Una monografica visitabile dal 15 al 21 settembre.
Il ritorno di Gencay a Roma
The turkish artist Gencay Kasapçı - photo © 2017 ARTE.it
Piero Muscarà
14/09/2017
Roma - La diplomazia dell'arte riesce a fare talvolta piccoli miracoli. Mentre il biennio 2016-2017 verrà probabilmente archiviato come uno dei periodi più difficili e complessi delle relazioni tra la Turchia del Premier Recep Erdoğan, l'Europa e l'opinione pubblica occidentale, a Roma si celebra un ritorno importante.
Parliamo di Gencay Kasapçı che nella Capitale porta alla Fondazione Museo Venanzo Crocetti la personale "Gencay Kasapçı Zero 1960-2016" curata da Giorgio Bertozzi e Ferdan Yusufi e promossa dall'associazione culturale NeoArtGallery, dalla storica galleria d'arte Russo (attiva non a caso oltre che a Roma anche a Istanbul) e supportata dall'Ambasciata della Repubblica di Turchia che di concerto con il Ministero degli Esteri turco e in collaborazione con l'Ufficio Cultura e Informazioni della Turchia ha reso possibile questa mostra che porta in Italia 31 opere realizzate dalla artista turca tra il 1963 e i nostri giorni.
Quella con l'Italia è una relazione antica. Qui si svolgono gli anni della formazione di Gencay Kasapçı che fresca allieva dell'Accademia di Belle Arti di Istanbul arriva nel 1959 nel nostro paese, dove - dopo un breve soggiorno a Firenze - sceglierà la Roma dei roaring sixties come sua città d'elezione.
Nella Capitale per tramite del suo apprendistato nello studio dell'artista giapponese Nobuya Abe entra in contatto con le avanguardie che animano la scena romana e in particolare con il gruppo di artisti che ruota intorno alla rivista Zero, fondata dal duo Heinz Mack e Otto Piene.
Nei dieci anni del suo soggiorno romano Gencay Kasapçı incontra, frequenta e diviene parte del milieu culturale romano e italiano - Lucio Fontana, Mimmo Rotella, Pietro Dorazio, Enrico Castellani su tutti. E se nel '62 la Kasapçı è giovane spettatrice della prima mostra italiana di Zero, quella famosa "Mack + Klein + Piene + Uecker + Lo Savio = 0" organizzata da Gian Tommaso Liverani nella sua galleria La Salita, nel 1966 è già un'artista affermata e riconosciuta che viene invitata a partecipare ad Avant-garde Zero 1966, una collettiva dove Gencay (così si firma) porta le sue opere in dialogo con quelle di Fontana, Castellani, Manzoni, Yves Klein, Soto, Piene, Mack e il suo maestro Nobuya Abe.
Due anni più tardi, nel 1968, Gencay fa ritorno in Turchia dove apre il suo studio a Istanbul e dove ancora oggi vive.
Oggi proiettata nel futuro, forte dei suoi 83 anni portati gagliardamente nonostante all'apparenza possa sembrare indebolita seduta su quella sedia a rotelle, l'artista si dice pronta a tornare il prossimo anno di nuovo a Roma, con un'altra personale.
Una mostra non solo "storica" ma fatta di lavori nuovi e sempre incentrati in questa quasi ossessiva ricerca della perfezione, che si ripete infinitamente nel gesto e nel segno reiterato e forgia opere che superano i confini della decorazione - che ricorda un po' i mosaici bizantini, e un po' le opere dell'astrattismo geometrico di quel Nobuya Abe che le fu maestro - per approdare in un territorio frattale dove i punti, le linee, i cerchi, le strisce che si ripetono infinitamente sulla tela sono metafora della stessa esistenza.
"Il punto per me - spiega l'artista turca a Leonardo Regano che ha curato la presentazione critico storica del catalogo della mostra - rappresenta l'idea del principio della vita; gli embrioni all'inizio del loro sviluppo non sono altro che piccoli puntini; venendo al mondo l'individuo cresce e si perde tra le masse , divenendo una seconda volta un puntino".
E chissà se la rivedremo presto di nuovo in Italia. Ce lo auguriamo.
Per il mercato dell'arte non solo italiano la riscoperta di un'altra - e non meno interessante - artista catalogabile con l'etichetta Zero è una operazione che potrebbe valere molto. E del resto la qualità e la continuità artistica di Gencay pare perfettamente incanalarsi in questo racconto.
Per la Turchia, Gencay è una bella fortuna. Potersi far presentare, in questo momento storico, sulla scena italiana e internazionale da una donna e un'artista così in gamba, non ha prezzo. Un piccolo capolavoro diplomatico, dicevamo. I complimenti vanno dunque anche a Sua Eminenza l'Ambasciatore della Repubblica Turca a Roma Murat Salim Esenli, che ha patrocinato la mostra e inaugurato con un bel discorso la presentazione dell'artista nelle sale del museo che fu un tempo lo studio dello scultore Venanzo Crocetti. Se il ruolo della diplomazia è aprire ponti e favorire il dialogo tra popoli e culture, questo di oggi è un punto a suo favore, well done.
