva mancare nel percorso espositivo un omaggio dedicato alla creatività sartoriale di quegli anni che ha caratterizzato il nostro cinema e che ancora oggi è in grado di creare indubbie fascinazioni visive. I film da cui provengono gli abiti sono: Cabiria (1914), Il ponte dei sospiri (1921), La congiura di San Marco (1924), Le notti bianche (1957), La notte brava (1959), Adua e le compagne (1960), Operazione San Gennaro (1966), Le streghe (1967), La storia di Piera (1983), Il piccolo diavolo (1988) e La seconda moglie (1998).
Le fotografie La prima parte si compone di una selezione di immagini di grande effetto scenografico: le fotografie di scena di film muti come Gli ultimi giorni di Pompei, Spartaco, Salambò e, naturalmente, Cabiria, il celebre kolossal di Giovanni Pastrone girato a Torino. Sono immagini in cui i costumi e le imponenti scenografie restituiscono la dimensione spettacolare e l’impegno produttivo del cinema muto torinese. Il percorso prosegue poi con una scelta di foto di lavorazione che ritraggono alcuni tra i protagonisti dell’epoca d’oro dello straordinario cinema italiano tra gli anni ‘50 e gli anni ‘90. Queste immagini mostrano l’incredibile macchina produttiva del cinema, la sua evoluzione creativa, svelando aspetti inediti della vita sul set, oltre a offrire dettagli curiosi sui film e sui loro protagonisti nei quali tanto pubblico si è riconosciuto per anni.
Le sezioni della mostra:
IL CINEMA MUTO Scenografie imponenti e costumi di grande impatto visivo, curati nei minimi dettagli, dal gusto quasi barocco: sono alcuni degli ingredienti dei film del cinema muto italiano. Nel primo ventennio del Novecento Torino è il centro nevralgico e produttivo del cinema italiano, fucina di successi internazionali, come Gli ultimi giorni di Pompei (1908), Spartaco (1913) e naturalmente Cabiria di Giovanni Pastrone (1914), primo kolossal della storia del cinema - con didascalie scritte da Gabriele D’Annunzio in persona ed effetti speciali all’avanguardia per allora - che fece il giro degli schermi mondiali. Si narra che lo stesso Pastrone avesse un occhio molto attento ai costumi, a cui lavorò insieme allo scenografo Camillo Innocenti e a ben 18 disegnatori, seguendone persino la realizzazione. In mostra, accanto alle scene dei film e ad immagini di scena, che restituiscono la dimensione spettacolare e le imponenti scenografie del cinema delle origini, ci sono il costume di Massinissa, uno dei personaggi terribili di Cabiria, costituito da una corazzetta in pelle con scaglie metalliche con fregi e completato da un elmo, che riporta fregi e coda nera di simil cavallo, ma anche la corazzetta in fustagno con borchie, mantello e pelli del conquistatore Annibale. I costumi, custoditi dalla sartoria Devalle, evocano una cura quasi maniacale del regista per i particolari, impegnato a ricreare “un insieme magnifico e ipnotizzante”, come definì Martin Scorsese il film Cabiria.
DEVALLE A TORINO All’inizio del Novecento, in Torino operavano alcuni sarti, fornitori di costumi per i teatri cittadini e per le compagnie teatrali. Uno dei più attivi era sicuramente Giovanni Devalle che, all’attività di sarto e costumista, affiancava quella di attore. Prima della guerra fonda un sodalizio con il collega e amico Piero Coris. Il possesso di una buona quantità di costumi li agevola nell’essere scritturati nei teatri torinesi. Dopo la guerra prendono la gestione del teatrino Silvio Pellico, in Via delle Rosine 16. Nel 1925 vengono messi in vendita costumi e attrezzerie delle case di produzione torinesi come la ltala, l’Ambrosio e la Pasquali, ormai confluite nell’UCI (Unione Cinematografica Italiana). Viene trovato, acquistato e portato in via delle Rosine materiale di notevole fattura che era stato usato per girare film di grande successo come il capolavoro Cabiria e altri successi: Il ponte dei sospiri, Gli ultimi giorni di Pompei, La congiura di San Marco. Quella di Giovanni Devalle e Piero Coris è un’operazione di grande spessore culturale e di salvaguardia della memoria del cinema torinese del periodo del muto. Pur seguendo con passione l’attività del padre, il giovane Roberto decide di trasferirsi a Milano e fare una proficua esperienza nella sartoria del teatro alla Scala. Ereditata dal padre l’attività della sartoria, ora in Via degli Artisti, Roberto Devalle consolida un forte impulso all’attività anche grazie all’acquisizione del materiale della prestigiosa Casa d’Arte Caramba di Roma, del piemontese Luigi Sapelli, in arte Caramba. La sartoria, dagli anni cinquanta, collabora con i più grandi e prestigiosi Teatri Stabili italiani e con i più famosi costumisti, dedicandosi alla scrupolosa ricerca dei materiali e allo studio del tessuto. Collabora con la Rai, Mediaset, Televisione Svizzera Italiana. Anche il cinema e la pubblicità lo vedono impegnato, con il figlio Andrea, alla collaborazione con registi e case di produzione di primaria importanza.
IL CINEMA SONORO Gli scatti sui set firmati da Angelo Frontoni, “il fotografo delle dive”, e alcuni iconici abiti indossati da attrici del calibro di Silvana Mangano e Senta Berger come evidenziano le sequenze cinematografiche sui monitor: è tra questi due fili che si dipana la seconda parte della mostra, che vede protagonisti alcuni dei maestri del costume, con un ruolo di primo piano nel cinema italiano e nel panorama internazionale. Sotto i riflettori il sodalizio artistico tra Luchino Visconti e il costumista premio Oscar alla carriera Piero Tosi, simboleggiato dall’abito indossato da Maria Schell ne Le notti bianche (1957). Firmati da Tosi sono anche gli abiti in mostra, indossati da Silvana Mangano nell’episodio La terra vista dalla luna di Pier Paolo Pasolini e da Clara Calamai e Véronique Vendell nell’episodio La strega bruciata viva di Luchino Visconti, all’interno del film collettivo Le streghe (1967). Marcel Escoffier, maestro nelle ambientazioni d’epoca, è presente con una chicca: un abito contemporaneo, quasi un’eccezione nella sua carriera, che realizzò per La notte brava (1959) di Mauro Bolognini. Altro premio Oscar, nel 1969 per Romeo e Giulietta di Zeffirelli e nel 1977 per Il Casanova di Fellini, è Danilo Donati rappresentato dal tailleur cucito per Emmanuelle Riva in Adua e le compagne (1960) di Antonio Pietrangeli. Rimaniamo negli anni sessanta con il vestito verde della sexy ladra Senta Berger in Operazione San Gennaro (1966) di Dino Risi, uscito dalla matita di Maurizio Chiari, che fu anche scenografo. Dalla moda proviene invece Nicoletta Ercole, storica costumista di Marco Ferreri, che ha vestito Isabelle Huppert ne La storia di Piera (1983). Chiude la selezione di costumi, tutti realizzati dall’atelier Annamode, Aldo Buti, allievo di Tosi. In mostra i suoi lavori per Il piccolo diavolo (1988) di Roberto Benigni.
ANNAMODE A ROMA Nata nel lontano 1946 a Roma in Via Borgognona come boutique con piccolo laboratorio per iniziativa di Anna Allegri – la ditta si crea presto una buona clientela grazie anche alla simpatia tutta toscana della proprietaria, cui si aggiunge in un secondo momento quella della sorella Maria Teresa. Nel clima euforico della ripresa, Annamode contribuiva al rifiorire dello spettacolo e della moda a partire dal Neorealismo, a quello che da lì a poco sarebbe stata la grande stagione del cinema italiano. Dopo i film in abiti moderni degli inizi, la sartoria ha dedicato via via sempre più spazio e interesse alle produzioni in costume. L’abilità tecnica del rapporto teatrale si perfeziona sempre più così come la ricerca della fedeltà storica; tutto questo anche grazie ai consigli e all’assistenza di costumisti di grande livello. Attraverso il costume, Annamode rappresenta oggi settant’anni della storia dello spettacolo e si afferma come una delle più valide sartorie teatrali e cinematografiche anche in campo internazionale. Annamode continuamente investe in ricerca e sviluppo per garantire ai costumisti, produttori e registi, la massima qualità. Il nuovo processo produttivo e l’innovativo catalogo on line “eCostumes” uniscono le più tradizionali tecniche sartoriali alle più avanzate tecnologie. Oggi guidata da Simone Bessi, Marina Ridofli e Fausto Pallottini è un’industria famosa nel mondo che ha saputo ricreare con talento e abilità venti secoli di storia.
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