Per saperne di più:
Gencay Kasapçı. Zero 1960-2016
Il sito ufficiale di Gencay Kasapçı
Il catalogo della mostra pubblicato da NeoArtGallery
Parliamo di Gencay Kasapçı che nella Capitale porta alla Fondazione Museo Venanzo Crocetti la personale "Gencay Kasapçı Zero 1960-2016" curata da Giorgio Bertozzi e Ferdan Yusufi e promossa dall'associazione culturale NeoArtGallery, dalla storica galleria d'arte Russo (attiva non a caso oltre che a Roma anche a Istanbul) e supportata dall'Ambasciata della Repubblica di Turchia che di concerto con il Ministero degli Esteri turco e in collaborazione con l'Ufficio Cultura e Informazioni della Turchia ha reso possibile questa mostra che porta in Italia 31 opere realizzate dalla artista turca tra il 1963 e i nostri giorni.
Quella con l'Italia è una relazione antica. Qui si svolgono gli anni della formazione di Gencay Kasapçı che fresca allieva dell'Accademia di Belle Arti di Istanbul arriva nel 1959 nel nostro paese, dove - dopo un breve soggiorno a Firenze - sceglierà la Roma dei roaring sixties come sua città d'elezione.
Nella Capitale per tramite del suo apprendistato nello studio dell'artista giapponese Nobuya Abe entra in contatto con le avanguardie che animano la scena romana e in particolare con il gruppo di artisti che ruota intorno alla rivista Zero, fondata dal duo Heinz Mack e Otto Piene.
Nei dieci anni del suo soggiorno romano Gencay Kasapçı incontra, frequenta e diviene parte del milieu culturale romano e italiano - Lucio Fontana, Mimmo Rotella, Pietro Dorazio, Enrico Castellani su tutti. E se nel '62 la Kasapçı è giovane spettatrice della prima mostra italiana di Zero, quella famosa "Mack + Klein + Piene + Uecker + Lo Savio = 0" organizzata da Gian Tommaso Liverani nella sua galleria La Salita, nel 1966 è già un'artista affermata e riconosciuta che viene invitata a partecipare ad Avant-garde Zero 1966, una collettiva dove Gencay (così si firma) porta le sue opere in dialogo con quelle di Fontana, Castellani, Manzoni, Yves Klein, Soto, Piene, Mack e il suo maestro Nobuya Abe.
Due anni più tardi, nel 1968, Gencay fa ritorno in Turchia dove apre il suo studio a Istanbul e dove ancora oggi vive.
Oggi proiettata nel futuro, forte dei suoi 83 anni portati gagliardamente nonostante all'apparenza possa sembrare indebolita seduta su quella sedia a rotelle, l'artista si dice pronta a tornare il prossimo anno di nuovo a Roma, con un'altra personale.
Una mostra non solo "storica" ma fatta di lavori nuovi e sempre incentrati in questa quasi ossessiva ricerca della perfezione, che si ripete infinitamente nel gesto e nel segno reiterato e forgia opere che superano i confini della decorazione - che ricorda un po' i mosaici bizantini, e un po' le opere dell'astrattismo geometrico di quel Nobuya Abe che le fu maestro - per approdare in un territorio frattale dove i punti, le linee, i cerchi, le strisce che si ripetono infinitamente sulla tela sono metafora della stessa esistenza.
"Il punto per me - spiega l'artista turca a Leonardo Regano che ha curato la presentazione critico storica del catalogo della mostra - rappresenta l'idea del principio della vita; gli embrioni all'inizio del loro sviluppo non sono altro che piccoli puntini; venendo al mondo l'individuo cresce e si perde tra le masse , divenendo una seconda volta un puntino".
E chissà se la rivedremo presto di nuovo in Italia. Ce lo auguriamo.
Per il mercato dell'arte non solo italiano la riscoperta di un'altra - e non meno interessante - artista catalogabile con l'etichetta Zero è una operazione che potrebbe valere molto. E del resto la qualità e la continuità artistica di Gencay pare perfettamente incanalarsi in questo racconto.
Per la Turchia, Gencay è una bella fortuna. Potersi far presentare, in questo momento storico, sulla scena italiana e internazionale da una donna e un'artista così in gamba, non ha prezzo. Un piccolo capolavoro diplomatico, dicevamo. I complimenti vanno dunque anche a Sua Eminenza l'Ambasciatore della Repubblica Turca a Roma Murat Salim Esenli, che ha patrocinato la mostra e inaugurato con un bel discorso la presentazione dell'artista nelle sale del museo che fu un tempo lo studio dello scultore Venanzo Crocetti. Se il ruolo della diplomazia è aprire ponti e favorire il dialogo tra popoli e culture, questo di oggi è un punto a suo favore, well done.
Per saperne di più:
Gencay Kasapçı. Zero 1960-2016
Il sito ufficiale di Gencay Kasapçı
Il catalogo della mostra pubblicato da NeoArtGallery
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